L’arco è un’arma da lancio e un attrezzo sportivo.
Un arco è costituito da un elemento flessibile le cui estremità sono collegate da una corda tesa che ha la funzione di imprimere il movimento ad un proiettile, chiamato freccia. Utilizzato come arma da caccia e da battaglia soprattutto nell’antichità, oggi viene utilizzato principalmente come attrezzo sportivo nella pratica del tiro con l’arco, nelle categorie di: tiro alla targa, tiro 3D e tiro dalla lunga distanza. Si ritiene che l’invenzione dell’arco risalga al paleolitico superiore.
«τῷ οὖν τόξῳ ὄνομα βίος, ἔργον δὲ θάνατος» («dell’arco, invero, il nome è vita, ma l’opera è morte.») (Eraclito di Efeso, Etymologicum magnum)

L’arco e la vita erano all’epoca chiamati con lo stesso nome diversamente accentato: Bios (vita), Biòs (arco) Ergo: l’armonia della vita starebbe nella tensione, dunque nel contrasto (gr.polemos), nella contraddizione. “Pólemos è padre di tutte le cose, di tutte re”.

Principio di funzionamento

L’azione dell’arco avviene come segue:
La freccia viene assicurata alla corda grazie ad un elemento apposito, la cocca, che tuttavia lascerà la freccia stessa libera di sganciarsi al momento del rilascio. Lo stelo della freccia è appoggiato all’arco, sul rest, che si trova all’incirca nel suo punto mediano.
La corda viene allontanata dall’arco per quanto lo consente la lunghezza della freccia o l’allungo dell’arciere. Così facendo, l’arco accumula energia potenziale sotto forma di energia elastica, grazie alla deformazione elastica dei flettenti.
La corda viene rilasciata, permettendo all’arco di riprendere la forma originale e di riportare la corda violentemente verso l’arco stesso. In questo modo, l’energia accumulata viene trasferita alla freccia sotto forma di energia cinetica (con una piccola parte dissipata a causa dei fenomeni di attrito ed isteresi): alla freccia è impresso un moto che la proietta in avanti verso il bersaglio. Le dissipazioni di energia si notano soprattutto nelle vibrazioni, susseguenti al tiro, che percorrono tutto l’arco e la corda.

 

Elementi dell’arco moderno

Gli archi moderni sono costituiti dai seguenti elementi:
– 2 flettenti o limb che rappresentano la parte flessibile ed elastica;
– 2 tips (parte terminale dei flettenti) su cui viene inserito l’anello della corda;
– la corda, costituita da una serie di fili o stoppini (tipicamente 12-18) attorcigliati a partire dalle estremità in modo da assicurare robustezza ed elasticità;
– 1 riser o parte centrale, tipicamente rigida, che unisce i flettenti.
Sul riser troviamo:
– l’impugnatura o grip;
– il poggiafreccia o rest;
– gli stabilizzatori (solo su archi olimpici e compound), aste di lunghezze e pesi calcolati in modo da ridurre gli sbandamenti dell’arco durante l’azione di tiro. Se ne possono montare 3, fino a formare una “Y” orizzontale avvitata, negli archi più moderni, soprattutto olimpici, di dimensioni più compatte rispetto a quelli da caccia.
– i silenziatori, agganciati, incastrati o cuciti alla corda, per dissipare parte delle vibrazioni in fase di rilascio.
– il bottone, ossia un sorta di frizione che compensa quello che è comunemente chiamato “paradosso dell’arciere”, ovvero l’influenza sul volo della freccia dovuta al rilascio manuale.

Classificazione

Gli archi si possono distinguere nelle seguenti categorie, in base alla forma e al particolare tipo di funzionamento che li costituiscono:

Longbow o arco lungo: arco gallese (celebre è quello di Robin Hood). La massima espressione del long bow la si ritrova nella Guerra dei Cent’anni ed in particolare nella battaglia di Crecy del 1346 dove gli arcieri inglesi ebbero la meglio sulla cavalleria francese e sui balestrieri genovesi grazie alla potenza dei loro archi e al disciplinato e organizzato uso degli stessi. Originariamente utilizzato dalle popolazioni nordiche vichinghe, ha flettenti stretti e molto lunghi; il riser costituisce la sola impugnatura, con una piccola finestra (rest). Originariamente fabbricato da un unico ramo di legno, ora anche laminato ma sempre monolitico, quando è scaricato dalla corda, a riposo, assume la forma di un’asta lunga e dritta.

Arco ricurvo: il riser è lungo circa 1/3 di tutta la lunghezza dell’arco, i flettenti sono più corti rispetto a quelli del longbow ma sono più larghi. Il profilo dei flettenti con controcurvatura garantisce un rendimento maggiore rispetto ad un arco lungo di pari libbraggio. Nei ricurvi moderni i flettenti sono spesso smontabili (arco take down). La maggior massa del riser conferisce maggiore stabilità durante la fase di rilascio e quindi maggior precisione. Dall’arco ricurvo sono derivati i moderni archi “olimpici” per il tiro alla targa (cerchi concentrici).

Arco riflesso: diffusissimo in oriente, ha un’impugnatura corta come il longbow, con cui condivide anche la sezione dei flettenti. Si differenzia per il fatto che questi ultimi sono composti da lamine di corno ed i limb sono di legno e rigidi, il tutto resinato e ricoperto da tendine animale. Inoltre, ha una forma tale che permette di caricare i flettenti notevolmente, in misura maggiore rispetto agli archi di legno. Una volta “scaricato” dalla corda, ovvero a riposo, assume una caratteristica forma a “C”.

Arco compound: arco molto potente e preciso che si basa su flettenti semirigidi associati ad un sistema di leve ad eccentrici (camme).

Materiali

Il legno più apprezzato per la produzione di archi, in particolare in Inghilterra, era quello di tasso in ragione della sua grande resistenza alla trazione e alla compressione unita a notevole elasticità e durevolezza. I tre quarti degli archi recuperati dal relitto della Mary Rose sono realizzati con questo tipo di legno. Altre tipologie di legno adatte alla costruzione di archi sono olmo, frassino, nocciolo e maggiociondolo. Le corde erano realizzate in fibre naturali come lino, tendini d’animale, crine di cavallo e persino capelli di donna.

Oggi si utilizzano materiali metallici per le parti statiche (alluminio forgiato/fresato) in abbinamento a materiali sintetici/polimerici tra cui fibra di vetro e fibra di carbonio per le parti flettenti. Le corde moderne sono invece realizzate in dacron fino ad arrivare al Fast Flight che ha una resistenza e rigidità superiore ai cavi d’acciaio.

Terminologia

Allungo: è la distanza dal punto di perno (incavo dell’impugnatura dell’arco) al punto di incocco (punto sulla corda che ospita la cocca della freccia), misurata nel momento in cui l’arciere raggiunge, nell’esecuzione del gesto, il massimo della trazione.
Brace height: distanza arco-corda, ossia la distanza che intercorre tra il punto di perno e la corda, se si aumenta si incrementa la stabilità a discapito della potenza.
Tiller: differenza tra la distanza corda-flettente superiore e corda-flettente inferiore. Determina il bilanciamento dinamico dell’arco compensando la maggiore sollecitazione del flettente inferiore (la freccia, per ovvie ragioni, deve passare al di sopra del punto di simmetria dell’arco, ovvero l’impugnatura)
Potenza o libbraggio: espressa in libbre (1 libbra = 453,5 grammi) equivale allo sforzo necessario per tendere l’arco ad un allungo di 26 pollici e 1/4 (1 pollice = 2,54 centimetri). Tale allungo viene per convenzione (norme AMO) denominato 28″ (28 pollici). Il simbolo che identifica il libbraggio è #.
Lunghezza dell’arco: si misura in pollici ed è la dimensione dello sviluppo dell’arco (va misurata seguendone le curve, se presenti).
Lunghezza della corda: dipende dalla lunghezza dell’arco ma anche dalla sua forma (un longbow di 68 pollici avrà una corda più lunga di un arco ricurvo di 68 pollici).
let-off: percentuale di riduzione del carico di picco in trazione che si verifica sugli archi compound per merito delle carrucole.

Tradizioni e innovazioni

Gli archi sono costruiti in modo diverso per cultura o zona. Oltre al tradizionale arco corto di legno attribuito ai greci, esistono i famosi archi lunghi chiamati Longbow in dotazione degli arcieri gallesi prima e inglesi poi.

L’arco riveste una particolare importanza nella storia della Mongolia. L’esercito di Gengis Khan era formato principalmente da guerrieri armati di arco mongolo che combattevano a cavallo. Le tattiche e le formazioni dell’esercito mongolo dell’epoca si basavano proprio su questo stile di combattimento, ed è anche grazie all’arco mongolo che Gengis Khan fondò l’Impero Mongolo, passando alla storia come uno dei più grandi condottieri di tutti i tempi.

Nella cultura Giapponese, l’uso dell’arco yumi è anche un esercizio di meditazione e viene insegnato in scuole “Dojo” con il nome di Kyudo (via dell’arco).

In Ungheria continua ancora la leggenda degli Unni, arcieri a cavallo, famosi per l’ineguagliabile destrezza e rapidità di esecuzione tanto da essere giunti a riuscire a scagliare 12 frecce in 17 secondi a bersagli in movimento (record del mondo detenuto da Lajos Kassai).

Di ultima progettazione l’Arco compound che sfrutta un sistema di leve ad eccentrici che ottimizza la curva di trazione.

L’arco nel diritto

Secondo la legislazione italiana è considerato un “attrezzo sportivo” per cui il suo acquisto, detenzione e porto giustificato non sono vincolati da nessun obbligo di licenza; l’uso che se ne fa deve essere collegato all’attività sportiva connessa, per non incorrere nella sanzione penale di uso di arma impropria. L’uso venatorio è appositamente regolamentato da una norma che ne stabilisce l’utilizzo ma solo da parte di persone che siano in possesso dei requisiti per praticare la caccia.

In alcuni paesi scandinavi questo oggetto è considerato un’arma, quindi detenibile ed usabile previo porto, rilasciato dalle autorità competenti.

FONTE

ARCO LUNGO

L’arco lungo (in inglese longbow) è un tipo di arco a curvatura unica.

Storia
Le origini dell’uso degli archi lunghi risalgono alle invasioni barbariche del V secolo. La sua successiva diffusione nel territorio inglese risale al XIII secolo, sotto il regno di Edoardo I, Plantageneto. In quel periodo la marginalità dell’Inghilterra, la cui economia era ancora prevalentemente rurale, non aveva ancora consentito la formazione di maestranze specializzate nella costruzione di balestre, peraltro armi di costo abbastanza elevato.
L’uso e la diffusione dell’arco lungo fu favorito, sia dalla relativa facilità con cui poteva essere costruito che dall’accessibilità, che si estese anche alle classi popolari, le quali fornivano i tiratori a condizione che venissero assiduamente addestrati per essere in grado di tendere archi il cui carico di trazione medio era di cento libbre.
Nella seconda metà del Trecento, gruppi di mercenari inglesi operanti in Italia, come la Compagnia Bianca, introdussero nella penisola l’arco lungo. Tuttavia, nonostante vi fossero a Firenze e a Milano maestri in grado di realizzare archi e frecce “al modo inglese”, l’uso di tale arma non si diffuse e, dopo il 1430, praticamente scomparve.
L’uso bellico
L’arco lungo divenne un’arma tipica degli eserciti inglesi, risultando determinante in alcune guerre vittoriose contro gli scozzesi, e, nella prima fase della Guerra dei cent’anni, contro gli eserciti francesi. Gli scozzesi, rimasti condizionati da tattiche “tradizionali” basate su eserciti prevalentemente costituiti da fanti e pochi cavalieri, si scontravano contro un nemico dotato di numerosi arcieri, il quale, dopo aver causato la dispersione delle truppe avversarie, le caricava con la cavalleria. A sud, gli eserciti francesi nutrivano invece sfiducia nei confronti delle strategie militari, permettendo così agli inglesi di sfruttare la loro disorganizzazione e puntare su una tattica basata sull’arco. Celebre fu la Battaglia di Azincourt contro l’esercito francese: grazie al contributo essenziale degli arcieri, questa venne vinta dall’Inghilterra.
Costruzione
L’arco lungo era inizialmente costituito da un listello di legno, lungo all’incirca quanto l’apertura delle braccia dell’arciere che doveva utilizzarlo. Talvolta aveva dimensioni anche maggiori. La misura standard era di circa 72 pollici, corrispondenti a circa 183 cm.
Attualmente gli artigiani producono una gran varietà di modelli, adoperando ormai ogni tipo di legno, e utilizzando sempre più spesso la tecnica del multistrato: l’arco viene poi ricoperto da uno spesso strato di fibra di vetro, che gli conferisce potenza e prestazioni omogenee nel tempo. Questo rende l’arma un arco laminato. Quasi tutti i costruttori, poi, sono disponibili a produrre archi personalizzati, sia dal punto di vista prettamente tecnico, che da quello estetico.
La corda dell’arco lungo moderno viene per lo più costruita utilizzando numerosi fili di nylon arrotolati assieme, oppure con una treccia di dacron.
L’arco lungo medievale possedeva una sezione a “D” dove il lato dritto, detto “dorso”, era il lato rivolto verso il bersaglio. Spesso le parti terminali dei flettenti, i puntali o “tips”, erano rinforzate in corno. La corda era solitamente costituita da una treccia composta da due o tre fili di lino, canapa o budello impregnati di colla. Alcuni arcieri medievali amavano rinforzare le proprie corde (ne avevano sempre una di scorta durante le battaglie) con capelli femminili, poiché ciò le rendeva più resistenti.
La freccia viene appoggiata su una rientranza ricavata sul fianco sopra l’impugnatura dell’arco, detta “finestra” nel caso degli archi moderni, o direttamente sulla mano dell’arciere, nel caso degli archi medioevali.
Legno di tasso

Sezione di un ramo di tasso con ben evidenziati il più chiaro alburno esterno e il più scuro durame all’interno.

Il legno di tasso era considerato il miglior materiale da utilizzare per la costruzione dell’arco lungo. Il legno del tasso, infatti, si differenzia molto bene al suo interno in alburno e durame.
Il durame è la parte interna più scura di un ramo o di un tronco dell’albero e ha la caratteristica di resistere bene alla compressione; per questo motivo viene utilizzato per comporre la parte più interna del listello dell’arco, quella rivolta verso l’arciere quando egli tira, cioè la parte sottoposta alla compressione.
L’alburno è la parte più chiara ed esterna nella sezione di un tronco; è molto elastico e per questo motivo viene impiegato nella parte più esterna dell’arco, quella rivolta verso il bersaglio, che va in trazione quando la corda è posta in tensione.
Nell’arco il durame contrasta la tensione della corda e l’alburno fa tornare dritto il listello dopo l’uso.
Termine dell’uso
Nel Medioevo l’arco lungo era costituito da un listello di tasso, completamente dritto, alle estremità del quale venivano aggiunti i terminali, cui veniva poi agganciata una corda.
Quando l’arco iniziava ad acquisire una leggera incurvatura permanente si diceva che “aveva seguito la corda”. In questi casi alcuni arcieri tenevano ancora l’arco, altri lo rimpiazzavano con uno nuovo.
I primi non prendevano quella decisione tanto per il costo di un arco nuovo o per il tempo che si impiegava nel costruirne un altro, quanto per il fatto che quell’incurvatura donava all’arciere qualche possibilità in più di essere arruolato da nobili che cercavano uomini d’arme con esperienza per le loro battaglie, poiché l’arma incurvata indicava chiaramente che era stata molto utilizzata e di conseguenza il soldato che la possedeva non risultava inesperto nell’uso della stessa.
I secondi, invece, preferivano utilizzare sempre un arco dritto, più efficiente nella gittata, e per questo motivo sganciavano sempre la corda dall’arco quando non dovevano usarlo, in modo che non acquisisse l’incurvatura.
Si racconta che durante la Guerra dei cent’anni i francesi, quando catturavano un arciere inglese, tagliassero a quest’ultimo indice e medio della mano destra, per renderlo inabile all’uso dell’arco.

ARCO COMPOSITO

L’arco composito o arco riflesso è una tipologia di arco.

Arco composito è un termine moderno per indicare un tipo di arco tradizionale di origine millenaria costruito con materiali diversi tra di loro, legno o bambù per lo scheletro centrale, corno sul ventre (la parte dell’arco rivolto verso l’arciere) e tendine sul dorso (la parte dell’arco rivolto verso il bersaglio), sia con leve rigide (siyah) in legno, eventualmente rinforzate con osso, più o meno lunghe alle estremità dei flettenti come gli archi asiatici, sia senza leve rigide come l’arco egiziano, il tutto incollato con colla animale e rinforzato nei punti critici con avvolgimenti di tendine, seta, lino, canapa o rattan. Grazie alle caratteristiche di questi materiali l’arco composito, al contrario dell’arco in solo legno, se ben costruito, consente una costruzione molto riflessa, a “C” come l’arco turco o addirittura a “O” come l’arco coreano quando privi di corda, con conseguente forte precarica quando incordato e trazioni estreme durante il tiro. Anche gli archi di alcune tribù pellerossa potevano essere rinforzati con tendine ma senza corno.

Caratteristiche tecniche
Il principale vantaggio dell’arco composito asiatico rispetto all’arco primitivo, composto da un unico pezzo di legno (il selfbow), consiste nella sua combinazione di ridotte dimensioni e alto potenziale. Tutti gli archi compositi sono archi ricurvi ed erogano quindi più forza-peso al momento iniziale del carico, immagazzinandola per il momento del rilascio. Un arco di legno con la medesima forma, lunghezza e peso dell’arco composito tradizionale è realizzabile ma incapace di incamerare e scaricare la medesima energia: ne verrebbe distrutto.
Ai fini pratici, la capacità dell’arco composito di garantire all’arciere velocità di carico e precisione di tiro anche stando in sella ad un cavallo o sul pianale di una biga ne facevano un’arma nettamente superiore all’arco in legno. Per contro, un arciere appiedato non otteneva da un arco composito alcun vantaggio pratico rispetto all’uso di un arco in legno tradizionale.
Il vero svantaggio dell’arco composito stava nella difficoltà di produzione, della igroscopicità della colla animale usata per l’assemblaggio e nella tendenza dei flettenti dell’arco a ripiegarsi in avanti (caratteristica forma a “C”) quando privi della corda.

Materiali
L’insieme degli elementi che compongono l’arco composito aveva origini disparate:
Corno: le parti in corno potevano essere ricavate dal Bufalo d’acqua, diffusissimo in Asia, come da diversi tipi di antilopi quali l’orice o l’ibex o dagli ovini. L’arco ungherese si segnala per l’utilizzo del corno della Mucca grigia ungherese selezionata dai magiari. Taluni tipi di corno animale venivano però scartati perché soggetti a rapido deterioramento provocato dall’uso;
Legno: le popolazioni turche ricorrevano sovente all’acero, mentre in Cina ebbe larga diffusione l’uso del bambù e del gelso. Requisito fondamentale per il legno era che assorbisse bene la colla;
Tendine: si ricorreva di solito ai tendini delle zampe posteriori delle gazzelle o di ungulati domestici. Il tendine dei bovini era normalmente evitato perché troppo ricco di grassi;
Colla: la colla utilizzata per unire il tendine e il corno al legno era colla animale ottenuto dalla bollitura di pezzi di tendine, pelle di animali o vescica natatoria dei pesci.
In sostituzione del corno, potevano essere adoperati osso o tipologie di legno resistenti alla compressione (tasso, carpino o maclura pomifera). Materiali con una buona capacità di resistenza della tensione (seta, carya etc.) venivano invece adoperati per il lato verso dell’arco.

Storia
Tutti gli archi compositi eurasiatici derivano da un archetipo comune dal quale ogni cultura sviluppò una propria forma precipua. Venuta a mancare la funzione militare, gli archi turchi, mongoli e coreani vennero standardizzati nella forma e divennero oggetto di collezionismo e pratica sportiva. Tra i tanti, il moderno arco composito turco si segnala per l’ottima funzionalità nel tiro al volo.

Origini
Ricostruire scientificamente le origini dell’arco composito è, allo stato attuale delle ricerche, impossibile. L’unico elemento da tenere in considerazione è la fragilità dell’arco composito in climi troppo umidi, che fanno presupporre come patria degli archi compositi territori dal clima secco o mediterraneo, del resto molto diffusi. Archi compositi erano sicuramente diffusi durante l’età del bronzo, in un’area molto vasta che comprendeva l’Asia, l’Europa mediterranea e il Nord Africa. Un arco composito è rappresentato sulla stele del Re Accadico Naram-Sin che, attorno al 2250 a.C. festeggiava la sua vittoria contro i montanari di una regione prossima allo Zagros, mentre archi di questo tipo sono diffusi nell’arte egiziana almeno dal XVIII secolo a.C. affermandosi in contemporanea con l’introduzione dei carri e dei cavalli, archi compositi egiziani, in varie tipologie, sono stati rinvenuti ancora relativamente intatti in numerose tombe successive al XVI secolo a.C., tra cui quella di Tutankhamon. Attorno al 1800 a.C. in Sardegna le popolazioni nuragiche utilizzavano archi intendinati, una tipologia intermedia tra l’arco composito e l’arco lungo (e diffusa in varie parti del mondo, come la California precolombiana), probabilmente diffusa in altre parti del mediterraneo. Inoltre archi compositi sono ben documentati sia nell’arte egea del periodo miceneo, sia nel medioevo ellenico, oltre che in ambito indo-ariano almeno dal 1500 a.c (se non prima). In Cina le prime tracce di archi compositi risalgono alla dinastia Shang (1700-1100 a.C.). Frecce corte e frammenti di corno che potrebbero (o meno) essere di archi compositi sono distintivi della cultura Sintashta e in altre ad essa contemporanee o appena successive che vivevano tra gli Urali, il Mar Caspio e il lago di Aral verso il 2200-1800 a.C. Ciò nonostante, tradizionalmente, si tende ad affermare che l’arco composito è stato sviluppato dalle popolazioni della steppa asiatica (forse proprio affini alla cultura Sintashta) partendo dal prototipo dell’arco laminato tipico dell’Asia settentrionale. Causa scatenante di questo sviluppo fu l’addomesticamento del cavallo e il suo utilizzo bellico per il traino della biga. Le dinamiche del processo non sono però ad oggi chiare, né si deve intendere tale processo come una catena di migliorie appositamente ricercate. Interessante in merito l’osservazione fatta da Kooi e Bergman nel 1997:
«Lo sviluppo delle attrezzature di tiro con l’arco non può essere un processo che comporta il progressivo miglioramento delle prestazioni, bensì ogni tipo di progetto rappresenta una soluzione al problema della creazione di un sistema d’arma mobile in grado di scagliare proiettili leggeri»

Varianti
Arco turco
Utilizzato con straordinario successo dai soldati di Muhammad di Ghur nella Seconda battaglia di Narayn questa variante dell’arco composito sviluppata dai Turchi ottomani, è notevole anche per le decorazioni policrome impreziosite dall’oro. Dopo il declino del tiro con l’arco per scopi militari, i fabbricanti d’archi turchi hanno perfezionato il modello per scopi venatori, ottenendo quello che può tutt’oggi essere considerato il miglior arco da caccia tradizionale.

Arco mongolo
Variante dell’arco composito sviluppata dai Mongoli, rinomato per la sua praticità ed efficienza sul campo di battaglia. Gli antichi archi mongoli, utilizzati dai guerrieri di Gengis Khan, erano più piccoli di quelli attualmente in uso in Mongolia durante le manifestazioni di Naadam (le “pratiche virili”). L’attuale arco mongolo è di grandi dimensioni e con flettenti larghi, molto simile all’arco in uso in Cina durante la Dinastia Qing.

Arco cinese
La pratica del tiro con l’arco vanta in Cina una ben documentata tradizione millenaria. L’attuale arco composito in uso in Cina deriva, come l’attuale arco mongolo, dal modello dell’arco Manciù.

Arco coreano
La variante coreana dell’arco composito, il gakgung, è realizzata in corno, bambù e tendine. Si tratta di armi di piccole dimensioni, con una gittata approssimativa di 145 metri.

Arco ungherese
Come le altre popolazioni originarie della steppa asiatica migrate in Europa, anche gli ungaro-magiari avevano la loro tipologia di arco composito. In base alle ricostruzioni archeologiche, si suppone che l’arco magiaro avesse tensori in osso. L’Ungheria ha recentemente rivalutato il tiro con l’arco tradizionale, anche equestre, e ne sta promuovendo la riscoperta. In Italia l’arco ungherese fu portato dai numerosi mercenari ungheresi che operarono a partire dalla metà del Trecento, inizialmente riscosse un certo interesse, dato che abbiamo notizia a Firenze ed in altri luoghi di maestri in grado di realizzare archi di questo tipo. Come pure, ancora nei primi decenni del Quattrocento, archi ungheresi furono menzionati negli elenchi delle armi presenti in diversi castelli del Nord Italia ed in particolare in Friuli, tuttavia, nel corso del secolo, il loro uso divenne sempre più sporadico, fino a scomparire dallo scenario bellico nazionale.

Arco partico-persiano
Le popolazioni nomadi che migrarono dall’Asia centrale in Iran (Sciti, Sarmati, Parti) utilizzavano una forma particolare di arco composito. Si trattava di grandi armi simmetriche, realizzate con tendine di animali selvatici (es. gazzella) e sottoposti a pressioni notevoli. Gli esperti sostengono che, privo di corda, l’arco partico-persiano si sarebbe ripiegato su sé stesso fino a far incrociare le “braccia”. L’arco rimase in uso in Iran fino al 1820, quando venne definitivamente sostituito dal moschetto.

FONTE

ARCO COMPOUND

L’arco compound è un tipo di arco moderno usato nel tiro con l’arco.

Caratteristiche tecniche
L’arco composto con corda a legna (“compound” in lingua inglese, da non confondere con “composite bow”, l’arco composito originario dell’Asia) usa un sistema di carrucole di tipo eccentrico che permettono di accumulare una maggiore quantità di energia potenziale elastica nel sistema di flettenti e di ridurre di una percentuale che va normalmente dal 40% all’80% (a seconda del modello e della marca) lo sforzo muscolare nel momento in cui si è teso l’arco.

L’eccentricità delle camme differenzia la lunghezza dei bracci di leva sui quali sono attestati la corda vera e propria e il cavo che collega un flettente all’altro. Se la puleggia fosse una ruota perfetta non vi sarebbe riduzione di lavoro (let-off 0%). Inoltre la singola puleggia, che serve a flettere il flettente opposto, è imperniata presso il puntale dell’altro: questa geometria riduce già di per sé progressivamente la distanza tra il centro della carrucola e il peso. Nella prima fase dell’allungo l’arco è duro perché il braccio di leva svantaggia la corda. Superato il picco (circa 1/4 di giro di puleggia) la situazione si inverte svantaggiando il cavo di collegamento. Una volta raggiunto l’allungo previsto la demoltiplicazione della forza necessaria a mantenere l’arco in tensione raggiunge il massimo (valle). In pratica è l’applicazione della leva di primo genere ad una puleggia eccentrica dove tale leva funziona al contrario avendo così all’inizio una situazione sfavorevole (tutto il libbraggio in rapidissima progressione) si prosegue con una situazione indifferente (acquisito il carico dell’arco lo si mantiene per tutto il picco) per finire in una situazione favorevole (valle) con uno sforzo ridotto fino all’80% del carico dell’arco; tale riduzione è il già citato let-off.

L’arco compound permette quindi di trasmettere alla freccia una quantità maggiore di energia (maggiore velocità) rispetto ad un arco, con pari carico, tradizionale (ricurvo o longbow) e di poter esser più accurati nella fase di mira.

Il sistema a camme, inoltre, consente di flettere i flettenti la metà, a parità di allungo e lunghezza dell’arco. Questo consente di ottenere una maggiore efficienza di conversione dell’energia potenziale in energia cinetica, poiché i corpi elastici reali dissipano meno energia se si muovono più lentamente.

Gli archi compound sono molto corti, quindi facilmente trasportabili ed usabili anche in condizioni di caccia nel fitto del bosco. Questo genere di archi “tecnologici” normalmente è usato con una serie di accessori che ne migliorano la precisione:

– uno sgancio meccanico (la corda non è più direttamente a contatto con le dita e viene rilasciata da un sistema meccanico tenuto nella mano dall’arciere)
– uno stabilizzatore (un’asta di lunghezza variabile che smorza le vibrazioni e mantiene fermo l’arco durante la fase di scocco)
– mirini e diottra (sistema di mira che permette all’arciere di traguardare dei punti di mira – normalmente da 1 a 5 a seconda delle distanze – attraverso un foro sulla corda (visette).
L’uso dello sgancio meccanico è quasi obbligatorio per gli archi compound più corti mentre per quelli di lunghezza superiore ai 40″ (101,6 cm) è possibile tendere la corda ancora con le dita (l’angolo che forma la corda ad arco teso non è troppo acuto).

I libraggi normalmente sono regolabili di 10-15 libbre (4,5 – 6,8 kg)permettendo al novizio arciere di poter aumentare il carico del proprio arco all’aumentare della massa muscolare e dell’esperienza, e variano da 25 libbre (11,3 kg) a 90 libbre (40,8 kg). Per il tiro si utilizzano archi di 30-55 libbre (13,6 – 24,9 kg), per la caccia normalmente dalle 50 (22,6 kg) alle 80 (36,2 kg) (in alcuni casi, però le libbre possono aumentare sensibilmente).

Le frecce
Le frecce utilizzate con gli archi compound sono principalmente di alluminio, di fibra di carbonio o di varie combinazioni d’entrambi i materiali. Ogni arco, a seconda del carico e dell’allungo dell’arciere, avrà un certo numero di tipi di aste di frecce adatte. La freccia infatti al momento dello scocco subisce una serie di deformazioni elastiche indotte, nel caso del compound, esclusivamente dal fatto che la forza viene impressa dalla corda alla parte posteriore della freccia, la punta della quale (essendo più pesante, quindi avendo più inerzia) resiste all’avanzamento per alcuni istanti. Nell’arco compound non si applica quindi il paradosso dell’arciere, ad esclusione dei casi in cui il rilascio manuale viene preferito allo sgancio meccanico. Per eseguire un tiro corretto è importante che l’elasticità della freccia (“spine” in Inglese) sia adeguata in base alle caratteristiche del sistema arciere-arco-freccia.