“Nomen sunt omina“: nel nome sono racchiuse le qualità, le prerogative e le caratteristiche delle cose che si stanno denominando.
Oggi -spesso- questo concetto, nelle varie locuzioni derivate (*), si utilizza in modo scherzoso o ironico… ma per secoli i nostri avi (celebri le locuzioni latine, ma si tratta di un pensiero comune alla quasi totalità delle culture antiche) hanno tramandato la credenza che nel nome della persona fosse indicato il suo destino. In italiano potremmo tradurre la locuzione con “un nome, un destino”, “di nome e di fatto”, “il destino nel nome”; “il nome è un presagio”.
(*) nomina sunt consequentia rerum: ‹nòmina sunt konseku̯ènzia …› (lat. «i nomi sono conseguenti alle cose»). – Frase nota per la citazione che ne fa Dante (Vita Nuova XIII, 4: con ciò sia cosa che li nomi seguitino le nominate cose, sì come è scritto: «Nomina sunt consequentia rerum»), e la cui origine è in un passo delle Istituzioni di Giustiniano, II, 7, 3 (nos … consequentia nomina rebus esse studentes … «noi … cercando di far sì che i nomi corrispondano alle cose …»). Si ripete talora per esprimere la convinzione che i nomi rivelino l’essenza o alcune qualità della cosa o della persona denominata (ma è anche usata in tono iron. o scherzoso). TRECCANI
(*) nomen omen: locuz. lat. (propr. «il nome [è] augurio»; anche al plur., nomina omina o nomina sunt omina). – Frase latina con cui si esprime il concetto del valore augurale attribuito al nome. Si ripete scherz. per persone la cui sorte sembra conforme al significato del nome. TRECCANI
Personalmente sulla questione sono molto “all’antica”: credo infatti che probabilmente nella realtà quotidiana si concretizzi un’interazione bilaterale (dall’oggetto al soggetto e viceversa) che determina certe condizioni ambientali favorevoli alla determinazione di alcune caratteristiche tipiche nei portatori di un nome (o del loro opposto). Condizioni che variano nel tempo in base alle evoluzioni culturali, antropologiche o ambientali.
Definii chiaramente questo pensiero vent’anni fa quando approfondii, a margine degli studi astronomici, lo studio dell’astrologia. Letti diversi testi per oltre un anno, conclusi che -seppur via sia molta “cialtroneria” in materia- è verosimile una base di fondatezza nell’antica materia. Semplificando in termini molto generalisti è infatti osservabile che, a latitudini simili (per esempio qui al 45° parallelo N), un bambino nato in un determinato periodo dell’anno (es. nel rigido gennaio invernale, quindi minor luce, vestiti pesanti per proteggerlo dall’inclemenza meteo, maggior tempo trascorso in ambienti chiusi, contatti umani limitati) si approcci -di massima- alla vita in modo completamente differente da uno nato in un altro (es. nel caldo luglio, quindi più luce e calore, più ore negli spazi aperti, nudità, etc.) e ciò può contribuire a determinare una certa tipologia di carattere e un diverso metodo nell’affrontare le interazioni esistenziali (o al suo esatto opposto).
Allo stesso, modo ricevuto un nome nel rito sociale del battesimo (religioso, laico, tribale, etc. che sia), questo trasmette figurativamente le aspettive di chi lo attribuisce a chi lo riceve e la comunità che partecipa (quindi quella determinata comunità in quel determinato periodo storico) reagisce di conseguenza agli stimoli, allineandosi e amplificandoli o opponendovisi fermamente. Si legga, ad esempio “Moana, il film Disney di Natale in Italia cambia nome per non ricordare la Pozzi“.
La lettura nei giorni scorsi di un articolo sulla Gazzetta d’Alba (“Abitare il piemontese: la parola della settimana è gram“) mi ha stimolato a scrivere questo testo, così da approfondire ulteriormente l’origine del nomignolo che mi sono in parte dato da solo e in parte mi è stato attribuito nel tempo da altri: chissà che questa riflessione non mi sveli aspetti del mio destino che sino ad oggi ho trascurato o non ho ancora focalizzato! 😜
Quando ho scritto la pagina “CHI SIAMO” per presentare gli autori degli articoli di questo blog, ho riassunto così:
Fabrizio Antonio Urbano, com’è registrato all’anagrafe civile e nella Direzione Tecnica di una primaria società assicuratrice dove si occupa dei rami Responsabilità Civile e Tutela Legale Professionisti, è nato nel 1973 tra le terre alpine di confine ai piedi del Monviso. Mezzosangue ramingo ha compiuto scelte dettate dalla necessità, impegnando con sacrificio gli ultimi trent’anni nel cercare di capitalizzare studi, esperienze e patrimonio, nell’illusione di potersi dedicare, in un giorno non troppo lontano, totalmente alle sue millemila passioni.
Nella dimensione iperbolica, all’incrocio tra realtà e virtualità, di cui è Esploratore Errante tutti lo conoscono dagli anni del Liceo come “Bron”, pseudonimo originatosi dalla lettura del ciclo arturiano (il “ricco pescatore” delle “chanson de geste”) e dalla visione di pellicole come “La leggenda del re pescatore” (con un fantastico Robin Williams) e “Indiana Jones e l’ultima crociata” (nella quale il vecchio cavaliere templare, ultimo custode della sacra coppa, potrebbe essere lo stesso Bron, cognato di Giuseppe di Arimatea e nonno di Parsifal).
Al nome Bron, sino ai primi anni duemila, è seguito “Campbell”, per una lunga storia di coincidenze che hanno fatto incrociare la nostra esistenza col rinomato clan scozzese dell’Argyll (Kilchurn Castel on Loch Awe). Poi, indicativamente dal 2006, questo è stato sostituito definitivamente con “ElGram”, a rappresentare l’unione delle due culture di cui sono frutto: nord alpino e sud mediterraneo… “El” è un tipico articolo delle lingue di origine araba o comunque sud-orientale, “Gram” in dialetto patois e francoprovenzale significa “cattivo” ma con un’accezione positiva (il “caotico buono” di Dungeons & Dragons, il protagonista di Bard’s Tale o il personaggio di Han Solo in StarWars, per farvi un’idea!).
Riprendiamo quindi da qui il discorso!
Fabrizio
Origine e diffusione
Deriva dal gentilizio latino Fabricius, tipico della gens Fabricia e ricordato in particolare per Gaio Fabricio Luscino, un console romano noto per la sua integrità morale (contrastò Pirro rifiutando i doni offerti per il riscatto dei prigionieri); etimologicamente, viene ricondotto già dall’antichità al latino faber, “fabbro”, “artefice”, ma è anche possibile che questa sia una paretimologia, e che il nome abbia in realtà ignote origini etrusche.
Curiosità: il console Appio Claudio il Cieco rese celebre il sostantivo ‘fabbro’ nel suo noto detto- aforisma latino: “Faber est suae quisque fortunae” ossia “Ognuno è artefice della propria fortuna [o del proprio destino]”
Il nome venne ripreso popolarmente a partire dal Tardo medioevo-Rinascimento ed è, da allora, piuttosto comune. In Italia è diffuso specialmente nel Nord e nel Centro, mentre è più raro al Sud. In Germania la forma Fabricius è relativamente diffusa come cognome poiché veniva impiegata, nel Rinascimento, per tradurre il tedesco Schmidt.
Onomastico
Il nome è adespota, ossia privo di santo patrono; l’onomastico si può festeggiare, eventualmente, in occasione di Ognissanti, il 1º novembre. Va notato che alcune fonti registrano alcuni santi con questo nome, ma si tratta di errori agiografici: un “san Fabrizio” il 9 luglio è in realtà san Brizio, vescovo di Spoleto e di Martana (il cui nome non è correlato a Fabrizio), mentre un altro san Fabrizio, martire a Toledo con san Filiberto e commemorato il 22 agosto, si chiama in realtà Fabriziano (nome che costituisce un patronimico di Fabrizio).
Il nome nelle arti
- Fabrizio è un personaggio del romanzo di Mario Puzo Il padrino, e dell’omonimo film del 1972 da esso tratto, diretto da Francis Ford Coppola.
- Fabrizio è il nome del cameriere che sposerà Mirandolina nella commedia La locandiera di Carlo Goldoni (noto per la frase rivoltagli dall’avversario Francesco Ferrucci già ferito e in punto di morte: “Vile, tu uccidi un uomo morto!“).
- Fabrizio Corbera, Principe di Salina è il protagonista del romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa Il Gattopardo.
- Fabrizio Cavalena è un personaggio del romanzo di Luigi Pirandello Quaderni di Serafino Gubbio operatore.
- Fabrizio del Dongo è il protagonista del romanzo di Stendhal La Certosa di Parma.
- Fabrizio De Rossi è un personaggio del film del 1997 Titanic, diretto da James Cameron.
Totem portafortuna Animale: Cervo – Pianta: Bosso Colore dominante: Rosso
Antonio
Origine e diffusione
Deriva dal gentilizio romano Antonius, portato dalla gens Antonia (il cui capostipite, secondo quanto affermato da Marco Antonio, sarebbe stato un Antonio, figlio di Eracle). Grazie alla fama della stirpe avvenne la sua prima diffusione come nome proprio; il gentilizio era tratto probabilmente da un nome etrusco dall’etimologia sconosciuta. Dal Rinascimento questo nome è stato frequentemente ed erroneamente accostato al termine greco ἄνθος (ánthos, “fiore”) o ad ἄνθιμος (ánthimos, “fiorito”), in alcuni casi in combinazione con ὄνος (ónos, “asino”), una paretimologia alla quale è dovuta tra l’altro la presenza di un’H nella forma inglese del nome, Anthony. Del tutto fantasioso è anche il presunto significato latino di “colui che fronteggia i suoi avversari”, tuttora proposto peraltro da alcune fonti. Altre fonti propongono invece connessioni al latino ante (“prima”) o al nome della città di Antium.
Il nome conobbe una stabile diffusione negli ambienti cristiani già dal IV secolo grazie alla devozione verso sant’Antonio abate, e il suo uso venne ulteriormente consolidato nel Medioevo, con il culto di sant’Antonio di Padova.
In Italia Antonio rappresenta uno dei nomi più comuni e caratteristici, superato in diffusione solo da Giuseppe e Giovanni e ben attestato in tutta la penisola. La forma Antonico è tipica della Sardegna, mentre l’arcaismo Antuono, tipico del Sud Italia, è usato oggi quasi solo nel linguaggio parlato informale e sopravvive in alcuni cognomi come Abatantuono, Donnantuono o Mastrantuono.
È anche molto popolare nella penisola iberica, specialmente in Spagna; lì il nome, che è scritto alla stessa maniera italiana, è il più popolare fra quelli maschili, ed è portato da quasi il 3% degli uomini; è frequentemente abbinato in nomi composti, quali Antonio José, José Antonio e Juan Antonio.
Totem portafortuna Animale: Marabù al maschile/Anatra al femminile – Pianta: Aglio al maschile/Assenzio al femminile – Colore dominante: Rosso al maschile/Giallo al femminile
Bron
Significato: | Figlio di un uomo nero |
Sesso: | Maschile |
Origine: | Africano – Nomi di bambino popolari albanesi |
Forma di: | Bruno |
Nomi M simili: | Brayan, Bryan, Byron, Brahim, Briano, Bruno, Bernie, Barney |
Nomi F simili: | Brona, Brianna, Brina, Briana, Brienne, Bruna, Breanna, Briony |
Bron – ipocoristico del nome proprio di persona gallese femminile Bronwen
Bronwen (pronuncia: /ˈbrɔnwɛn/) è un nome proprio di persona gallese femminile.
Origine e diffusione
È un composto dei due elementi gallesi bron (“seno”) e gwen (“bianca”, “pura”, “benedetta”), quindi può essere interpretato come “seno bianco”. Il nome è entrato nell’uso comune solo a partire dal XIX secolo; prima, se ne trovano alcuni esempi letterari, compreso uno nel Libro bianco di Rhydderch in cui costituisce un nome alternativo per la dea Branwen (il cui nome vuol dire “corvo bianco” o “corvo bello”, da bran, “corvo”, e gwen).
È stato popolarizzato fra i parlanti inglesi da Richard Llewellyn, che lo usò nella sua opera intitolata Com’era verde la mia valle. Negli Stati Uniti, nel tardo XX secolo, il nome si è sviluppato nella variante Bronwyn (e Bronwynne), pensata come femminile, che tuttavia in gallese sarebbe tecnicamente maschile: questo perché in gallese la terminazione in -wyn è maschile (come in Gwyn e Carwyn), e ha il suo femminile in -wen (come in Arianwen).
Bron è un comune francese di 39 232 abitanti situato nella metropoli di Lione della regione Alvernia-Rodano-Alpi. Il comune si trova ad est di Lione e fa parte della sua area urbana.
COGNOMI DI VALDESI NON REGISTRA TI NEL VOLUME PERCHÉ NON SUFFICIEMENTE DOCUMENTATI: BRON/NE. 1687. Val Pellice. FONTE
ElGram
“Gram” in dialetto piemontese significa “cattivo” e indica risolutezza di carattere, quella rabbia sana che spinge ad ottenere un risultato, a raggiungere un obiettivo.
Da: “ABITARE IL PIEMONTESE“. Tra migliaia di aggettivi piemontesi ce n’è uno utilizzato quando ci troviamo di fronte a qualcosa o qualcuno di sgradevole. La parola di questa settimana è gram (grama al femminile). Una sola sillaba che stronca definitivamente l’oggetto in questione in un batter d’occhio e senza perder tempo. L’utilizzo di gram è riferito a un insieme di entità abbastanza vasto: dal sapore inaccettabile di un cibo al carattere di una persona maligna, da un odore acre, fino a una merce reputata avariata o scadente, quindi non più buona per il commercio.
Come abbiamo già visto in altre disamine, sebbene la lingua piemontese sia dichiaratamente neolatina, tra le sue proprietà c’è anche quella di vantare etimologie acquisite da altre lingue. È il caso di gram, che pare preso a prestito tale e quale dal provenzale, a sua volta dal germanico con valore negativo di sentimenti e di materiali. Allo stesso modo, in lingua araba c’è un’espressione decisamente assonante che descrive qualcosa di illecito, proibito, peccaminoso, la cui pronuncia è haram. È nota a tutti una famosa erba perenne strisciante e radicante, utilizzata per foraggio o tisane, ma anche infestante e difficile da estirpare del tutto. Sebbene il suo nome scientifico sia Cynodon dactylon, quello piemontese è gramon, la gramigna, parola ispirata a gram per il suo atteggiamento naturale raramente collaborativo con l’uomo.
Tornando alla parola di oggi, esiste anche il sostantivo gramissia. Già Dante utilizzò il lemma gramezza per intendere cattiveria, malvagità. Ci sono modi di dire piemontese, la cui origine la dice lunga sulla storia del territorio e sulla povertà che ha attraversato. Per esempio fè na vita grama, significa condurre una vita impietosa oppure dire che qualcuno è gram paid ȓa pest, cattivo come la peste. Il non plus ultra del disprezzo umano, tanto estremo da risultare ironico, è rappresentato da una perifrasi proverbiale che giudica un individuo gram paid ȓa merda dij Carabigné per cui la traduzione risulta superflua.
Curiosità
Gramr
Nella mitologia norrena Gramr era il nome della spada che Sigfrido usò per uccidere il drago Fáfnir.
Storia
Originariamente apparteneva a suo padre, Sigmund, che la ricevette nel palazzo di suo padre, Völsung, dopo averla estratta da un ceppo nel quale Odino l’aveva conficcata e da cui nessun altro avrebbe potuto estrarla. La spada fu distrutta e riforgiata. Dopo essere stata riforgiata era in grado di spaccare un’incudine a metà. Al termine della saga, non si conosce il destino di questa spada.
Nel Nibelungenlied la spada di Sigfrido è chiamata in maniera diversa, cioè Balmung; nella tetralogia L’anello del Nibelungo è chiamata Nothung.
Presenze nella cultura di massa
Videogiochi
Gram è il nome di una spada in Castlevania: Symphony of the Night e Balmung è un’arma di Castlevania: Aria of Sorrow, dove può essere trovata nella Battle Arena affrontando una delle tre prove. È anche il nome di un personaggio nella serie .hack. In Soulcalibur 2 Gram (traslitterata come Glam) è una delle armi di Nightmare, mentre in Soulcalibur 3 e Soulcalibur 4 di Siegfried. In Ragnarok Online Balmung è forse l’arma più forte del gioco, ma concessa solo ai Game Masters. In Myth II: Soulblighter uno dei personaggi principali, Alric, ad un certo punto entra in possesso della magica spada Balmung che quando usata sprigiona saette dirette verso i nemici più vicini. In Final Fantasy XI Balmung è uno spadone a due mani ottenibile dopo aver sconfitto il drago Fáfnir, in Hellblade Senua’s sacrifice è una delle armi ottenibile dalla protagonista. In Fire Emblem Genealogy of the Holy War, Balmung è una spada leggendaria appartenuta al crociato Od, usata per salvare il mondo dall’oppressione dell’Impero di Lopto. Può essere brandita solo da coloro che appartengono alla discendenza di Od. Nel gioco “Fate/Grand Order” è il Noble Phantasm del personaggio di Sigurd “Bölverkr Gram”
Anime e manga
In Digimon Tamers, Gram è la lancia sacra di Gallantmon, uno dei personaggi principali, mentre nella serie di Asgard de I Cavalieri dello zodiaco Balmug è la spada del dio Odino invece di essere la spada di Sigfrido. La spada Gram compare anche nell’anime Sword Art Online 2 impugnata da Eugene. In Fate Apocrypha, Balmug è impugnata come arma nobile da Sigfrido, nelle vesta di saber della squadra nera.