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Hawking: “Non fu Dio a creare l’universo”

La teoria nel nuovo libro dello scienziato: “Il Big Bang deriva solo dalle leggi della fisica”. Molte reazioni dei teologi, dopo questo annuncio, alla vigilia della visita del Papa.
LONDRA – L’universo ha bisogno di un Creatore? “No”. La perentoria risposta arriva dal professor Stephen Hawking, l’astrofisico più famoso del mondo, considerato da molti l’erede di Newton, del quale ha per così dire ereditato la prestigiosa cattedra all’università di Cambridge. In un nuovo libro che esce in questi giorni, l’autore del best-seller internazionale Dal Big Bang ai buchi neri sostiene, sulla base di nuove teorie, che “l’universo può essersi creato da sé, può essersi creato dal niente” e dunque “non è stato Dio a crearlo”.
La sua affermazione occupava ieri tutta la prima pagina del Times di Londra, come una sfida, l’ennesima, della scienza alla religione. “Così come Darwin ha smentito l’esistenza di Dio con la sua teoria sull’evoluzione biologica della nostra specie”, commenta Richard Dawkins, biologo difensore dell’ateismo, “adesso Hawking la nega anche dal punto di vista della fisica”. Nel suo libro più famoso, l’astrofisico aveva cercato di spiegare che cosa accadeva “prima” del Big Bang, ossia prima che nascesse il tempo, lasciando il quesito irrisolto. Il capitolo conclusivo conteneva un ragionamento che alcuni interpretarono come l’idea che Dio non fosse incompatibile con una comprensione scientifica dell’universo: scoprire cosa c’era prima Big Bang, arrivare a una “completa teoria” dell’universo – scriveva Hawking – “sarebbe il più grande trionfo della ragione umana, perché a quel punto conosceremmo la mente di Dio”.
Ma nella sua nuova opera, intitolata The Grand Design (Il grande disegno o progetto) e scritta insieme al fisico americano Leonard Mlodinow, lo scienziato offre la risposta: anziché essere un evento improbabile, spiegabile soltanto con un intervento divino, il Big Bang fu “una conseguenza inevitabile delle leggi della fisica”. Scrive Hawking: “Poiché esiste una legge come la gravità, l’universo può essersi e si è creato da solo, dal niente. La creazione spontanea è la ragione per cui c’è qualcosa invece del nulla, il motivo per cui esiste l’universo, per cui esistiamo noi”. Nel libro, lo studioso predice inoltre che la fisica è vicina a formulare “una teoria del tutto”, una serie di equazioni che possono interamente spiegare le proprietà della natura, la scoperta considerata il Santo Graal della fisica dai tempi di Einstein.
E’ tuttavia la sua asserzione che Dio non ha creato l’universo, e dunque non esiste, a suscitare eco e polemiche. “Se uno ha fede”, osserva il professor George Ellis, docente di matematica applicata alla University of Cape Town, “continuerà a credere che sia stato Dio a creare la Terra, l’Universo o perlomeno ad accendere la luce, a innescare il meccanismo che ha messo tutto in moto, prima del Big Bang o del presunto nulla che lo ha preceduto”. Ma il campo dell’ateismo accoglie la pubblicazione del libro di Hawking come una vittoria della ragione e della scienza, da celebrare a due settimane dalla visita in Inghilterra di papa Benedetto XVI, che non sarà per niente d’accordo con Hawking.
Nel nuovo libro, l’astrofisico rivela che il riferimento alla “mente di Dio” nel suo precedente volume sul Big Bang era stato male interpretato. Hawking non ha mai creduto che scienza e religione fossero conciliabili. “C’è una fondamentale differenza tra la religione, che è basata sull’autorità, e la scienza, che è basata su osservazione e ragionamento”, conclude. “E la scienza vincerà perché funziona”.
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L’astrofisico parla dell’aldilà: «Dopo la morte non c’è nulla»

Il paradiso è una «fiaba» per chi «ha paura del buio»: il celebre astrofisico britannico Stephen Hawking ha liquidato così l’idea di una vita oltre la morte. «Non c’è nulla per l’individuo oltre l’ultima scintilla di vita del cervello», ha detto in un’intervista al Guardian lo scienziato di Cambridge che già lo scorso autunno aveva fatto scalpore escludendo Dio dalla nascita dell’universo. «Per me il cervello è come un computer che smette di lavorare quando le sue componenti si guastano. Non c’è paradiso o al di là per un computer rotto. È tutta una fiaba per chi ha paura del buio», ha detto l’astrofisico più famoso del mondo che nel suo ultimo libro ’The Grand Design’ (Il Disegno Grandioso) aveva sostenuto che la creazione dell’Universo si puo spiegare anche senza l’intervento della «miccia» di un Creatore divino.
Una tesi ripresa nel dialogo con Ian Sample, lo specialista scientifico del Guardian: «La scienza ci insegna che molti universi diversi possono crearsi spontaneamente dal nulla. È una scelta del caso quello in cui in cui ci troviamo». Un anno fa, all’uscita di ’The Grand Design’, le affermazioni di Hawking fecero scalpore e il rabbino capo di Gran Bretagna, Lord Sacks, accusò il cosmologo di «un errore elementare di logica». Hawking, che ha 69 anni e tre anni fa durante un ciclo di conferenze in Usa si è sentito così male che si è temuto per la sua vita, è atteso domani ad un incontro Google-Zeitgeist a Londra dove, dalla sua sedia a rotelle, parlando attraverso un sintetizzatore che emette una voce metallica, si interrogherà sul «Perchè siamo qui». L’autore di ’Breve Storia del Tempò (un bestseller del 1988 da diecimilioni di copie) è malato da quando ne aveva 21 di una forma di atrofia muscolare progressiva: una malattia incurabile che alla diagnosi, secondo i medici, gli avrebbe lasciato poco da vivere.
«Ho vissuto per 49 anni con la prospettiva di morire giovane. Non ho paura della morte, ma non ho fretta. Ho troppo da fare prima», ha detto il cosmologo che a Cambridge ha occupato per anni la cattedra di Lucasian Professor of Mathematics che fu anche di Isaac Newton. E alla domanda su cosa fare per vivere bene, ha risposto che è essenziale sfruttare al meglio le proprie possibilità, «cercare il valore più alto delle proprie azioni». Hawking è agnostico. Non specifica mai se crede o meno in Dio o in un’altra entità superiore, ma sostiene che Dio non può conciliarsi con la scienza, e non è correlato col nostro mondo.
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Stephen Hawking: “Ci salviamo se lasciamo la Terra”

Computer che fra un secolo supereranno gli esseri umani. I buchi neri. Dio. Intervista al grande scienziato: “Se gli extraterrestri venissero a trovarci il risultato sarebbe simile a quel che accadde quando Colombo sbarcò in America. Non fu una cosa buona per i nativi”
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“Merry Christmas”. L’emblematica voce metallica del più famoso scienziato del mondo risuona in mezzo al lungomare della spiaggia di Camisón, a Tenerife, provocando le risate dei turisti che si affollano intorno a lui, sussurrando gli uni agli altri: “È Stephen Hawking”, mentre li incrociamo attraversando la strada. “È uno scherzo che è solito fare per far ridere la gente”, dice una delle responsabili dell’équipe che lo segue ovunque. Hawking (Oxford, 1942) si trova sull’isola delle Canarie per presentare la terza edizione del festival scientifico Starmus, che si tiene ogni due anni. Il fisico, la cui vita è stata recentemente portata sul grande schermo dal film “La teoria del tutto”, premiato con l’Oscar al miglior attore protagonista, scrive grazie a un sensore sulla guancia, dove si trova uno dei pochi muscoli che può ancora muovere a causa della malattia neurodegenerativa che lo ha colpito. Pur contando su diversi programmi che gli consentono di ottimizzare il processo di scrittura, a volte ci può mettere due ore per rispondere a una domanda. Ha però un tasto speciale per fare scherzi con un solo clic. Sette persone accompagnano il fisico in questo viaggio, tra assistenti, medici e personale di fiducia, sempre attenti alla sua fragile salute di ferro, che lo ha tenuto in vita fino a oggi, che ha 73 anni, “contro ogni previsione”.
Lei ha una vertiginosa agenda di viaggi, conferenze, interviste, festival… quasi come una rockstar. Perché lo fa?
“Sento il dovere di informare la gente sulla scienza”.
C’è qualcosa che vorrebbe fare nella vita e non ha fatto?
“Viaggiare nello spazio con Virgin Galactic”.
Uno dei suoi ultimi libri affronta la teoria del tutto, che unirebbe la relatività e la fisica quantistica. Di che cosa parlerà il prossimo?
“Può darsi che il mio nuovo libro parli della mia sopravvivenza contro ogni previsione”.
Molti paesi europei hanno assistito a forti tagli di bilancio per la scienza, e molti giovani scienziati sono dovuti emigrare per trovare lavoro. Che cosa direbbe a un giovane che stia pensando di fare lo scienziato?
“Se ne vada in America. Lì apprezzano la scienza perché è ammortizzata dalla tecnologia”.
Recentemente ha lanciato un’iniziativa per cercare forme di vita intelligente nella nostra galassia. Qualche anno fa, tuttavia, disse che sarebbe stato meglio non entrare in contatto con civiltà extraterrestri, perché potrebbero anche sterminarci. Ha cambiato opinione?
“Se gli extraterrestri venissero a trovarci, il risultato sarebbe molto simile a quello che accadde quando Colombo sbarcò in America: non fu una cosa buona per i nativi americani. Questi extraterrestri avanzati potrebbero diventare nomadi, e cercare di conquistare e colonizzare tutti i pianeti dove riuscissero ad arrivare. Per il mio cervello matematico pensare alla vita extraterrestre è qualcosa di razionale. La vera sfida è scoprire come potrebbero essere questi extraterrestri”.
Recentemente ha detto che le informazioni possono sopravvivere a un buco nero. Che cosa significa?
“Cadere in un buco nero è come lanciarsi nelle cascate del Niagara con una canoa: se si rema con una velocità sufficiente, si può uscirne fuori. I buchi neri sono la macchina di riciclaggio definitiva: quello che ne emerge è ciò che vi è entrato, ma elaborato”.
Nel 2015, la teoria della relatività generale compirà cent’anni. Se potesse parlare con Albert Einstein, che cosa gli direbbe, e che cosa si aspetta dalla scienza nei prossimi cent’anni?
“Nel 1939, Einstein scrisse un articolo in cui affermava che la materia non poteva comprimersi oltre un certo limite, escludendo la possibilità che esistessero i buchi neri”.
Perché crede che dovremmo temere l’intelligenza artificiale? È inevitabile che gli esseri umani creino dei robot in grado di uccidere?
“I computer supereranno gli esseri umani grazie all’intelligenza artificiale nei prossimi cento anni. Quando ciò avverrà, dovremo essere certi che gli obiettivi dei computer coincidano con i nostri”.
Quale sarà il nostro destino come specie, secondo lei?
“Credo che la sopravvivenza della specie umana dipenderà dalla sua capacità di vivere in altri luoghi dell’universo, perché il rischio che un disastro distrugga la Terra è grande. Quindi vorrei suscitare l’interesse pubblico per i voli spaziali. Ho imparato a non guardare troppo in avanti, a concentrarmi sul presente. Ci sono ancora molte altre cose che voglio fare”.
Si può essere un buon scienziato e credere in Dio?
“Io uso la parola “Dio” in un senso impersonale, come faceva Einstein, per riferirmi alle leggi della natura”.
Lei ha detto che non c’è bisogno di Dio per spiegare l’universo così com’è. Pensa che un giorno gli esseri umani abbandoneranno la religione e Dio?
“Le leggi della scienza sono sufficienti per spiegare l’origine dell’universo. Non è necessario invocare Dio”.
Molte persone devono usare una sedia a rotelle. Ha qualche messaggio per loro?
“Anche se ho avuto la sfortuna di essere colpito da una malattia del motoneurone, ho avuto la fortuna di lavorare nel campo della fisica teorica, uno dei pochi settori in cui la disabilità non era un serio ostacolo, e il massimo della fortuna con la popolarità dei miei libri. A coloro che sono colpiti da una disabilità consiglio di concentrarsi sulle cose che la loro disabilità non gli impedisce di fare bene, e di non lamentarsi per quelle con cui interferisce. In qualche modo, la mia
disabilità mi ha aiutato. Mi ha liberato dal dover fare lezioni o dalla partecipazione a noiosi comitati, e mi ha dato più tempo per dedicarmi alla ricerca”.
© El País/LENA Leading European Newspaper Alliance. Traduzione di Luis E. Moriones
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Hawking: “La stupidità è una grave minaccia per il genere umano”

Il fisico britannico, al Larry King Now, un talk show televisivo, ha parlato di intelligenza artificiale e stupidità umana
Stephen Hawking, l’astrofisico più famoso al mondo, spara a zero contro il genere umano. In un’intervista rilasciata al Larry King Now lo scienziato britannico ha detto di essere molto preoccupato dalla sovrappopolazione e dalle conseguenze nefaste di avidità, inquinamento e stupidità umana.
“Di sicuro”, ha tuonato Hawking, “non siamo diventati meno avidi o meno stupidi. Già anni fa mi preoccupavo per l’inquinamento e la sovrappopolazione. Da allora le cose sono molto peggiorate”.
Ma c’è dell’altro. Hawking e King hanno anche discusso di intelligenza artificiale: “Sembra che i governi di tutto il mondo siano sempre più impegnati a una corsa agli armamenti usando gli strumenti dell’intelligenza artificiale, progettando aerei e armi con tecnologie intelligenti. I finanziamenti per progetti benefici per la razza umana, come il miglioramento degli strumenti di diagnostica medica, sembrano avere priorità minore”.
Secondo Hawking, l’intelligenza artificiale deve essere in qualche modo regolamentata dai legislatori, per evitare un’escalation di abusi e violenze.
La visione di Hawking per il futuro, globalmente, è abbastanza pessimistica. Lo scienziato non crede che in pochi decenni esseri umani e macchine convivranno in armonia: “Penso che le idee di Ray Kurzweil [informatico e saggista che crede nella convivenza pacifica di intelligenza umana e artificiale, nda] siano allo stesso tempo troppo semplicistiche e ottimistiche. La crescita esponenziale non continuerà ad accelerare. Qualcosa che non siamo in grado di predire la interromperà, come già avvenuto in passato per previsioni simili. E tra l’altro non penso che i progressi nel campo dell’intelligenza artificiale saranno necessariamente benigni. Una volta che le macchine saranno in grado di migliorare se stesse da sole, non possiamo predire se i loro obiettivi saranno gli stessi dei nostri”. Siamo avvisati.
Qui l’intervista integrale: FONTE


Ecco le previsioni di Stephen Hawking sul futuro: tra intelligenza artificiale, superumani e alieni

Collisioni con asteroidi, Ia superintelligenti ed esseri umani modificati geneticamente. Ecco il futuro (disastroso) dell’umanità descritto dal fisico più famoso dei nostri tempi
A pochi giorni dalla pubblicazione (postuma) del suo ultimo studio sui buchi neri, si torna ancora a parlare di Stephen Hawking. Che ci ha lasciato in eredità anche preziose (e preoccupanti) previsioni su altri temi, tra cui l’intelligenza artificiale, l’interazione con gli alieni e la possibile nascita di una razza di “super-umani” geneticamente modificati. Lo racconta il Sunday Times citando un estratto di Brief Answer to the Big Question, un libro che sarà pubblicato il 16 ottobre prossimo, in cui, per l’appunto, il fisico britannico scomparso lo scorso anno discute il futuro dell’umanità, mettendo la nostra specie in guardia su alcuni tra i pericoli che potrebbero metterne a repentaglio la sopravvivenza.
L’estratto comincia con un tema molto caro a Hawking, quello dell’intelligenza artificiale. Che, stando alle previsioni dello scienziato, “potrebbe sviluppare, in futuro, una volontà propria, che potrebbe addirittura essere in conflitto con la nostra”. In altre parole, dice Hawking, una Ai super-intelligente potrebbe entrare in competizione con gli esseri umani, e agire contro di loro se i suoi obiettivi non fossero in linea con quelli della nostra specie, con conseguenze imprevedibili e apocalittiche.
Un’altra minaccia sarebbe rappresentata dalle nuove tecniche di ingegneria genetica – prima fra tutti la Crispr – che secondo il fisico potrebbe addirittura portare alla nascita di una nuova specie di “superumani” che soppianterebbe la nostra. Nel prossimo millennio, dice Hawking, è altamente probabile che una guerra nucleare o un disastro ambientale (o entrambe le cose), “paralizzeranno il nostro pianeta”, portando all’estinzione di tutte le specie animali e vegetali.
Gli unici a sopravvivere potrebbero essere, in questo scenario apocalittico, soltanto gli esseri umani geneticamente modificati, e preparati a superare la catastrofe, che avranno sviluppato una migliore resistenza a malattie, radiazioni e fattori ambientali ostili: “Non c’è tempo per aspettare che l’evoluzione darwiniana ci renda più intelligenti e migliori”, scrive Hawking, “e l’unica possibilità di sopravvivenza a lungo termine per la nostra specie è quella di riprogettare il proprio genoma. Solo così potremo restare in vita abbastanza a lungo da riuscire, un giorno, a colonizzare altri sistemi solari”.
Arriviamo così allo Spazio: il pericolo più imminente, per Hawking, è la possibile collisione di asteroidi con il nostro pianeta, che potrebbe causare una grande estinzione di massa come successe con i dinosauri. E il problema è che in questo caso ci sarebbe ben poco da fare per difendersi: “Non abbiamo ancora alcuna difesa contro minacce di questo tipo”. La lista delle catastrofi continua, com’era facile immaginare, con i cambiamenti climatici, che potrebbero “rendere il nostro pianeta simile a Venere, con una temperatura di 250° C”. Per evitarlo, Hawking suggerisce di puntare sulla fusione nucleare, il meccanismo con cui le stelle producono energia, che consentirebbe di soddisfare il fabbisogno energetico senza generare inquinamento o emissioni di gas serra.
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Un universo semplice, l’ultima eredità di Hawking

Uscito l’ultimo studio scientifico del grande astrofisico britannico, scritto insieme a un collega belga. Il nostro universo non sarà l’unico esistente, ma viene smentita l’idea di un’inflazione eterna che dà luogo a un multiverso di complessità infinita
di ELENA DUSI
DISPIACE, prima di morire, lasciare le proprie cose in disordine. Così Stephen Hawking, nella sua ultima pubblicazione scientifica, si è dato da fare per sfrondare la pletora di multiversi che popolavano le sue teorie e trasmetterci in eredità una visione del cosmo più composta e comprensibile. L’ultimo articolo firmato dall’astrofisico inglese scomparso il 14 marzo è stato pubblicato oggi sul Journal of High-Energy Physics. Era uscito online sul sito di fisica arXiv il 24 luglio dell’anno scorso e poi rivisto un paio di volte (l’ultima il 20 aprile) dal coautore della ricerca, Thomas Hertog, fisico belga che lavora all’università di Lovanio e che da vent’anni collaborava con lo scienziato di Cambridge.
Le “teorie usuali” risultano in un’“inflazione eterna”: è il problema spinoso con cui inizia l’articolo. Ma “le nostre congetture” aggiungono i due autori, permettono di uscire dal concetto di “inflazione eterna”, evitando “un multiverso infinito simile a un frattale” e rientrando nell’idea di un cosmo “finito e ragionevolmente regolare”. Le difficoltà da risolvere nascono dalle “teorie usuali sull’inflazione”, secondo cui una frazione di secondo dopo il Big Bang l’universo iniziò a espandersi a ritmi rapidissimi. Le estrose regole della meccanica quantistica vogliono che questa espansione a ritmi esponenziali si sia esaurita in alcune zone del cosmo, ma debba andare avanti all’infinito in altre aree. Solo nelle prime zone (come la nostra), definite da Hawking delle semplici “tasche” dell’universo, è possibile la formazione di stelle, galassie e, in ultima istanza, della vita. La Terra si troverebbe dunque all’interno di un’isola felice in un mare ribollente, inabitabile e dalle regole imprevedibili per via dell’inflazione.
In un’intervista recente citata dall’European Research Council (Hertog è vincitore di un bando dell’Erc per lo studio di questi complessi problemi di astrofisica teorica), lo stesso Hawking aveva spiegato il problema così: “La teoria usuale dell’inflazione eterna prevede che globalmente il nostro universo sia come un infinito frattale, con un mosaico di diversi universi-tasca separati da un oceano sottoposto all’inflazione. Le leggi locali della fisica e della chimica possono mutare da un universo-tasca all’altro, che insieme comporrebbero un multiverso”. Ma Hawking ricorda anche che: “Personalmente non sono mai stato un fan del multiverso”. Soprattutto se il numero degli universi risulta infinito, le teorie non possono essere sottoposte a verifiche sperimentali.
Hawking e Hertog sfrondano le teorie dell’inflazione dalle sue implicazioni più estreme, miscelando dosi diverse di teorie di Einstein e di meccanica quantistica, e offrono una ricostruzione più semplice, libera dall’immagine del “frattale infinito” e dall’idea dell’universo come oceano in eterna inflazione. “Non arriviamo a descrivere un universo singolo, ma le nostre conclusioni implicano una riduzione del range del multiverso, fino a comprendere un numero molto più piccolo di universi possibili” prosegue Hawking nella sua intervista.
Ideare delle prove sperimentali per queste teorie spetterà ora a Hertog, che ha subito rivolto il suo sguardo al campo più all’avanguardia dell’astronomia di oggi: quello delle onde gravitazionali. Alla fine dell’epoca di inflazione molte di queste “vibrazioni dello spazio-tempo” si sarebbero formate, per poi “distendersi” – aumentando la loro lunghezza d’onda – in armonia con l’espansione dell’universo. Le antenne che usiamo oggi per osservare le onde gravitazionali (Ligo negli Stati Uniti e Virgo in Italia, in provincia di Pisa) non hanno la sensibilità giusta per rilevare queste onde primordiali di grande lunghezza d’onda. Ma un osservatorio spaziale chiamato Lisa,
di dimensioni enormi, è in corso di progettazione da parte dell’Agenzia spaziale europea. Potrà forse, un giorno, capire se il nostro universo è un mare tranquillo o se siamo capitati su uno dei rari scogli abitabili all’interno di un oceano ribollente e invivibile.
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