Con oltre 65 miliardi di polli consumati ogni anno, le ossa di questi uccelli saranno probabilmente i fossili che contraddistingueranno l’Antropocene, il nostro tempo sulla Terra
Plastica, cemento o rifiuti radioattivi? Per cosa l’Antropocene, l’era dell’essere umano moderno (cioè noi), verrà ricordata tra migliaia e migliaia di anni? Per alcuni scienziati c’è un’altra opzione: il pollo. Sì, proprio quello degli spiedi e dell’arrosto. E il motivo, a farci caso, è quasi banale. Consumiamo ogni anno 65 miliardi di polli, le cui ossa finiscono nelle discariche a mummificarsi: quei resti – secondo l’analisi dell’Università di Leicester pubblicata su Royal Society Open Science – probabilmente diventeranno fossili. E niente, rassegnamoci a essere ricordati come gli esseri umani dell’Età del pollo.
Numeri
Ogni istante nel mondo vivono circa 23 miliardi di polli domestici, almeno dieci volte di più di qualsiasi altro uccello sulla Terra. Basti pensare che la seconda specie di volatile più numerosa è la quelea beccorosso dell’Africa subsahariana e raggiunge appena gli 1,5 miliardi di esemplari.
La vita di un pollo domestico da carne è di al massimo di nove settimane, dopodiché viene macellato (ne consumiamo circa 65 miliardi di esemplari ogni anno) e anche i suoi scarti vengono lavorati per ottenere altri prodotti industriali, commestibili e non. Le ossa, invece, finiscono per la maggior parte nelle discariche, dove, in assenza di ossigeno, hanno molte chance di diventare un giorno dei magnifici fossili dell’Antropocene.
Fossili nei quali i futuri geologi leggeranno la nostra civiltà.
Un segno del nostro tempo
Come spiega l’autrice dello studio Carys Bennett, infatti, non è solo questione di numeri. Il pollo odierno racconta la storia del nostro tempo, esattamente come la plastica e i rifiuti nucleari. È molto diverso dai suoi antenati selvatici e porta addosso i segni dello stretto rapporto con l’essere umano.
Il pollo venne addomesticato circa 8mila anni fa e da allora la specie ha subito profondi cambiamenti: l’essere umano, in particolare con l’avvento dell’allevamento intensivo nel XX secolo, ne ha selezionato le caratteristiche più convenienti, plasmando un animale gigantesco rispetto alle dimensioni del pollo selvatico. Del resto i polli attuali sono 4-5 volte più grandi anche solo dei polli domestici degli anni ’50, e possiedono una mutazione genetica che li rende insaziabili per mettere su peso velocemente. La dieta del pollo domestico, inoltre, è limitata e omogenea, lasciando nelle sue ossa una firma chimica caratteristica.
Gli archeologi del futuro non troveranno sull’Antropocene solo ossa di pollo, ovviamente. Ci saranno anche plastiche, lattine, e tecnofossili di ogni genere, forma e dimensioni. Ma secondo gli autori dello studio le ossa di pollo saranno il residuo biologico più significativo e caratterizzante dell’era degli uomini, che svelerà ai posteri usi, costumi, errori e delitti dell’essere umano del nostro tempo.
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