Tempo fa ho letto un articolo che mi ha molto colpito: riportava uno studio anglosassone dove si evidenziava come i “fedeli” vivano più anni e con maggiore salute di “atei” e “agnostici”. La giustificazione era, principalmente, che il carico di stress dovuto al vivere nel relativismo della realtà “consuma” maggiormente psiche e fisico rispetto allo “scaricare” la responsabilità di scelte e frutti di eventi fortunati e nefasti a una divinità ultraterrena che, in qualche modo, influenza il nostro destino.
Ma la “fede” o l’hai o no. Ci nasci o ne vieni folgorato in un momento particolare della tua esistenza: non si costruisce a tavolino.
Ora chissà quante volte modificherò il mio pensiero negli anni che mi rimangono. 
A un certo punto sino ai 30 anni sono stato un convinto “libero professionista, imprenditore di me stesso” e poi ho scelto (per razionalità, economia, comodità e interesse) di abbassare il capo e divenire un ingranaggio delle grandi imprese assicurative e bancarie che muovono il nostro sistema…
Ma, per il momento, seppur riconoscendo il cristianesimo come pietra fondante la nostra cultura e considerando la filosofia buddista (tibetana e zen) una forma di spiritualità che permette molte risposte ai miei tanti dubbi esistenziali, non sono ancora stato “folgorato” dalla Fede e la visione “razionale” dell’universo permea il mio pensiero. Razionalità costruita sui principi illuministici e positivistici che, però, negli ultimi decenni, sono stati superati dagli studi di Albert Einstein e Max Planck.
Questo testo, conosciuto tramite una recensione su Wired, mi sta dando tanto!
Finisco di leggerlo la seconda volta e poi appunterò qui qualche riflessione…

Piccola Biblioteca Adelphi, 823
2025, 2ª ediz., pp. 214, 5 imm colori
isbn: 9788845940293
SINOSSI

La scienza del XX secolo ha modificato per sempre la nostra comprensione della realtà, anche se siamo ben lontani dal poter affermare che questa realtà abbia un senso (forse non accadrà mai). Eppure, è grazie alla meccanica quantistica che il pensiero può dirsi per la prima volta libero di percorrere strade veramente ignote. A coltivare quello shock permanente, fatto di «stupore e vertigine», è Carlo Rovelli che, dalle Sette brevi lezioni di fisica, con leggerezza si muove fra gli abissi speculativi della relatività quantistica, senza paura di toccarne il fondo – anche perché quel fondo, secondo lui, non esiste. «Elettroni e mente, sassi e leggi, giudizi e galassie non sono di natura essenzialmente diversa gli uni dagli altri. Sono nozioni che si illuminano a vicenda». Di questo continuo gioco di specchi è fatto il mondo, e per comprenderlo in tutta la sua complessità, per vederne la coerenza e «sentire che è la nostra casa», scrive Rovelli, bisogna fare un salto ulteriore e accogliere l’incertezza che è al cuore della conoscenza, quella che porta all’«eguaglianza di tutte le cose». Come il personaggio di un racconto del Zhuangzi – uno dei grandi libri dell’antichità – che dopo aver sognato di essere una farfalla «svolazzante e soddisfatta della sua sorte» non sa più se è stato lui a sognare la farfalla o è la farfalla a sognare lui.

Nell’illustrare la grande rivoluzione scientifica in corso, Carlo Rovelli ci pone dinanzi alla sua più importante – e allarmante – implicazione: l’impossibilità di trovare un fondamento ultimo della realtà.

FONTE