Le strategie che i siti di e-commerce usano per convincerci ad acquistare
Ci dicono che il prodotto che abbiamo “puntato” sta per andare esaurito, che il suo prezzo è destinato ad aumentare di lì a poco o che in tanti lo hanno già acquistato. Invece non è vero, ma noi ci lasciamo convincere e… compriamo.
Capita anche a voi, ogni tanto, vero? State acquistando qualcosa online, all’ultimo momento cambiate idea e vi fermate, lasciando la merce nel “carrello”. È una prassi più diffusa di quanto si creda, e gli esperti di marketing le hanno dato anche un nome: cart abandonment (abbandono del carrello). Per i siti di e-commerce è una iattura, perché non è sempre facile comprendere le segrete ragioni che possono spingerci a desistere dai nostri propositi di shopping. Ma anche servizi come Spotify o social come Facebook soffrono di questa sindrome da abbandono. E così chi commercia sul Web, da qualche anno, ha deciso di giocare sulla nostra psicologia e qualcuno ricorre persino a tecniche ingannevoli.
Un team di ricercatori di Princeton ha pensato di catalogarle, utilizzando i dati estratti da 11.000 siti di shopping, per identificare 15 modi in cui i siti sfruttano in modo sottile la nostra cognizione per controllarci.
La ricerca si basa sul lavoro, tra gli altri, di Harry Brignull, uno scienziato che nel 2010, per indicare queste tecniche, ha coniato il termine dark pattern (che si potrebbe tradurre con “comportamento non traspartente”). Secondo i ricercatori almeno un sito Web su 10 contiene un tipo di dark patterni. Più popolare è il sito, più è probabile che ne usi almeno uno. Ma di cosa si tratta precisamente?
NE RIMANGONO SOLO 2! Il dark pattern più comune gioca sul principio della scarsità: quando mettiamo un articolo nel carrello appare un messaggio che recita “Solo otto rimanenti in magazzino!”, spingendoci così ad acquistare immediatamente prima che l’oggetto finisca. Ma analizzando la costruzione delle pagine Web, i ricercatori hanno scoperto che in molti casi questi numeri vengono generati a caso: non è affatto vero che gli oggetti stanno per esaurirsi.
IL CONTO ALLA ROVESCIA. I numeri sono anche la chiave per un’altra tecnica di manipolazione molto diffusa: la vendita flash. I siti di e-commerce spesso propongono un improvviso e temporaneo calo dei prezzi, con il messaggio “La vendita termina presto!” e un timer per il conto alla rovescia. L’urgenza, secondo gli psicologi di Princeton, crea ansia e incertezza, spingendoci ad approfittare immediatamente dei prezzi più bassi.
L’EFFETTO CARROZZONE. Il terzo schema più frequente, il social proof, ha a che fare con i messaggi pop-up visualizzati nella barra laterale di alcuni siti: “90 persone hanno visualizzato questo oggetto!”. Questa tattica sfrutta il potere del cosiddetto effetto carrozzone (“se un prodotto è popolare, allora dovrei prenderlo!”) e dell’effetto-scarsità (“se non lo acquisto, lo farà qualcun altro). Anche in questo caso, dopo un’attenta analisi dei siti, i ricercatori hanno scoperto che questi dati sono in realtà prodotti da generatori di numeri casuali.
I CONTI (VERI) ALLA FINE. Ci sono poi le varie tecniche di sneaking che consistono nel mostrare un prezzo particolarmente conveniente, all’inizio, nascondendo tutti i supplementi, che verranno invece aggiunti poco prima del pagamento. Alcuni siti usano volutamente un linguaggio confuso per spingere gli utenti a fare determinate scelte (misdirection).
È DIFFICILE DIRE ADDIO. Ma le manipolazioni non riguardano soltanto il momento dell’acquisto. Alcune aziende (operatori telefonici, tv a pagamento ecc.) le utilizzano anche per “convincerci” a restar loro fedeli. In molti casi il processo di disdetta di un abbonamento è di gran lunga più complicato di quello della sottoscrizione iniziale: le indicazioni su come farlo sono poco chiare, le voci dei relativi menu sono difficilmente raggiungibili… Gli esperti chiamano questo dark pattern “ostruzione”: spesso si finisce per rinunciare rinunciare a portare a termine l’operazione e si continua a pagare l’abbonamento.
La buona notizia? Intanto potrebbe essere rassicurante sapere che ci sono ricercatori che studiano questi fenomeni e ci mettono in guardia. Poi c’è anche chi ha messo a punto qualche contromisura “pratica”. Icebox, per esempio, è un’estensione, un piccolo programma, da aggiungere al browser che usiamo per navigare, che blocca le pagine Web nella fase di pagamento: gli utenti possono tornarci dopo che è trascorso un certo periodo di tempo, in modo da evitare di cedere all’impulso di un acquisto. Ma c’è anche il sistema IFTTT, utile quando dobbiamo ricordarci che sta per arrivare la data in cui un servizio che stiamo usando in prova gratuita diventerà a pagamento: un promemoria ce lo ricorda vanificando quella che è una delle tecniche più sfruttate dai siti commerciali, che punta proprio sulle nostre dimenticanze.
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