Da oltre vent’anni Deborah Gordon studia le formiche, trovando analogie tra le reti create dalla specie umana per trasportare informazioni, e quelle sviluppate dagli insetti. Che, suggerisce Gordon, dovremmo prendere a modello
Ne esistono migliaia di specie, diffuse praticamente in ogni habitat terrestre, da decine di milioni di anni. Le formiche sono tra gli insetti più studiati dalla comunità scientifica, interessata a comprendere le dinamiche che regolano le loro peculiari strutture sociali. Strutture che in alcuni casi sembrano funzionare proprio come reti e protocolli simili a quelli del web. È il caso di Anternet, il nome (da ant, ovvero formica in inglese) con cui è stato chiamato il sistema di approvvigionamento di alcune formiche mietitrici analizzato da alcuni ricercatori di Stanford, simile ai protocolli che gestiscono il traffico di Internet: entrambi, infatti, si basano su feedback positivi, ovvero l’arrivo di insetti carichi di cibo o la disponibilità all’invio di un nuovo pacchetto di dati.
Ma similitudini a parte, ci sono alcune cose che le formiche sanno già fare e noi no, da cui forse si potrebbe prender spunto, spiega su Wired.com Deborah M. Gordon del Dipartimento di Biologia di Stanford , convinta che i protocolli usati da questi insetti possano migliorare lo sviluppo delle nostre reti. Per capire come questo possa accadere, Gordon spiega in che modo funzionano gli algoritmi messi a punto dalle formiche, geniali soprattutto perché, racconta la scienziata, funzionano senza controllo centrale. Solo grazie ai segnali chimici e con il semplice contatto tra le antenne, infatti, questi insetti costruiscono reti facili da gestire e da riparare.
Anternet per esempio è un modello che permette di gestire “elevati costi operativi”. Semplificando, significa che le formiche hanno imparato a gestire le proprie attività ottimizzando le risorse, senza sprecarle. Per esempio, quando gli insetti si incamminano sotto il sole cocente per andare a recuperare dei semi, consumano sì delle ingenti risorse di acqua, ma al tempo stesso ne mettono da parte abbastanza per i momenti in cui farà troppo caldo per uscire. Gordon ha osservato come le formiche che adottano questo comportamento abbiano una progenie maggiore negli anni. Allo stesso modo funzionano le reti inventate dall’essere umano, continua la ricercatrice: “In Internet, il protocollo Tcp evita che il sistema invii dati dove non c’è banda disponibile. Lo sforzo sarebbe inutile se il messaggio andasse perso, per cui non vale la pena mandarlo a meno che non si sia certi che raggiunga la sua destinazione”. Ovvero: se il costo dell’approvvigionamento è troppo elevato, alle formiche conviene restare a riposo.
Inoltre le reti delle formiche sono strutturate in modo tale da tollerare il fallimento di singoli componenti che via via si aggiungono al gruppo. Per far questo questi insetti basano le loro attività sul concetto di ridondanza e funzioni minime (tanti componenti che eseguono operazioni semplici). La stessa logica, per Gordon, andrebbe implementata nelle reti ingegnerizzate, forti del fatto di poter tollerare così anche dei fallimenti dei suoi singoli elementi.
Ma non solo: le formiche sono anche capaci di una rete capillare. Per assicurarsi di arrivare per primi a una risorsa, infatti, questi insetti si distribuiscono in modo tale che ci sia almeno un esemplare in ogni punto di interesse, così che se accade qualcosa (come la presenza di cibo) la comunità ne possa approfittare immediatamente. L’idea di queste reti non è molto diversa da quella per esempio dei ripetitori per cellulari: un network permanente da cui partano le ricerche (attività) locali.
Questa capacità di distribuirsi in modo capillare funziona al tempo stesso come un sistema per il controllo della presenza di competitor ed eventuali intrusioni, senza bisogno di un’ autorità centrale adibita al controllo (grazie alla captazione di segnali chimici e alla stima della densità di altre specie di formiche). In questo modo questi insetti regolano il proprio comportamento in risposta alla presenza di altre specie nei dintorni.
Infine, conclude Gordon, le reti ad anello oggi implementate per la distribuzioni delle informazioni – più facili da riparare in caso di guasti, visto che i dati possono viaggiare in entrambe le direzioni – non sono altro che l’analogo delle reti sviluppate già da tempo dalle formiche per la ricerca di cibo in situazioni di rischio, come eventuali cadute di rami. Se si interrompe il flusso in una direzione, quello nell’altra può ristabilire facilmente il collegamento.
FONTE – 21 agosto 2013 di Anna Lisa Bonfranceschi