Mi appunto questo articolo nel blog perchè veramente interessante e punto di partenza per tante altre riflessione in merito.

 

Cambiamenti climatici, sovrappopolazione, carestie, e (ovviamente) pandemie: ci sono diversi fattori che potrebbero portare la specie umana all’estinzione, anche in un futuro non troppo lontano. Cosa dice la scienza?

Sì. La specie umana è destinata all’estinzione. Per quanto possa suonare apodittico, è così che andranno le cose, qualsiasi cosa facciamo. Ce lo dice la storia: la stragrande maggioranza delle specie viventi che hanno abitato il nostro pianeta – oltre il 99,9% di loro – si sono estinte. Preso atto con serenità di questo, si può passare alla domanda successiva: quando ci estingueremo? È qui che le cose si fanno interessanti e si entra nel campo delle risposte meno nette e più possibiliste. Il tema è molto complesso, dal momento che i fattori e le variabili in gioco sono tanti, e connessi tra loro in modo non direttamente intellegibile e almeno parzialmente imprevedibili.

Per orientarsi in questo ginepraio, il primo passo della comunità scientifica è, ancora, quello di guardare a cosa è successo alle altre specie. Lo ha riassunto bene, per esempio, il paleontologo e biologo evoluzionista Nicholas R. Longrich, in un saggio pubblicato sulle pagine di The Conversation“Quasi tutte le specie che hanno popolato la Terra si sono estinte – scrive -. Alcune di esse hanno lasciato dei discendenti. Altre, per esempio i plesiosauri, i trilobiti, il Brontosaurus, non l’hanno fatto. E questo vale anche per altre specie umane: i Neandertal, i Denisova, gli Homo erectus sono tutti scomparsi. Noi Homo sapiens per ora siamo qui, ma è chiaro che siamo inevitabilmente destinati all’estinzione. La domanda più corretta è, quindi, quando accadrà”, proprio come dicevamo. Quali sono le caratteristiche della nostra specie? Cosa ci rende più vulnerabili, o più resilienti, rispetto agli altri?

  1. Sangue caldo e sangue freddo
  2. Longevità e lentezza riproduttiva
  3. Siamo tanti (per ora)
  4. Siamo dappertutto, siamo “generalisti”
  5. Abbiamo la “cultura dell’adattamento”
  6. Che cosa ci dobbiamo aspettare

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