Genitori gay: dove c’è amore c’è famiglia (Testo 01.09.2014)
Mentre la grande maggior parte dei paesi occidentali delibera sul tema fondamentale del riconoscimento delle coppie omosessuali, in Italia suscita grande scalpore la sentenza del Tribunale di Roma, che ha riconosciuto il ruolo genitoriale della compagna della mamma biologica di una bambina di 5 anni. In risposta Fratelli d’Italia ha fatto circolare un’immagine contro le adozioni gay, usando una foto di Toscani (che minaccia denunce) e scrivendo “Un bambino non è un capriccio“.
In molti hanno già detto e scritto che basta guardarsi intorno per capire che i bambini che crescono all’interno di una famiglia tradizionale sono ormai una risicata maggioranza, se non addirittura una minoranza: la normalità, ormai, sono le coppie separate o divorziate, i genitori che si risposano e che mettono al mondo un nuovo figlio con il secondo partner, i bambini cresciuti di fatto dai nonni, i minori che vedono il papà o la mamma un paio di week end al mese perché il lavoro li ha portati lontani.
In alcune di queste famiglie – così come in moltissime di quelle tradizionali – il primo assente è, purtroppo, l’affetto.
E una famiglia in cui la tenerezza resta fuori dalla porta è una famiglia che, inevitabilmente, cresce un figlio triste.
Nella mia esperienza ho visto tanti figli di famiglie tradizionali o meno, trascinarsi alla ricerca di una dimostrazione d’affetto perché mamma e papà non erano capaci di un abbraccio, di una ninna nanna, di essere veramente presenti e in ascolto: bambini che dovevano abdicare al diritto di essere rispettati ed amati e di sentire di avere un posto nel mondo.
In quale manuale, in quale studio, in quale documentazione troviamo scritto che questo diritto basilare – il diritto a crescere con adulti che ci amano e ci rispettano – non viene rispettato all’interno delle coppie omosessuali, mentre si riconosce nella famiglia tradizionale?
Non solo la mia esperienza, ma soprattutto studi recenti – come ad esempio quello condotto a Melbourne su 315 coppie di genitori omosessuali – mi dimostrano da tempo proprio il contrario: i figli delle coppie gay non solo non denotano alcuna sofferenza nel campo emotivo-relazionale ma, anzi, si attestano leggermente sopra la media nell’ambito della sfera affettiva.
In Italia, da anni, in merito alla questione, viene ripetuto il mantra secondo il quale un bambino ha diritto a crescere con una mamma e un papà.
Su quali basi si poggia questa affermazione? Su nessuna, se non quelle dell’abitudine e del rischio di stigma sociale (tradotto, cioè, sul fatto che noi adulti italiani siamo troppo retrogradi per garantire lo stesso rispetto e la stessa accoglienza a bambini con genitori diversi, quindi meglio non riconoscere i figli delle coppie omosessuali perché sappiamo già che verrebbero discriminati).
Sembra essere l’ignoranza, quindi, e non certo la scienza, a giustificare la superiorità della famiglia tradizionale.
In educazione, infatti, il concetto di mamma e di papà è elastico e malleabile: la diversità dei genitori non si basa sugli organi riproduttivi, ma sul ruolo all’interno della famiglia.
È vero, infatti, che un bambino ha bisogno di un equilibrio tra due ruoli genitoriali: il ruolo della regola e quello dell’accoglienza: un bilanciamento tra il rigore e la morbidezza, tra il nido e la spada.
Simbolicamente, il genitore-nido è rappresentato dalla mamma: donne pazienti, attente, pronte a coprire con silente complicità qualche marachella.
Il genitore più impositivo, invece, è storicamente il papà: la regola, la lavata di capo per una brutta pagella, l’ora del rientro, sono i margini rappresentati, appunto, dalla spada che – Freud aiuta – è simbolo fallico e, quindi, maschile.
Ma, anche nelle coppie tradizionali, quante volte ho incontrato papà uterini e mamme regolamentanti: famiglie in cui la complicità e la coccola si cercano tra le braccia del maschio, mentre la donna impone le regole quotidiane.
Quante volte ho parlato con genitori eroici – quasi sempre mamme, ma anche papà – impegnati a crescere da soli uno o più figli, interpretando benissimo entrambi i ruoli a seconda del momento.
E quante volte, invece, ho incontrato famiglie tradizionali troppo accoglienti o troppo rigide, composte quindi da una quotidianità fatta di sole coccole, o di sole regole.
Ecco quindi che quando vedo la campagna di Fratelli d’Italia (“difendiamo il diritto dei bambini ad avere una mamma e un papà”) sono sicura che, chi l’ha proposta, non si sia mai regalato il tempo di ascoltare e interpretare i reali bisogni di un bambino.
Gli educatori, i maestri, i pedagogisti, infatti, sanno bene che il bisogno di essere contenuto e guidato, accolto e aiutato, ascoltato e definitivamente amato, non porta né il nome “mamma” né il nome “papà”.
Porta, invece, il nome di famiglia, intesa come quel luogo protetto in cui ad affetto corrisponde affetto.
Un bambino che cresce con due papà o con due mamme – come la figlia della sentenza di Roma – fino a settimana scorsa vedeva calpestato quotidianamente un suo diritto sacrosanto: quello di sapere che, se ad uno dei genitori succederà qualcosa, resterà sempre l’altro, a prendersi cura di lui.
Impedire per legge questa rassicurazione è stata una violenza.
Un profondo ringraziamento, quindi, alla Giurisprudenza che, per l’ennesima volta in questo paese, è arrivata dove la politica non ha il coraggio di avventurarsi.
A volte sono i concetti più banali – come, in questo caso, l’amore nelle sue molteplici forme – a trovare con più fatica il proprio posto nella società.
FONTE
FECONDAZIONE: VERONESI, GAY POSSONO ESSERE BRAVISSIMI GENITORI (testo del 17.03.2015)
“Se Domenico Dolce ha definito i figli nati con l’aiuto della provetta ‘sintetici’ ha detto una sciocchezza”.
E ancora: “Perché mai essere contrari alle adozioni da parte delle coppie gay? Un gay può essere un bravissimo padre o una bravissima madre, non vedo che differenza ci sia”.
Sono le parole dell’oncologo ed ex ministro della Sanità Umberto Veronesi. Rispondendo ai giornalisti a margine di un evento a Milano (per presentare una collaborazione fra la Fondazione Veronesi e ‘Aquae Venezia 2015’, esposizione collaterale di Expo Milano), lo scienziato dice la sua nel dibattito aperto dalle dichiarazioni rilasciate dalla ‘metà siciliana’ della coppia di stilisti Dolce & Gabbana.
Frasi in cui Dolce ha espresso le sue idee sulla famiglia, sulla prospettiva di un figlio per una coppia gay e sulla diffidenza verso la scelta di avere quelli che ha definito “bambini sintetici”. Veronesi si posiziona “sul fronte opposto.
Sono favorevole alla riproduzione cosiddetta ‘in provetta’ perché ormai di fronte a un’aumentata infertilità, sia maschile che femminile, e a una procreazione che avviene sempre più avanti con gli anni, dobbiamo trovare delle soluzioni.
È la più semplice è la procreazione medicalmente assistita”.
Quanto al diritto di una coppia gay di coronare la propria unione con un figlio, Veronesi si dice favorevole: “Perché mai essere contrari? Bisogna amare i propri figli.
Se una persona ha questa spinta amorevole verso un figlio, che sia o non sia geneticamente suo, la cosa è più che legittima.
E questo sia che si tratti di coppie gay o di genitori single”.
FONTE: AdnKronos Salute
I figli adottati da genitori gay crescono allo stesso modo degli altri (Testo del 26.10.2016)
I risultati di uno studio decennale mostrano come stress e problemi di coppia siano le prime cause dei disturbi comportamentali dei bambini, indipendentemente dall’orientamento sessuale dei genitori
La scienza torna a esprimersi sulla questione dei figli di genitori gay. E ancora una volta parla chiaro: uno studio dell’Università del Kentucky, infatti, la cui autrice Rachel H. Farr ha osservato per più di dieci anni vari aspetti di vita famigliare di coppie omosessuali ed eterosessuali con un figlio adottivo, ha dimostrato che l’orientamento sessuale dei genitori non influisce in alcun modo sullo sviluppo dei bambini. In particolare, i problemi caratteriali che emergono in età pre-adolescenziale sembrerebbero più che altro imputabili a fattori di stress come i continui litigi tra i propri genitori, ossia a delle dinamiche del tutto indipendenti dal loro orientamento sessuale.
I risultati di Farr, pubblicati su Developmental Psychology, provengono da ripetute osservazioni sull’evoluzione dei rapporti di circa 100 famiglie adottive. In particolare, la psicologa ha seguito i bambini dai cinque anni di età fino al periodo adolescenziale, e nessuno dei loro problemi sembra essere causato dall’orientamento sessuale dei genitori.
“Se le coppie sanno gestire il loro ruolo da genitori, e anche la loro relazione amorosa, sono in grado di crescere un figlio nel migliore dei modi, indipendentemente dal loro orientamento sessuale”, racconta Farr. “Questo è il primo studio che è riuscito a seguire i figli adottivi di coppie lesbiche, gay ed eterosessuali, dall’infanzia fino all’adolescenza. Gli studi longitudinali come questo, basati su ripetute osservazioni in un lungo margine di tempo, sono infatti l’ideale per indagare i fattori che influenzano il corretto sviluppo di un bambino”.
I bambini che hanno dimostrato di aver avuto minor problemi comportamentali in un arco di tempo di circa dieci anni sono quelli i cui genitori adottivi sono risultati meno stressati. Non a caso, gli ottimi equilibri famigliari osservati quando i bambini si trovavano già in età scolare erano stati in qualche modo predetti dai bassi livelli di stress della coppia e dai scarsi problemi caratteriali dei bambini sin dall’infanzia. “In queste famiglie adottive, diverse l’una dall’altra per orientamento sessuale dei genitori, le dinamiche e gli equilibri di coppia contano molto più di come è strutturata la famiglia stessa”, continua ancora Farr.
La forza e l’affidabilità di questa ricerca si basa sull’osservazione di numerose caratteristiche come i problemi comportamentali dei bambini, i livelli di stress dei genitori, la solidità della coppia, le relazioni famigliari e il loro adattamento nel tempo, insieme ad altri svariati fattori. Un numero di dati non indifferente che potrebbe essere d’aiuto nel dirimere alcuni dubbi di interesse legale e politico legati ai diritti delle coppie dello stesso sesso. Nei soli Stati Uniti, infatti, circa 65.500 bambini, più del 4% delle adozioni totali, hanno dei genitori appartenenti a minoranze sessuali. “Uno studio come questo potrebbe avere tutte le caratteristiche necessarie per muovere il dibattito pubblico a sostegno di queste minoranze e del loro diritto ad avere una famiglia”, conclude Farr.
FONTE