Secoli di esaltazione del pensiero analitico hanno attribuito alle sensazioni “di pancia” la fama di reazioni primitive e inaffidabili: eppure sono anch’esse predizioni del cervello, spesso molto efficaci.
Immaginate se il direttore di una grande azienda, davanti a una decisione storica da prendere, annunciasse di scegliere seguendo un preciso criterio: l’istinto. Per carità, potrebbe anche capitare, ma – obietterete – le scelte importanti non dovrebbero essere il frutto di analisi ponderate, di notti in bianco spese a valutare ogni possibile risvolto?
Soprattutto nel mondo occidentale, l’affermazione del pensiero razionale ha relegato le intuizioni al dominio del pensiero magico, religioso, primitivo: i nostri antenati seguivano l’istinto, ma con il tempo abbiamo conquistato la possibilità di affrancarcene. Eppure, dal punto di vista scientifico, intuito e sensazioni “a pelle” hanno un potenziale non sfruttato. Come ricorda un’analisi pubblicata su The Conversation, non sono risposte sciocche, da ignorare o correggere con il ragionamento. Sono soltanto una forma diversa di elaborazione delle informazioni.
LA STESSA BASE. Anche le intuizioni derivano da un processo di valutazione e comparazione effettuato dal cervello. Esso è spesso descritto come una complessa macchina specializzata in predizioni, che confronta le sensazioni e le esperienze del presente con quanto già appreso in passato, predicendo così quello che sta per avvenire. Quando si verifica un imprevisto, il cervello aggiorna i suoi modelli, per il futuro. Questo incessante lavorio avviene in modo automatico, senza che ce ne accorgiamo.
QUALCOSA DA SEGNALARE. Le intuizioni si verificano quando il cervello nota un collegamento o un’incongruenza tra l’esperienza attuale e il passato, ma questo confronto non raggiunge la soglia della coscienza: in altre parole sappiamo che è così, ma non sappiamo come ci siamo arrivati. Per esempio, state guidando su una strada di campagna di notte quando di punto in bianco vi spostate sulla destra. Poco più avanti notate una buca: non fosse stato per quell’intuizione, l’avreste presa in pieno. Eppure non l’avevate vista! In realtà, la macchina davanti a voi aveva sterzato di poco, nello stesso punto: l’avete imitata senza pensarci, e avete fatto bene.
Quando avete molta esperienza in un certo campo, il cervello ha più informazioni “in archivio” con cui fare confronti: è in quei momenti che le intuizioni diventano particolarmente affidabili.
INSEPARABILI. Spesso intuito e pensiero analitico sono visti come forze in contraddizione, quasi si dovesse scegliere a quale affidarsi. In realtà, lavorano in tandem e in contemporanea: la differenza è che il primo opera sotto al livello della coscienza, e ce ne accorgiamo soltanto quando propone un risultato. Di solito, anzi, ricorriamo alla pancia e alle analisi in contemporanea. Anche un’importante scoperta scientifica può nascere da un’intuizione che fornisce un’ipotesi nuova e originale, e poi essere validata da analisi e test rigorosi.
In ogni caso, se l’intuizione ha la fama – a questo punto immeritata – di un’opzione rischiosa e incerta, anche affidarsi soltanto al ragionamento può causare problemi. Molte ricerche hanno ormai dimostrato che abbandonarsi a un eccesso di logica può ostacolare i processi decisionali, senza necessariamente portare alle scelte migliori. Altre volte, usiamo il pensiero analitico per giustificare, o complicare, una decisione già presa “di pancia”: è il caso di quelli che definiamo dilemmi morali.
PER RIDURRE LE CANTONATE. Come capire, quindi, se possiamo affidarci o meno a un’intuizione? Un trucco può essere valutare la situazione in cui ci si trova. È vecchia (inteso in senso evolutivo) o nuova? Perché se il nostro istinto da cacciatori raccoglitori ci dice che è meglio ingozzarci di ciambelle subito, in previsione di future carestie, non è detto che oggi sia questa la scelta migliore…
Potrebbe essere soggetta a errori di giudizio? Per esempio, la nostra scelta potrebbe forse essere condizionata dal fatto che preferiamo opzioni che confermano assunzioni precedenti? O dalla tendenza a ignorare informazioni negative o pericolose? E poi: abbiamo già esperienza in quel campo? Se ne abbiamo, come abbiamo visto, il cervello ha elementi a sufficienza per lavorare da solo, senza intromissioni da parte della coscienza. Se però non ne abbiamo, e la situazione è del tutto nuova, forse è meglio ragionarci un attimo.
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