Un libro esplora le ragioni che ci spingono, per natura o per cultura, a desiderare il superfluo. E come disintossicarsi
Se è vero che a furia di far collezioni, di cose, di piante, di tutto, si finisce a poco a poco col voler farle anche con le persone, è altrettanto vero che la nostra è un’epoca plasmata da un eccesso di stimoli che ci seducono nella direzione dell’accumulo. Nel corso della storia, l’umanità si è evoluta in ambienti ostili dove la scarsità era la norma. Risorse vitali come il cibo, le informazioni e il tempo erano limitate e incerte. Durante la rivoluzione industriale, abbiamo trasformato i nostri contesti di vita da ambienti di scarsità a sfere di abbondanza, che oggi sono la norma per la maggior parte della popolazione globale. Tuttavia, il nostro cervello rimane programmato per operare come se fossimo ancora in tempi antichi dominati dalla scarsità. Questo ci porta a consumare più del necessario, ad acquistare oggetti inutili e a cercare piaceri effimeri. Spesso questa predisposizione lavora contro di noi e viene sfruttata per influenzare le nostre scelte. Perché continuiamo a mangiare quando non abbiamo più fame? Perché acquistiamo oggetti nonostante ne abbiamo già troppi? Perché ci dedichiamo ai social media anche se ci annichiliscono?
Per capire il motivo per cui siamo indotti, naturalmente e culturalmente, a desiderare di più, pur non avendone affatto bisogno, le risposte più precise e puntuali le fornisce Michael Easter, rinomato esperto di scienze comportamentali e docente all’Università del Nevada a Las Vegas, che affronta questi e altri quesiti del nostro tempo nel suo ultimo libro, Mai Abbastanza, edito da Roi Edizioni e pubblicato il 13 marzo in Italia. Attraverso un’analisi approfondita dei comportamenti umani, Easter si interroga sui motivi che sottendono la nostra sete insaziabile e perché l’ambizione di possedere, collezionare e accumulare non conosce fine. Secondo l’autore dobbiamo esaminare il “loop della scarsità”, un fenomeno che ha guadagnato terreno nell’industria delle slot machine negli anni ’80. In quegli anni, un uomo che si faceva chiamare Si Redd emerse dal profondo sud degli Stati Uniti per rivoluzionare il mondo del gioco d’azzardo.
Il loop della scarsità
Notando che i videogiochi Atari incollavano i giovani ai monitor senza offrire ricompense reali, Redd ebbe un’epifania. Comprendendo l’importanza di evitare perdite consecutive, iniziò a sviluppare slot machine con monitor digitali. Queste nuove macchine offrivano molteplici linee di scommessa per ogni giocata, aumentando le possibilità di vincita e rendendo il gioco più eccitante. Con la possibilità di scommettere su diverse linee, le probabilità di vincere qualcosa salirono al 45%. Tuttavia, spesso la vincita era inferiore alla scommessa iniziale. Un giocatore poteva puntare un dollaro e vincere solo 50 centesimi. Nonostante ciò, studi degli anni ’50 rivelarono che il cervello umano tende a percepire questo esito non come una perdita, ma come una vittoria, ignorando il denaro investito. Questo fenomeno, noto come “perdite travestite da vincite”, è diventato un pilastro psicologico nei casinò. Si Redd non solo ha trasformato le slot machine, ma ha anche ridefinito il modo in cui percepiamo il successo e la sconfitta, lasciando un’eredità che ancora oggi ha una risonanza nelle sale da gioco di tutto il mondo. “Le slot sono passate dall’essere una rapida e noiosa fiammata a una lunga, lenta, avvincente e divertentissima combustione. Qualcosa a cui tornare a dedicarsi”, scrive Easter nel suo libro.
Redd ha intuitivamente compreso una caratteristica fondamentale della psiche umana: il loop della scarsità, che ci spinge a comportamenti compulsivi, dal gioco d’azzardo al consumo eccessivo, creando un ciclo di azioni ripetitive e incessanti. I loop di scarsità sono ormai integrati nel design di prodotti e dei servizi più diversificati, influenzando ogni aspetto della nostra vita, dai social media all’informazione, dalla finanza personale alla salute. Easter descrive il sistema delle trappole della scarsità come un “elegante meccanismo in tre parti”, composto da opportunità, ricompense prevedibili e ripetibilità rapida. “Lo scopo per cui ci dedichiamo a uno di questi giochi è entrare in un piccolo mondo che ci offre una possibilità di fuga dalla nostra quotidianità. È una distrazione sfidante, complicata, ma avvincente”, afferma l’autore.
Gratificazioni immediate
Questo ciclo vizioso è il vero trigger che innesca il mindset della scarsità, che ci seduce con piccole gratificazioni immediate, come quelle che si verificano sui social media: ogni notifica ricevuta — sia essa un mi piace, un commento o un messaggio diretto — porta con sé un’emozione, paragonabile all’incertezza dei rulli di una slot machine che girano. Il semplice atto di scorrere il feed ci trascina in un ciclo continuo di ricerca di emozioni: felicità, tristezza, irritazione, indignazione, invidia o sorpresa. Questo comportamento compulsivo di scrolling senza fine attiva una ripetizione rapida e praticamente infinita, tenendoci incollati allo schermo in attesa della prossima ondata di stimoli emotivi. In questo modo, i social media creano un loop di attesa e reazione che si autoalimenta, mantenendo gli utenti in uno stato di costante aspettativa e desiderio di conferme sociali.
Se è vero che a furia di far collezioni, di cose, di piante, di tutto, si finisce a poco a poco col voler farle anche con le persone, è altrettanto vero che la nostra è un’epoca plasmata da un eccesso di stimoli che ci seducono nella direzione dell’accumulo. Nel corso della storia, l’umanità si è evoluta in ambienti ostili dove la scarsità era la norma. Risorse vitali come il cibo, le informazioni e il tempo erano limitate e incerte. Durante la rivoluzione industriale, abbiamo trasformato i nostri contesti di vita da ambienti di scarsità a sfere di abbondanza, che oggi sono la norma per la maggior parte della popolazione globale. Tuttavia, il nostro cervello rimane programmato per operare come se fossimo ancora in tempi antichi dominati dalla scarsità. Questo ci porta a consumare più del necessario, ad acquistare oggetti inutili e a cercare piaceri effimeri. Spesso questa predisposizione lavora contro di noi e viene sfruttata per influenzare le nostre scelte. Perché continuiamo a mangiare quando non abbiamo più fame? Perché acquistiamo oggetti nonostante ne abbiamo già troppi? Perché ci dedichiamo ai social media anche se ci annichiliscono?