nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu (Tommaso d’Aquino)
Le osservazioni di analogie fra i sentimenti umani e quelli di animali superiori sono così evidenti da non poter essere negate. Erano già note nell’antichità classica e sottolineavano, con grande evidenza, l’amore, anche sessuale, fra genitori e figli, l’amicizia, ma anche l’odio e l’antipatia. Le analogie riguardano anche il comportamento sociale. Sia gli uomini che i lupi, gli elefanti, i delfini, i cavalli e tanti altri ancora sono animali sociali. Provano sentimenti di appartenenza che, per esempio, fra i lupi, portano al costituirsi di strutture sociali, simili a quelle umane. Fra i lupi si creano gruppi in cui c’è una coppia dominante, che ha il comando: la coppia dominante tiene un comportamento che indica superiorità sugli altri. Questo comportamento è lo stesso che si osserva, pressoché costantemente, fra i più prepotenti, fra gli uomini. Le analogie non si fermano qui. Il maschio a si comporta come se tutte le femmine del branco gli appartenessero, sessualmente. Anche in questo, il comportamento umano (dittatori e prepotenti vari) ripete quello degli altri animali, che, non sempre, effettuano un corteggiamento (galli!) e richiedono il consenso. Molte volte il consenso della femmina è automatico, come un arco riflesso ed è dovuto al rispetto dell’ordine genetico di procreare, oltre che alla situazione ormonale. Questo fa capire i meccanismi (perversi) del comportamento violento di molti uomini (stupri) e l’indifferenza di fronte al mancato consenso o, addirittura, l’accentuazione della violenza (femminicidio). Il mancato consenso talora esaspera, talora aumenta il piacere: aggiunge al piacere sessuale quello patologico di “sottomettere”. Non si può non rilevare che gli altri animali non uccidono le femmine: rispettano solo una spinta genetica procreativa. Le analogie riguardano anche la territorialità, la gelosia, il panico, la depressione e così via.
Parliamo di animali geneticamente vicini a noi, ma non dimentichiamo che anche il polpo ha dato prove di intelligenza. Non solo: ma teniamo anche presente che sentimentalità ed intelligenza, hanno stretti legami.
Consideriamo l’aspetto evolutivo: anche gli animali più semplici hanno strutture anatomiche, che conducono stimoli sensoriali. Perfino gli animali unicellulari, privi di nervi, perfino le piante, percepiscono variazioni ambientali per via chimica. Queste percezioni non sono certo sentimenti, tuttavia generano una domanda: i sentimenti degli animali superiori possono essere solo chimica? Alcuni hanno infatti sostenuto che i sentimenti siano qualcosa di metafisico. Evidentemente, quest’ultima è una ipotesi, ma non essendo basata su fatti scientifici osservati, non è scientifica. In realtà, nei sentimenti è sempre presente un aspetto concreto. Non si può pensare alle sensazioni come fatto concreto, basato sulla trasmissione di stimoli per via elettrochimica ed ai sentimenti, come puramente astratti. Possiamo pensare ai sentimenti, come stati mentali dovuti a sensazioni intense, o prolungate, oppure ripetute nel tempo. Infatti, una stimolazione chimica protratta può provocare uno stato mentale persistente: provocare una emozione oppure uno stato sentimentale. Uno stato emozionale può essere provocato da uno stimolo sensoriale percepito come intenso, dopo l’elaborazione neurologica. Un sentimento può essere provocato dopo stimoli sensoriali, o emozionali, intensi. L’emozione è caratterizzata dall’intensità; i sentimenti, dalla durata e dall’intensità.
Teniamo presente che uno stato mentale presuppone automaticamente la consapevolezza del sé: l’autocoscienza. Sensazioni intense o prolungate, non sempre provocano uno stato mentale persistente. Per esempio: l’appagamento o la percezione di bisogni fisiologici non provoca sentimenti. La sensazione di fame, dovuta ad ipoglicemia, per esempio, non provoca la nascita di sentimenti. La fame, induce ad appagare un bisogno: è solo una sensazione; ma se la memoria viene coinvolta, se c’è il ricordo di momenti di fame precedenti, può nascere uno stato di ansia, di insicurezza, oppure anche di collera. E’ dunque necessaria l’elaborazione di sensazioni, in momenti diversi ed il confronto fra di loro.
Negli animali superiori i sentimenti sono estremamente complessi, anche anatomicamente e fisiologicamente. Sono coinvolti molti recettori, molte fibre e centri nervosi. Non si tratta dunque di un semplice arco riflesso. C’è una interazione ed una elaborazione complessa degli stimoli ricevuti, fra più centri, appartenenti al paleoencefalo (ipotalamici) ed al neoecenfalo (corticali). Fra questi centri c’è uno scambio di messaggi e reciproche influenze. Dunque, per un sentimento è essenziale la ricezione, la trasmissione e l’elaborazione centrale degli stimoli. Questi fenomeni sono legati a neurotrasmettitori: sono fatti concreti che possono essere osservati. Le tecnologie attuali, la RMN, la PET, la TAC, hanno dimostrato quali siano le aree in attività, quando si prova un forte sentimento (ed anche ogni altra attività encefalica, dal pensiero al movimento). All’elaborazione dei messaggi ci sono molte possibili risposte. Basta una variazione, anche minima, delle condizioni, per avere risposte diverse o anche opposte.
Dunque, come definire i sentimenti? Una possibile definizione è: “stati d’animo conseguenti a sensazioni, persistenti oltre la situazione d’origine, che hanno subito una complessa elaborazione, in cui è stato coinvolto l’intero individuo”. Infatti, vengono coinvolte, in questo processo, genetica e cultura, la situazione ormonale ed emotiva; perfino lo stato di salute, in generale, del soggetto. Conseguentemente, i sentimenti non possono essere provocati con una droga o un farmaco. Tuttavia, la ripetizione degli stimoli può creare condizioni predisponenti. Per esempio, può creare condizioni ormonali, ma anche circuiti neurologici facilitati, facendo passare più volte gli stimoli attraverso le stesse vie. Le condizioni ormonali ed i circuiti facilitati sono importanti. In condizioni di facilitazione, gli stimoli percorrono preferenzialmente le vie già percorse più volte. Il piacere (sensazione) non è la felicità (stato sentimentale), ma la ripetizione del piacere; influenzata anche dalla situazione dell’organismo, cioè dai fattori precedentemente elencati, può predisporre ad uno stato mentale persistente più o meno a lungo. Se le condizioni sono favorevoli, una serie di sensazioni può provocare uno stato mentale persistente.
Se gli stimoli sensoriali sono identici, è evidente che strutture anatomiche analoghe ed una fisiologia simile producano effetti simili, ma sempre sentimentali, nell’uomo e negli altri animali. Tuttavia, gli effetti di stimoli sensoriali uguali sono certamente diversi tra le varie specie, individui, e perfino nello stesso individuo, in momenti e condizioni differenti. Alcuni sentimenti possono essere più forti, più duraturi, più intensi in alcune specie, perchè modulati dal livello culturale posseduto. Per esempio: i sentimenti del cane e del gatto sono diversi da quelli dell’uomo. Nel caso di un abbandono temporaneo da parte di un uomo, cane e gatto non sanno se l’uomo tornerà. Nel caso di morte, cane e gatto non sanno che non potrà tornare. I sentimenti di abbandono e di speranza provati sono più intensi; più che fra uomo ed uomo, perchè l’uomo sa se il compagno, parente od amico, tornerà. I sentimenti provati dai cani sono addirittura diversi a seconda dei comportamenti abituali dei “padroni” cioè delle sensazioni che i cani hanno ricevuto. I cani abbaiano addirittura in modo diverso da paese a paese, a seconda dell’educazione e delle sensazioni ricevute. Anche la durata dei sentimenti è diversa fra uomini e altri animali. Alcuni sembrano però ricordare il loro “padrone”, per anni. Comunque la durata media dei sentimenti, per esempio quelli materni, è minore di quella delle madri umane.
I sentimenti fanno parte delle elaborazioni più antiche dell’encefalo. I sentimenti più alti, come il desiderio di verità, la ricerca di equità, la ricerca del trascendente, sono nati prima del ragionamento razionale su questi argomenti. Lo stesso sentimento di solidarietà fra uomo ed altri animali si è basato sull’emotività e non solo sulla razionalità, ma anche sulle modificazioni indotte per via epigenetica dalla lunghissima coesistenza.
Comunque razionalità, coscienza e sentimenti, non sono aree completamente diverse e separate. Noi possediamo una personalità, dovuta sia ai sentimenti che alla razionalità, influenzata per entrambi sia dalla genetica che dalla cultura. Gli studi di J. Goodal hanno dimostrato una fondamentale analogia fra uomo e scimpanzè. Qualcuno potrebbe anche dire che queste osservazioni sono viziate da antropomorfismo. In realtà, non è antropomorfismo notare che anatomia e fisiologia sono estremamente simili nell’uomo e nello scimpanzè, anche se non uguali. Le conseguenze di quanto detto sono di notevole rilevanza. I sentimenti sono nati dalle sensazioni, ma dall’elaborazione delle sensazioni stesse e degli stati sentimentali è nato il pensiero. Perfino le religioni sono nate da sentimenti che hanno prodotto razionalizzazioni o pseudorazionalizzazioni di fatti osservati e di sentimenti provati. Infatti, sono state dei tentativi di dare ordine e senso ai sentimenti di paura e precarietà, alle speranze, alle aspirazioni degli uomini. In poche parole, si è tentato di dare una spiegazione a tutto ciò che non si riusciva a comprendere.
I fatti dimostrano che i sentimenti non sono assoluti, ma relativi ad una molteplicità di fattori. Nella comprensione dei sentimenti, i neuroni specchio, recentemente scoperti, hanno grande importanza e ci spiegano alcune analogie fra uomo ed altri animali (Bering G., “Il topo che rideva”). Questi neuroni hanno un ruolo nella modulazione dei sentimenti e dell’empatia. I neuroni specchio esistono anche negli animali superiori. Grandi cellule fusate, connesse con fenomeni empatici, sono state identificate anche nelle balene, dove sono addirittura più numerose che nell’uomo.
Possiamo dunque dire che i sentimenti sono un aspetto del nostro processo cognitivo, il quale esiste anche negli animali superiori. Alcune osservazioni sono importanti: la stessa esistenza dei neuroni specchio spiega perché l’empatia esista anche fra uomo ed altri animali; fra altri animali ed uomo. Gli animali a noi più vicini provano le stesse emozioni e sentono addirittura le nostre emozioni. Sentono perfino la gravità, l’intensità della tristezza e del dolore fisico dell’uomo, come hanno dimostrato gli studi su malati con gravi dolori. Come potrebbero il cane e il gatto di casa sentire le nostre emozioni, se non le avessero provate? E’ stato anche dimostrato che non solo cani e gatti ma perfino i topi ridono. Per i topi è stato dimostrato un particolare tipo di risata, per ogni stato sentimentale (gioia, scherno, superiorità), in analogia con quanto avviene nell’uomo.
Tuttavia, nonostante tutte le prove, non manca chi nega i sentimenti degli animali. Questa negazione, è espressione di un pregiudizio etico specista, a favore della specie umana. Si tratta di un pregiudizio rassicurante, che lusinga la vanità dell’uomo. E’ un tentativo di razionalizzazione del nostro crudele comportamento verso gli altri animali, perché stabilisce una incolmabile superiorità dell’uomo rispetto a tutti gli altri viventi. Secondo questa ipotesi, l’animale sarebbe puro istinto, privo di razionalità, privo di sentimenti, privo di autocoscienza. Questa incolmabile superiorità è un errore. Perfino se fosse vera, non potremmo dimenticare che gli istinti sono pulsioni verso comportamenti, trasmessi per via genetica, ma sempre sulla base di esperienze ripetute, che hanno provocato o facilitato quei comportamenti, oppure attraverso mutazioni, oppure per via epigenetica. Tutto questo rende scientificamente assurda l’affermazione che gli animali non abbiamo sentimenti, ma anche che siano privi di razionalità e di autocoscienza. E’, inoltre, assurdo pensare che le differenze fra uomini e altri animali siano incolmabili. Questa affermazione nega l’evoluzione ed attribuisce agli autori stessi la capacità di indovinare il futuro.
Non è sensato negare l’esistenza né di sentimenti né di razionalità ad animali che possiedono le stesse strutture dell’uomo e che hanno una fisiologia simile. Questi aspetti dell’attività encefalica sono strettamente legati e posseduti sia da uomini che da altri animali, anche se in modo diverso. Tutto questo è solo la constatazione di fatti: le analogie anatomiche e fisiologiche. Il meccanismo di origine delle sensazioni, dei sentimenti e dei pensieri, è analogo. Dunque, è chiaro che, senza sensazioni, non ci sarebbero i sentimenti; senza sentimenti, la razionalità sarebbe amputata di una parte rilevante*. Non solo i sentimenti nascono dall’elaborazione delle sensazioni, ma dall’elaborazione di queste e dagli stati sentimentali nasce la razionalità. Il pensiero razionale è contemporaneo, o successivo, ai sentimenti.
L’analogia di strutture e di funzionamento, fra uomo ed altri animali, indica l’esistenza di analogie, anche nell’attività mentale. Esistono constatazioni innumerevoli ed evidenti dello stato di soddisfazione, amicizia, antipatia, tristezza, lutto, anche negli animali superiori. Dunque, ragionando sull’anatomia, sulla fisiologia, sulla genetica, sulla cultura, appare evidente la correlazione esistente fra sentimenti e razionalità. Del resto, è noto che l’encefalo non è costituito da una serie di circuiti indipendenti: la corteccia e l’ipotalamo sono strettamente legati. Gli stimoli, dal recettore periferico, vanno al midollo spinale, prendono la via spino-bulbo-ponto-talamo-conticale. Nella corteccia vengono elaborati e tornano al talamo; vanno anche ai nuclei della memoria e vengono confrontati con stimoli precedenti, generando una risposta che tiene conto delle elaborazioni già effettuate. La risposta può essere semplice: per esempio motoria, ma l’elaborazione, il confronto con precedenti stimoli, può generare uno stato d’animo persistente, cioè un sentimento e modificare la risposta. Il coinvolgimento dei centri della memoria – specialmente dell’Amigdala – è essenziale, perché lo stimolo può essere ricordato, anche in assenza di stimolazione successive. Il ricordo fa sì che le sensazioni siano avvertite, anche in assenza di stimolo periferico. Questi fatti collegano fra loro sentimentalità, razionalità ed autocoscienza. Tutte sono anatomicamente e fisiologicamente legate, attraverso i centri della memoria. La memoria è l’elemento centrale.
Tutti sanno che i ragionamenti razionali vengono ricordati più facilmente, se suscitano un’emozione. L’emozione provata nel guardare il cielo stellato rende affascinante, indelebile, comprensibile la legge di gravitazione universale. Questo ragionamento può essere fatto anche al contrario: tutti sanno che un forte sentimento si imprime stabilmente nella memoria. Nessuno dimentica il suo primo amore. Non basta: questi fatti spiegano anche l’autocoscienza. Le sensazioni, portate all’Amigdala ed impresse nella memoria, permettono un confronto cronologico fra il prima e il dopo, contemporaneamente al confronto fra stimoli propriocettivi. Questi ultimi permettono, invece, un confronto spaziale. Avviene cioè un confronto tra gli stimoli portati da una parte del sé e le altre parti, contemporaneamente al confronto cronologico. Questo confronto permette al sé di riconoscere il prima e il dopo; permette ad una parte di vedere il tutto ed al tutto di vedere una parte. I centri della memoria sono lo specchio dove il self vede se stesso e lo discrimina dal non self. Cioè sono i centri dove il self acquisisce la coscienza di sé. I sentimenti sono legati con la razionalità e l’autocoscienza attraverso la memoria, che ha un ruolo fondamentale. L’intelligenza dunque ha una componente, un aspetto sentimentale ed i sentimenti hanno una componente razionale, anche se la sentimentalità non è necessariamente intelligente. Anche nel caso della razionalità ci sono osservazioni che possono essere sensoriali (per esempio visive), le quali vengono elaborate e confrontate con quanto si trova già nella memoria, come abbiamo detto per i sentimenti. La memoria gioca perciò un ruolo fondamentale nel rapporto fra sentimentalità, razionalità ed autocoscienza.
L’intelligenza, dunque, è sentimentale, ma la sentimentalità non è necessariamente e completamente razionale. Una sentimentalità totalmente priva di intelligenza escluderebbe la corteccia, identificando uno sciocco, così come una intelligenza priva di sentimentalità identificherebbe non una forma superiore di comprensione, bensì una forma limitata e molto pericolosa. In tutto questo, esiste una grande variabilità individuale, perché l’encefalo non si è evoluto come una serie di programmi, di software separati. Le differenze esistenti, anche se minime, spiegano perché razionalità e sentimentalità non siano uguali, perfino nei gemelli omozigoti.
Tutto il complesso delle nostre conoscenze, dimostra che gli altri animali non solo hanno sentimenti, ma elaborano cultura, perché ricevono stimoli, li ricordano ed apprendono. Esempi classici sono i merli inglesi, che appresero in pochissimo tempo a forare i tappi delle bottiglie di latte, con il becco. Più recentemente i macachi di Koshima hanno imparato a mangiare le patate, dopo averle pulite e salate con l’acqua del mare.
In conclusione possiamo dire che i sentimenti sono un aspetto del nostro processo cognitivo, delle nostre relazioni con l’ambiente e del nostro processo evolutivo, che permette la sopravvivenza della specie e degli individui. Tutto questo vale per l’uomo ma anche per gli animali a noi più vicini geneticamente.
Molte intuizioni di grandi del passato, come Lucrezio, Voltaire, gli empiristi, sono state oggi dimostrate. L’esistenza di idee e sentimenti innati, alla luce di quanto oggi sappiamo dalle neuroscienze, significa solo che provengono dalla nostra genetica, cioè dalle variazioni, nel corso del tempo, del genoma.
La fine del modo di pensare precedente è stata una svolta fondamentale del pensiero. Si è passati dal credere al pensare.
Bruno Fedi è cofondatore del Movimento Antispecista, già docente di Medicina e Chirurgia all’Università La Sapienza di Roma