Le api hanno sufficienti risorse cognitive per formare mappe mentali dell’ambiente in cui si trovano e orientarsi così durante il volo. Lo dimostra uno studio in cui gli insetti sono stati anestetizzati istantaneamente e trasferiti in un punto diverso dell’ambiente al loro familiare. Ciò nonostante, riuscivano a ritrovare la strada per arrivare all’obiettivo prefissato prima della cattura(red)
Come fanno le api a orientarsi? Uno degli elementi di riferimento è certamente il Sole, come dimostrato in passato da alcuni studi. Questi insetti però possono contare anche su una capacità molto più fine: sono in grado di costruirsi una mappa mentale dell’ambiente che esplorano, come ha dimostrato uno studio appena pubblicato sui “Proceedings of the National Academy of Sciences” da James F. Cheeseman e colleghi dell’Università di Auckland, in Nuova Zelanda. Questa scoperta ha conseguenze rilevanti per la comprensione dell’evoluzione delle capacità cognitive perché dimostra che sono presenti in certa misura anche negli invertebrati.
Tutti i mammiferi generano e conservano mentalmente una mappa cognitiva dell’ambiente in cui si muovono e aggiornano continuamente questa mappa, via via che esplorano un territorio. Questo processo consente una capacità di orientamento notevole e cruciale per la sopravvivenza. Ma una capacità del genere presuppone una sufficiente quantità di risorse cognitive, emerse a un certo punto nell’evoluzione, che le specie animali più semplici non hanno.
In particolare, dalle le ricerche nel campo della psicologia cognitiva, delle neuroscienze e della filosofia della mente è emerso un modello sofisticato, secondo cui nei mammiferi la regione cerebrale responsabile di queste capacità sarebbe l’ippocampo. Anche gli invertebrati tuttavia dimostrano notevoli capacità di orientamento, ma hanno anch’essi una mappa mentale basata sulla memorizzazione del paesaggio? La questione è stata oggetto di un dibattito innescato dai risultati di alcuni test sul campo.
Tutti i mammiferi generano e conservano mentalmente una mappa cognitiva dell’ambiente in cui si muovono e aggiornano continuamente questa mappa, via via che esplorano un territorio. Questo processo consente una capacità di orientamento notevole e cruciale per la sopravvivenza. Ma una capacità del genere presuppone una sufficiente quantità di risorse cognitive, emerse a un certo punto nell’evoluzione, che le specie animali più semplici non hanno.
In particolare, dalle le ricerche nel campo della psicologia cognitiva, delle neuroscienze e della filosofia della mente è emerso un modello sofisticato, secondo cui nei mammiferi la regione cerebrale responsabile di queste capacità sarebbe l’ippocampo. Anche gli invertebrati tuttavia dimostrano notevoli capacità di orientamento, ma hanno anch’essi una mappa mentale basata sulla memorizzazione del paesaggio? La questione è stata oggetto di un dibattito innescato dai risultati di alcuni test sul campo.
In questi esperimenti, un’ape diretta verso un certo obiettivo, per esempio l’alveare, veniva catturata e poi liberata dai ricercatori in un altro punto, all’interno dello stesso ambiente. Se gli insetti avessero una vera e propria mappa cognitiva dell’ambiente, avrebbero dovuto riconoscere gli elementi visivi presenti nel paesaggio, cogliere le differenze con quello visualizzato prima della cattura e “ricalcolare” il percorso per arrivare all’obiettivo.Invece, una volta lasciate libere, le api riprendevano il volo nella stessa direzione in cui stavano volando prima della cattura. Questo indicherebbe che le api non hanno una vera e propria mappa mentale dell’ambiente in cui sono inserite basata sul ricordo di esperienze passate. Studi ulteriori e più raffinati, basati su tecniche di rilevazione del volo, hanno però evidenziato che in questo tipo di test in realtà le api non perdono completamente la strada. Dopo un iniziale disorientamento, si accorgono di non riuscire a raggiungere l’obiettivo e sanno riprendere la via corretta, il che farebbe propendere per l’ipotesi della mappa mentale cognitiva.
Alcuni autori hanno elaborato uno scenario alternativo: le api avrebbero una forma elementare di mappa mentale. In sostanza, catturerebbero “istantanee” visive dell’ambiente in cui si muovono. In queste istantanee, la direzione dell’obiettivo sarebbe associata alla posizione del Sole.
In questo studio, Cheeseman e colleghi hanno voluto verificare questo modello introducendo nel test di disorientamento un ulteriore elemento per confondere le api. Queste infatti venivano addormentate con un anestetico istantaneo. Al risveglio, gli insetti si trovavano in un altro punto e con la posizione del Sole notevolmente cambiata rispetto a prima dell’anestesia. Ciò nonostante, le api hanno dimostrato di riuscire a riprendere la strada verso l’obiettivo.
Esclusa questa ipotesi intermedia, secondo gli autori i dati sperimentali sono sufficienti a confermare l’ipotesi della mappa mentale. Le api hanno dunque sufficienti risorse cognitive per costruirsene una e orientarsi così durante il volo.
Alcuni autori hanno elaborato uno scenario alternativo: le api avrebbero una forma elementare di mappa mentale. In sostanza, catturerebbero “istantanee” visive dell’ambiente in cui si muovono. In queste istantanee, la direzione dell’obiettivo sarebbe associata alla posizione del Sole.
In questo studio, Cheeseman e colleghi hanno voluto verificare questo modello introducendo nel test di disorientamento un ulteriore elemento per confondere le api. Queste infatti venivano addormentate con un anestetico istantaneo. Al risveglio, gli insetti si trovavano in un altro punto e con la posizione del Sole notevolmente cambiata rispetto a prima dell’anestesia. Ciò nonostante, le api hanno dimostrato di riuscire a riprendere la strada verso l’obiettivo.
Esclusa questa ipotesi intermedia, secondo gli autori i dati sperimentali sono sufficienti a confermare l’ipotesi della mappa mentale. Le api hanno dunque sufficienti risorse cognitive per costruirsene una e orientarsi così durante il volo.
Api perdono la memoria se ingeriscono pesticida ( Testo del 02.03.2016)
Studio in Nuova Zelanda, allarme anche per quantità minime
ROMA – Le api soffrono di gravi deficit di apprendimento e di memoria dopo l’ingestione di dosi minime del pesticida clorpirifos, che può potenzialmente metterne a rischio la sopravvivenza. È l’esito cui è giunto uno studio neozelandese secondo il quale le api subiscono danni anche a dosi del pesticida considerate “sicure”.
I ricercatori dell’Università di Otago hanno raccolto api da 51 alveari di 17 località nella Nuova Zelanda del Sud misurandone la presenza di clorpirifos e osservando che il pesticida era presente a bassi livelli in 3 siti e 51 arnie. A questo punto gli scienziati hanno somministrato le stesse dosi ad api in laboratorio e poi le hanno sottoposte a test di apprendimento.
Così hanno osservato che le api che avevano ricevuto il trattamento avevano prestazioni peggiori nel ricordare quali odori ricevevano una ricompensa positiva rispetto ad altri.
Elemento che potrebbe avere conseguenze, secondo gli scienziati, nel meccanismo di memoria grazie al quale le api puntano i fiori per il loro nettare. Lo studio per la prima volta stabilisce anche la soglia alla quale il pesticida incide sulla memoria delle api: 50 picogrammi (50 bilionesimi di grammo). Quantità piccola che è quella in media misurata nelle api prelevate in natura e non alimentate in laboratorio. Dunque i ricercatori sottolineano che l’uso del pesticida dovrebbe essere regolamentato non solo tenendo conto degli effetti letali che ha sulle api, ma anche dei livelli minimi che provocano danni agli insetti mettendone comunque a rischio la sopravvivenza. (ANSA).
FONTE
ROMA – Le api soffrono di gravi deficit di apprendimento e di memoria dopo l’ingestione di dosi minime del pesticida clorpirifos, che può potenzialmente metterne a rischio la sopravvivenza. È l’esito cui è giunto uno studio neozelandese secondo il quale le api subiscono danni anche a dosi del pesticida considerate “sicure”.
I ricercatori dell’Università di Otago hanno raccolto api da 51 alveari di 17 località nella Nuova Zelanda del Sud misurandone la presenza di clorpirifos e osservando che il pesticida era presente a bassi livelli in 3 siti e 51 arnie. A questo punto gli scienziati hanno somministrato le stesse dosi ad api in laboratorio e poi le hanno sottoposte a test di apprendimento.
Così hanno osservato che le api che avevano ricevuto il trattamento avevano prestazioni peggiori nel ricordare quali odori ricevevano una ricompensa positiva rispetto ad altri.
Elemento che potrebbe avere conseguenze, secondo gli scienziati, nel meccanismo di memoria grazie al quale le api puntano i fiori per il loro nettare. Lo studio per la prima volta stabilisce anche la soglia alla quale il pesticida incide sulla memoria delle api: 50 picogrammi (50 bilionesimi di grammo). Quantità piccola che è quella in media misurata nelle api prelevate in natura e non alimentate in laboratorio. Dunque i ricercatori sottolineano che l’uso del pesticida dovrebbe essere regolamentato non solo tenendo conto degli effetti letali che ha sulle api, ma anche dei livelli minimi che provocano danni agli insetti mettendone comunque a rischio la sopravvivenza. (ANSA).
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