Tanto mio nonno Francesco che il nonno di Arihanna, Antonio, sono nati a Taranto, città che non abbiamo ancora visitato… e forse è tempo di rimediare! In attesa di un periodo propizio per organizzare una gita… iniziamo a studiare un po’ della cultura di parte delle nostre origini!
Seconda città della regione per popolazione e terza città più grande del sud Italia peninsulare, con l’intera area urbanizzata di circa 318 000 abitanti, situata nel Mare Ionio sull’omonimo golfo, è soprannominata la Città dei due mari, per la sua peculiare posizione a cavallo di Mar Grande e Mar Piccolo. La città è fisicamente divisa in tre parti: il Centro storico di Taranto o città vecchia è situato su un’isola, collegata da un’estremità attraverso il ponte di pietra che dà al quartiere industriale e dall’altro estremo dell’isola attraverso il ponte girevole porta al Borgo Umbertino. Nella rada del mar Grande, nei pressi delle Isole Cheradi, antistanti la città, vive e prospera una storica popolazione di delfini e altri cetacei; nel mar Piccolo è praticata da secoli e in larga scala la mitilicoltura, i cui prodotti sono noti a livello mondiale per la loro unicità.
Fondata dagli Spartani nell’VIII secolo a.C. col nome di Taras, grazie alla sua posizione strategica al centro dell’omonimo golfo, alla fertilità del suo territorio e al commercio, la città divenne una delle più importanti póleis della Magna Grecia. Fu l’ultima città magnogreca a cadere in seguito all’espansione romana, non prima di aver ingaggiato con essa un conflitto durato 5 anni, passato alla storia col nome di Guerre Pirriche. Pur sconfitta, continuò a esercitare una importante influenza culturale sul resto dell’Italia meridionale e sulla stessa Roma, entrando a far parte dell’immaginario collettivo del tempo come luogo contraddistinto da opulenza e da grandi bellezze naturali, celebrate da Orazio, da Virgilio e numerosi altri autori. Nel periodo normanno, divenne capitale del Principato di Taranto, che durante i suoi 377 anni di storia arrivò a comprendere parte della Terra di Bari e la quasi totalità del Salento. L’influenza della città nel basso medioevo fu notevole nel campo musicale e marinaresco, in tutto il Regno di Spagna: si riflette nel Flamenco Taranto, danza tipica di Siviglia, o nel “tarantello” di tonno, taglio pregiato e diffuso in tutto il mediterraneo e soprattutto in Andalusia, originario di Taranto.
Origine del nome
L’inquadramento etimologico del nome della città di Taranto è tutt’altro che facile. Il toponimo Taras (in greco antico: Τάρας?), primo nome della città, è strettamente collegato alla colonizzazione ellenica della Magna Grecia che si ebbe a partire dall’VIII-VII secolo a.C. con le colonie ioniche e doriche: oltre che sulle monete magno-greche risalenti al periodo di massimo splendore della città, il toponimo compare anche sulla Mappa di Soleto, la più antica mappa geografica occidentale proveniente dall’antichità classica, incisa su un piccolo frammento di un vaso attico smaltato di nero.
Taras era una figura della mitologia greca, figlio di Poseidone e della ninfa Satyria, il cui nome è ascrivibile ad una radice protoindoeuropea dal significato di “albero”.
Tuttavia, non è possibile del tutto escludere la derivazione del toponimo dal nome del fiume Tara.
Antichità
La cronologia tradizionale assegna la data della fondazione di Taranto al 706 a.C. Le fonti tramandate dallo storico Eusebio di Cesarea, parlano del trasferimento in questa zona dello spartano Falanto, figlio del nobile Arato e discendente di Eracle di VIII generazione, e di altri compatrioti detti Parteni, per necessità di espansione o per questioni commerciali. Questi, approdando sul promontorio di Saturo e fissando i primi insediamenti portarono una nuova linfa di civiltà e di tradizioni. La struttura sociale della colonia sviluppò nel tempo una vera e propria cultura aristocratica, la cui ricchezza proveniva, probabilmente, dallo sfruttamento delle risorse del fertile territorio circostante, che venne popolato e difeso da una serie di phrouria tra le quali Pezza Petrosa, piccoli centri fortificati in posizione strategica. Taranto ha quindi origini antichissime. Durante il periodo della colonizzazione greca sulle coste dell’Italia meridionale, la città fu tra le più importanti della Magna Grecia. In quel periodo, infatti, divenne una potenza economica militare e culturale, che diede i natali a filosofi, strateghi, scrittori e atleti, diventando anche sede della scuola pitagorica tarantina, la seconda più importante dopo quella di Crotone. A partire dal 367 a.C., fu la città più potente tra quelle che costituirono la Lega italiota. Nel 281 a.C. entrò in conflitto con Roma (guerra tarentina) insieme al suo alleato Pirro, Re dell’Epiro, ma capitolò definitivamente nel 272 a.C.. Durante la seconda guerra punica, Taranto aprì le porte ad Annibale nel 212 a.C., ma fu punita tre anni dopo con la strage dei suoi cittadini e col saccheggio quando Fabio Massimo la riconquistò. Nel 125 a.C. vi fu dedotta una colonia romana (colonia neptunia), mentre nel 90 a.C. fu eretta a Municipium con la Lex municipii Tarentini. Nel periodo neroniano Taranto viene scelta come meta di stanziamento di una grande quantità di veterani di guerra che militarono in diverse legioni, tra cui la V Macedonica, la XII Fulminata e la IIII Scythica.
Simboli
Lo stemma civico di Taranto fu riconosciuto ufficialmente con decreto del Capo del Governo del 20 dicembre del 1935:
«D’azzurro, al delfino nuotante e cavalcato da un dio marino nudo sostenente nel braccio sinistro un panneggio svolazzante e con la destra scagliante il tridente; al capo cucito di rosso centrato, caricato della conchiglia d’oro, posta fra la leggenda ΤΑΡΑΣ (Taras)»
Il giovane dio a cavallo del delfino raffigurato sullo stemma si ispira a quello delle monete magno-greche del periodo di massimo splendore della città.
Nel 1589, una precedente versione dello stemma raffigurante un uomo adulto coronato a cavallo di un delfino, reggente nella mano destra un tridente e nella mano sinistra uno scudo con sopra uno scorpione al posto dell’attuale drappo, sostituì a sua volta l’antico stemma raffigurante uno scorpione suggerito da Pirro, e che attualmente è utilizzato come simbolo della provincia ionica.
Il gonfalone è un drappo troncato di azzurro e di rosso.
Architetture religiose
Architetture civili
Il Ponte di Porta Napoli (o Ponte di Pietra) di Taranto è la struttura in pietra che sovrasta il canale naturale a nord-ovest della città. Lungo 115 metri e largo 16 metri, con tre sole arcate, è dedicato a Sant’Egidio da Taranto (fedele seguace della regola francescana). L’odierno ponte fu costruito nel 1883, dopo un’alluvione che distrusse il ponte di sette arcate costruito nel X secolo per volere di Niceforo II Foca, utilizzando anche materiali provenienti dal precedente. Il mare si elevò per circa tre metri entrando in tutte le case della città vecchia, l’innalzamento delle acque determinò il crollo del ponte e subito dopo l’alluvione, per collegare l’isola alla terraferma, fu costruito un ponte di legno provvisorio. L’antico ponte, per meglio proteggere la città dalle frequenti incursioni esterne, era stato fortificato nel 1404 con la costruzione sulla Piazza Grande, ora Piazza Fontana, di una torre e della “Cittadella”, un grosso mastio quadrato cinto di mura e fiancheggiato da due torrioni.
Ponte San Francesco Da Paola (o Ponte Girevole) e canale navigabile
In diverse epoche i popoli al potere realizzarono nel luogo dell’attuale canale navigabile dei fossati per rafforzare la difesa di quella che era definita “Porta Lecce”. Nel 1481 Ferdinando I d’Aragona, vedendosi minacciato dai Turchi, realizza un canale detto ‘Fosso’, rafforzando le difese della città. Filippo II, successivamente, incrementò l’ampiezza del canale e lo rese effettivamente navigabile. Il passaggio tra la Città vecchia e la sponda a Sud era garantito tramite una struttura mobile in legno, ovvero tramite un ‘ponte’ smontabile in caso di attacco. La scarsa manutenzione, portò ben presto al riempimento di materiale sabbioso del canale. Per la sua riapertura, si deve attendere il 1755, con l’intervento di Carlo II. Ferdinando I di Borbone migliorò ancora le condizioni del Canale riattivato e nella parte nord fece costruire un ponte, questa volta in muratura, denominandolo “Ponte di Porta Lecce”. Dopo l’Unificazione d’Italia, iniziò lo studio della rada del Mar Piccolo, al fine della costruzione dell’Arsenale della Regia Marina Militare. Venne valutata l’opportunità di ingrandire il Canale, per consentire il passaggio delle Navi da Guerra, favorendone il riparo nella naturale ansa del Golfo di Taranto. Pertanto, nel 1885 il vecchio “Ponte di Porta Lecce” fu demolito. Fu realizzato il miglioramento definitivo del Canale Navigabile, portandolo a una lunghezza di 400 metri, una larghezza di circa 70 e una profondità di 12. Fu quindi avviata la costruzione del Ponte Girevole, un’opera di ingegneria meccanica volta a consentire e controllare il passaggio delle grandi navi da guerra e a unire (o all’occorrenza, separare) il borgo antico con il borgo nuovo. Costruito dall’Impresa industriale italiana di costruzioni metalliche di Alfredo Cottrau, su progetto dell’Ing. Messina, era originariamente costituito da un grande arco a sesto ribassato in legno e metallo, diviso in due braccia che giravano indipendentemente l’una dall’altra attorno a un perno verticale posto su uno spallone. Il funzionamento avveniva grazie a turbine idrauliche alimentate da un grande serbatoio posto sul Castello Aragonese. L’inaugurazione del Ponte avvenne il 22 maggio 1887, per opera dell’ammiraglio Ferdinando Acton.
Il Ponte e il Canale sono stati oggetto di numerosi restauri. Nel 1957 il funzionamento di tipo ‘idraulico’ fu sostituito con un funzionamento di tipo elettrico, ma mantenendo di fatto inalterati i principi ingegneristici. Il nuovo ponte fu inaugurato dal presidente della Repubblica Giovanni Gronchi il 10 marzo 1958, e venne intitolato a San Francesco da Paola, protettore delle genti di mare.
Ponte Punta Penna Pizzone
Il Ponte Punta Penna, il ponte che divide i seni del Mar Piccolo.
Il Ponte Punta Penna Pizzone, conosciuto anche come Ponte Aldo Moro, è la struttura che congiunge Punta Penna con Punta Pizzone, nel punto in cui un restringimento naturale crea i due seni del Mar Piccolo. Inaugurato il 30 luglio 1977, è lungo 1.909 metri e raggiunge l’altezza di 45 metri sul livello del mare. Fu realizzato in calcestruzzo precompresso su progetto dell’ing. Giorgio Belloni, e costò all’epoca quasi 26 miliardi di lire per la sola realizzazione, più altri 15 miliardi di lire per l’esecuzione dei lavori di viabilità secondaria. La necessità di questa grande opera di ingegneria sorse alla fine degli anni sessanta, per sopperire ai problemi derivanti dal crescente traffico veicolare e dall’espansione urbanistica di Taranto. Rappresenta un determinante strumento viario per la città, in quanto permette un rapido collegamento delle periferie più a nord con quelle più a sud, soprattutto durante le procedure di apertura del Ponte Girevole per consentire il passaggio delle grandi navi militari, periodo in cui Taranto resta letteralmente divisa in due.
Il ponte, dedicato nel 2008 allo statista pugliese prematuramente scomparso Aldo Moro, è tra i più lunghi d’Europa e il più lungo ponte sull’acqua d’Italia.
Architetture militari
Aree naturali
Riserva Naturale Regionale Orientale “Palude La Vela”
La Palude “La Vela” è un’area naturale protetta di proprietà demaniale a valenza naturalistico-ambientale situata sulle sponde del mar Piccolo. L’ambiente è prevalentemente di tipo palustre, con canneto e macchia mediterranea, ampi acquitrini e zone periodicamente sommerse. L’avifauna è caratterizzata da una colonia stanziale di aironi cinerini, ma durante i mesi invernali la popolazione aumenta sensibilmente per numero e per specie: si segnalano infatti gru, cicogne, fenicotteri, volpoche, falco pescatore. Altri uccelli sia lacustri quali cigni reali, germani reali, folaghe, gabbiani reali e cormorani sia boschivi quali corvi, gazze, picchi, scriccioli, ghiandaie e i numerosi uccelli rapaci ne fanno un luogo perfetto per il birdwatching. I rettili come la tartaruga palustre, il cervone e la vipera sono comuni così come gli anfibi. I mammiferi sono costituiti da esemplari di roditori quali il topo quercino, l’arvicola, gli scoiattoli e le istrici e da altri animali quali volpi, faine, tassi, ricci e cinghiali. La flora presenta ampi salicornieti, orchidee spontanee e pinete di pino d’Aleppo. L’oasi funge principalmente da centro di irradiamento dell’avifauna che colonizza gradatamente le aree circostanti, ed è gestita dal WWF di Taranto, che svolge attività di divulgazione, monitoraggio e anti-bracconaggio.
Altro
Il mito di Falanto
Sul lungomare del Borgo Antico, un pannello in ceramica di 140 m² raffigura la leggenda della colonizzazione greca e della successiva nascita di Taranto. L’opera realizzata dell’artista Silvana Galeone su progetto del Centro Culturale Filonide, si ispira al mito dell’eroe spartano Falanto e al responso dell’Oracolo di Delfi da lui interpellato, il quale sentenziò: «Quando vedrai piovere dal ciel sereno, conquisterai territorio e città.». Falanto, vedendo piangere sua moglie Ethra, il cui nome in greco vuol dire “cielo sereno”, ritenne che l’oracolo si fosse avverato, e si accinse a fondare la sua città a cui diede il nome di Saturo, località ancora esistente a pochi chilometri dalla città.
Cucina
Le cozze sono allevate a Taranto tra mar Piccolo e mar Grande. Sono state inserite nel registro dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali Pugliesi dal Ministero delle Politiche agricole alimentari forestali e del turismo e dal 2022 la cozza nera Tarantina è presidio Slow Food[76]. Il peculiare sapore della cozza tarantina è dato dalle condizioni di salinità del mar Piccolo attraversato dai citri, sorgenti sottomarine d’acqua dolce in grado di ossigenare l’acqua e favorire lo sviluppo del plancton e dalle correnti d’acqua dolce del Galeso. I pali d’allevamento erano realizzati anticamente in legno di Sila. Già in epoca magnogreca e romana fonti letterarie[77] narrano della ricchezza e della bontà dei mitili della città dei due mari. Questa descrizione è stata ripresa anche nel corso del XVI e XVII secolo da autori come Tommaso Niccolò d’Aquino nelle sue “Deliciae Tarantinae”. A seguito dei rilievi e delle verifiche dell’inquinamento presente nel primo “seno” del mar Piccolo, la filiera legale delle cozze è stata spostata nel secondo “seno”. I prelievi e la classificazione delle acque sono al momento effettuati per singolo produttore, dando modo, così di certificare la sicurezza del prodotto[78][79][80]. Uno dei piatti tipici di Taranto è sicuramente le cozze alla puppitegna con aglio, olio e prezzemolo, ma anche l’impepata di cozze e i tubettini o gli spaghetti con le cozze.
Numerosi sono i riferimenti della cultura popolare alle cozze tarantine:
-Il gruppo di musica popolare Terraross la cita in “Giù al sud”, traccia dell’omonimo album.
-Il nuovo brand grafico della birra Raffo comprende anche lo slogan Don’t touch my cozza stampato sull’etichetta delle bottiglie.
-Rocco Papaleo la cita nel corso del celebre film interpretato da Checco Zalone, Che bella giornata.
Alcolici
La Birra Raffo è per antonomasia “la birra dei tarantini”.