Ricordo che mi dicevano, da piccolo, che mio nonno Francesco era di Sava, poco lontano da Taranto, città che non abbiamo ancora visitato… e forse è tempo di rimediare! In attesa di un periodo propizio per organizzare una gita… iniziamo a studiare un po’ della cultura di parte delle nostre origini!
Geografia fisica
Il territorio comunale è situato nel Salento settentrionale, in un’area collinare detta delle Murge tarantine; l’abitato è posto a circa 107 metri s.l.m.. Nell’agro savese verso Manduria ricade in parte il monte Bagnolo, un modesto rilievo alto 124 m s.l.m., tra i più alti delle Murge tarantine.
Storia
Alcuni studiosi fanno risalire il nucleo centrale del paese, costruito intorno al 1500, nel triangolo comprendente la chiesa Mater Domini, la chiesa della Croce e la chiesa Madre; nel perimetro comprese le vie: via Dante via Cesare Battisti via Bellinzona e via Benedetto Croce (quest’ultima doveva essere l’asse principale). In seguito, verso l’inizio del 1800, il paese ebbe una crescita dalla parte della chiesa Madre verso la chiesa di S. Cosimo e verso il monumento ai caduti (Piazza della Vittoria) con via Adua. L’antica via che conduceva a Taranto era la via Mazzini e Corso Umberto verso Lecce. Corso Vittorio Emanuele fu costruita dopo l’unità d’Italia.
Alcuni reperti ritrovati della contrada di Agliano, risalenti al 300 circa a.C., attestano la presenza greca nell’attuale territorio di Sava. Probabilmente si trattava dell’ultimo avamposto tarantino verso il Salento meridionale, popolato dai Messapi.
Sul finire del VII secolo d.C., con la spartizione del territorio pugliese tra bizantini e longobardi, lungo il confine venne costruito un limes noto come Paritoni o Limitone dei greci, una muraglia costruita a secco con pietre calcaree di modeste dimensioni. Il Limitone correva dalla costa adriatica a sud di Brindisi sino alla costa ionica: l’attuale territorio di Sava ne risultava attraversato dalla località La Zingara sino al Monte di Magalastro.
Il primo documento rintracciato dagli storici attraverso cui si può risalire alle origini del borgo di Sava, e nel quale si fa menzione dell’esistenza di questo paese, risale al 1417. Si tratta, nello specifico, di un assenso prestato dalla Regina Giovanna II al milite Ciccarello Montefuscolo, per comprare la Baronia di Uggiano con il suo Castello, con il Casale di Erchie, e i feudi di S. Vito e di S. Stefano e altri tenimenti. In questo documento si legge: … de ipsa Baronia Ogiani sita et posita in provintia terre Idrunti subscriptis finibus designatis videlicet casale et castrum sea fortellitium ogiani cum ipso feudo sancti viti iuxta territorium Mandurini, territorium Casalis Novi, iuxta territorium casalis Balneoli territorium Casalis Save et alios confines.
Nel 1417 esisteva dunque per certo il Casale di Sava ed era abitato. Risulterà poi disabitato nel 1454 a causa di incursioni da continue scorrerie durante le guerre di successione tra Angioini e Aragonesi; numerosi abitanti dei casali si rifugiarono nella più sicura contrada detta “i castelli”, da cui sarebbe sorta Sava verso la fine del XIV sec.. A causa di nuove incursioni anche il recente insediamento fu abbandonato tra il 1450 circa e il 1460, quando fu ripopolato dall’immigrazione di albanesi giunti al seguito del condottiero Giorgio Castriota Skanderbeg e riabitato verso la seconda metà del secolo XV. Sulla base dell’incrocio di questi dati con quelli relativi alla distruzione dei viciniori Casali di Aliano, Pasano e S. Maria di Bagnolo, il Coco fa risalire i primi insediamenti intorno al 1378, anno in cui a causa delle continue scorrerie causate dalle guerre di secessione tra Angioini ed Aragonesi, gli abitanti dei tre casali citati si rifugiano presso l’antico e semidistrutto centro denominato Castelli per fondare, appunto, Sava.
Sava sorge perciò sulle rovine di un diruto casale denominato Castelli (da non confondere con l’omonima antica area in agro di Manduria: era consuetudine antica infatti indicare con questo termine, dal latino “Castitia”, agglomerati abitati). Del Casale Castelli ci forniscono notizie Achille D’Elia attraverso un manoscritto andato perduto ma in parte citato dal Coco, e Pasquale Del Prete nella sua opera Il Castello federiciano di Uggiano Montefusco, nonché l’Arditi nella sua opera La corografia fisica e storica della Provincia di Terra d’Otranto, 1879 – pp. 548–549.
Sia il D’Elia che l’Arditi concordano nell’origine antichissima del Casale detto Castelli, a causa del rinvenimento di “monete della vecchia Orra, di Metaponto, ed altre molte primitive rinvenute miste con alcune della Repubblica Tarentina e con quelle romane del basso impero”. Il D’Elia riferisce di un’origine “messapica o salentina” dei Castelli a causa delle fondamenta, al suo tempo ancora visibili, “d’epoca evidentemente ciclopica” e di “certi cocci di una tal terraglia pesante come ferro del color della ghisa”. Riferisce inoltre di una visita al sito da parte del Prof. Viola direttore del Museo di Taranto nell’agosto 1889 nella quale il Viola attesta l’origine remotissima del sito (D’Elia, cit. da Coco).
Secondo sia la ricostruzione del D’Elia che quella del Del Prete, inoltre, i Castelli erano in comunicazione sotterranea con altri siti: per il D’Elia “con un piccolo fortino sito in contrada Specchiolla e forse anco con quello di Uggiano Montefusco, e di Manduria”, e ciò avrebbe provato secondo l’autore che essi rappresentassero “un intero sistema di fortificazioni ai confini dei due regni Messapico e Tarentino”. Il Del Prete cita a sua volta la comunicazione sotterranea dei Castelli con Uggiano Montefusco e con Pasano.
Tracce dell’antico casale sarebbero riferibili anche al periodo bizantino, e alla antica chiesa basiliana di S. Elia citata dal Lomarire. Documentazione fotografica riguardante il pavimento sotterraneo dell’antica cripta di S. Elia è fornita dal Lomarire nella sua opera.
Nel 1520 il feudo di Sava fu ceduto dalla famiglia Mayro di Nardò alla nobile famiglia leccese Prato, che ne resse le sorti fino al 1630.
Nel 1743 Sava, Aliano e Pasano passarono definitivamente ai Gesuiti con l’assenso di Carlo Borbone Re di Napoli. Nel 1767 fu soppressa la Compagnia di Gesù e il governo locale passò ai commissari regi.
Nel 1798 il nobile tarantino Giuseppe De Sinno acquistò dall’Azienda di Educazione le due masserie di Aliano e Pasano e più tardi molti altri beni, compreso il palazzo baronale con tutte le sue terre e le sue rendite.
Con le leggi eversive della feudalità di epoca napoleonica Sava ottenne l’autonomia comunale. Nel 1806 il comune divenne circondario del Distretto di Taranto, subordinato alla provincia di Terra d’Otranto. Tale suddivisione amministrativa comprendeva il comune di Sava con i borghi aggregati di Torricella e Monacizzo (che nel 1869 passarono a Lizzano), Fragagnano e San Marzano.
Nel 1810 Pietro d’Abramo divenne il primo sindaco.
Dopo l’unità d’Italia, la Terra d’Otranto cambiò nome in Provincia di Lecce ed i quattro distretti (Brindisi, Gallipoli, Lecce, Taranto) divennero circondari del Regno d’Italia. Nel corso del XX secolo il territorio della storica provincia venne smembrato. Furono istituite infatti nel 1923 la Provincia di Taranto e nel 1927 quella di Brindisi.
Sava, come i comuni limitrofi, è stata caratterizzata per buona parte del XX secolo da una forte emigrazione verso l’Italia settentrionale ed, in misura minore, verso l’Europa settentrionale.
Il 19 agosto 1976 un potente tornado colpì la città di Sava e le campagne circostanti, fino ad esaurirsi nei pressi di Manduria; il suo passaggio determinò precipitazioni molto intense e venti di fortissima intensità che causarono ingenti danni.
Le ipotesi sull’origine del toponimo “Sava” sono diverse, e talune anche assai disparate. Alcuni lo fanno risalire alle origini del borgo nato tra la fine del XIV e gli inizi del XV secolo sulle rovine del diruto Casale Castelli. Altri rintracciano un’origine molto più antica e indicante il perpetrarsi di un nome legato alle vicende dei luoghi e perciò coesistente con “Castelli”. Tra i sostenitori della prima ipotesi, l’Arditi fa derivare “Sava” dal termine Soave riferito alle qualità della terra e al clima. Il Colella lo riferisce a “Sava, plurale di Sabuum, che ha il significato di detrito arenoso”. Il Coco contesta e rigetta diverse ipotesi dopo averle illustrate, e propende per la derivazione dal cognome di una nobile famiglia salernitana di origini romane, la famiglia Sava. Tra i sostenitori delle origini molto più antiche del toponimo, il Pacelli, in un manoscritto rintracciato e citato dallo stesso Coco, riferisce le origini al termine “sapa” riferita ad una varietà di mosto cotto e ad un popolo tracio-illirico, i Sapei, che secondo il Pacelli (il quale riprende a sua volta dei passi di Plinio) si sarebbe portato da queste parti in antichità e sarebbe legato anche alla produzione di quella bevanda. Il Pichierri riprende e fa anche sua l’ipotesi del Pacelli, correggendo alcune critiche del Coco che a sua volta ha contestato il Pacelli. Orazio Desantis riferisce l’origine del nome Sava all’antico suffisso Sabh-Saf matrice di una pluralità di termini e di nomi di popolazioni italiche, riprendendo anche alcuni studi del Devoto. Cita poi il Parlangeli che nei suoi studi rintraccia i termini messapici Saba e Sabaziaro. Il Desantis ipotizza anche una connessione con la divinità traco-illirica Sabazios riproponendo così una delle ipotesi citate dal Coco e ritenute plausibili dall’erudito francescano ma poi scartate a favore di quella della derivazione dalla famiglia salernitana. A sostegno di queste ipotesi il Desantis cita invece, lo stanziamento di popolazioni tracio-illiriche nel territorio pugliese e ancora, la connessione Sabazios – Sapa – Sapei riallacciandosi così alle ipotesi del Pacelli e del Pichierri.
Architetture religiose
Chiesa Madre
Chiesa Madre è dedicata a San Giovanni Battista culto portato a Sava dai cavalieri Templari che avevano in feudo la vicina Maruggio. La costruzione della parte più antica, la navata centrale, risale al 1500. Originariamente caratterizzata da una navata unica, la struttura è stata ampliata nella seconda metà del settecento, aggiungendo due navate laterali e rendendo più lunga la navata centrale. Presso la navata laterale di destra si trovano le nicchie dedicate alla Madonna di Pasano e a San Giovanni Battista. Oggi si presenta con tre navate in stile barocco. La facciata fu rimaneggiata in stile neoclassico nella seconda metà dell’Ottocento. Il prospetto è definito da quattro semi-colonne che terminano con capitelli, mentre al livello superiore, al posto di un rosone, è presente un orologio. Il campanile è uno tra i più belli per raffinatezza, eleganza di tutto l’Alto e Basso Salento. Costruito nel 1782, è in stile tardo barocco ed è alto mt 43.
Ex Chiesa di Santa Filomena
La costruzione di questa cappella, situata ad un crocevia e nei pressi di una strada che porta il nome di via Santa Filomena, risale alla fine dell’800. Detta ex chiesetta figura nell’elenco delle chiese fornito dal Coco nella sua opera “Cenni Storici di Sava”, tuttavia egli specifica che è “ridotta da poco tempo ad abitazione privata”[19] Se ne deve dedurre che la cappella fu dismessa non molto prima del 1915, data di pubblicazione del lavoro del Coco. Non abbiamo notizie certe rispetto alla data di dismissione della Cappella e non sappiamo per certo se in essa mai si officiò, date peraltro le controversie sorte intorno alla figura di questa santa che verrà eliminata con la revisione del Martirologio Romano avvenuta nel 1961, nonostante le fosse dedita una forte devozione popolare specialmente al sud
Colonna di San Giovanni
La Colonna di San Giovanni Battista, posta in piazza San Giovanni, nel centro del paese e di fronte alla chiesa, fu realizzata su progetto del savese Luciano Cavaliere fra il 1895 ed il 1896, in tufo locale, in sostituzione di una precedente piccola colonna cilindrica. La guglia è suddivisa in cinque piani modanati che riportano in bassorilievo delle decorazioni quali scanalature verticali, fiori stilizzati e volute. Sulla sommità è posta una piccola statua di San Giovanni Battista, protettore di Sava.
Nell’articolo di Salvatore Panareo I santi nella tradizione popolare pugliese del 1934, pubblicato sulla rivista Japigia (a. 5, fasc. 1-2 , 1934, Cressati) a pagina 162, è riportata un’antica leggenda: San Giovanni Battista protettore di Sava appare in mare ad una nave che trasporta del grano, e riesce a far dirottare a Sava quel carico, per sfamare i savesi che, colpiti dalla carestia, ne sono rimasti sprovvisti. Queste le righe in cui si racconta la leggenda: «IN TEMPO DI GRANDE CARESTIA, A UN LEGNO CARICO DI GRANO CHE VELEGGIA NEL JONIO SI PRESENTA UN BEL GIOVANE A PREGARE I CONDUTTORI CHE IL CARICO SIA DESTINATO A SAVA. IL GIOVANE, CHE È SAN GIOVANNI BATTISTA, È ACCONTENTATO…»
Tradizioni e folclore
Sava e i suoi abitanti hanno alcuni soprannomi. Il primo, che fu il più usato e conosciuto anche dai paesi limitrofi, è quello di fungi e fai (funghi e fave), alludendo alla tipica alimentazione della popolazione savese durante gli anni di guerra; altri erano soliti soprannominare i savesi con il ben più dispregiativo epiteto di zzàppa e ruètulu (zappa e vomere), disprezzando la tipica attività agricola peculiare di una città agricola come Sava.
L’economia
L’economia savese è prevalentemente agricola, incentrata sui settori vitivinicolo ed oleario. A dispetto dell’espansione urbana degli ultimi decenni, l’agro savese è caratterizzato da annosi vigneti e secolari oliveti. La produzione vinicola è prevalentemente costituita dal ‘Primitivo’, un vitigno molto antico con cui viene prodotto il cosiddetto ‘Primitivo di Manduria’, un vino rosso D.O.C. di elevato tenore alcolico.
La produzione e la commercializzazione del vino locale ha ricevuto un nuovo impulso dalla presenza di una vasta zona industriale alle porte del centro abitato.
Gemellaggi
- Anfipoli, dal 2005