Oggi “Ricordi” di FaceBook mi ha riproposto questo testo che pubblicai il primo ottobre 2014. Avevamo da poco iniziato il corso di apicoltura nella sede del Parco della Mandria e, rileggendolo, posso dire che ha segnato il punto di svolta dal mio periodo di vita “metropolitano” a quello di “ritorno alla natura 2.0 o 3.0″… portandomi dietro quanto di buono ho imparato dalla tecnologia, dai miei studi e dalle mie esperienze oltre i confini delle valli!

Lo ricopio a memoria.


“RIAPPROPRIARSI DEI CICLI NATURALI E CAMBIARE PROSPETTIVA DI OSSERVAZIONE PER GARANTIRSI UN PRESENTE E UN FUTURO MIGLIORI”

E’ ormai un mese che seguiamo il corso di apicoltura organizzato da Università, Provincia TO e CAPT, e i benefici di questa scelta “downgrade” non stanno mancando… Per esempio ieri mattina facevo colazione sul prato alla Mandria e mi sono profondamente reso conto che la piega presa dalla mia vita negli ultimi anni deve (nuovamente) cambiare!
Poi ognuno percorre il proprio “cammino esistenziale”, che è diverso da quello di chiunque altro, quindi prendete con le pinze ogni concetto che esprimo, però riflettevo (e vi invito a riflettere…) sull’evoluzione della mia vita (ed eventualmente della vostra…) e ho preso coscienza che per rendere nuovamente fertile il terreno è tempo di dare una profonda vangatura e una bella arata al campo del mio essere quotidiano!
Il fatto è che, diventando un borghese cittadino cybernetico, sono sempre più “artificiale” e non essendo un robot (“forse”, perché chi ci dice che non siamo pc di elevatissima potenza creati da una mente superiore aliena? ^^), la cosa non credo più sia un “bene”.
Ma cerchiamo di sviluppare compiutamente il concetto.
Ho 38 anni. Diciamo che sino a 23, seppur le mie tempistiche vitali siano abbastanza regolari (sveglia tra le 6 e le 7, a nanna tra mezzanotte e l’1, sempre!), vivendo in Alta Valle la mia quotidianità era massicciamente dominata dai cicli naturali diurno/notturno e stagionale. Perché ogni Luna dell’anno era associata a un lavoro da compiere o a un fenomeno atmosferico da patire… taglia l’erba, fai la legna, semina l’orto, raccogli i vari frutti, proteggi tutto dal freddo, fai manutenzione per limitare i danni delle aggressioni naturali, togli la neve, ecc…
Per certi aspetti era un’esistenza da pionieri alla frontiera dove si lavorava sempre e comunque per garantirsi non agi, ma una dignitosa sussistenza.
Però era ben chiara a tutti la Ruota del ciclo annuale: e quando tra i “Santi” e “Natale” si facevano i conti con l’anno trascorso, si accettava positivamente ciò che era accaduto, si cercava di ripartire oggettivamente le responsabilità tra il proprio comportamento, quello altrui, i capricci della Natura e la Sfiga e poi ci si riposava davanti al camino (o in cantina) godendo i frutti del lavoro di un anno e progettando interventi e migliorie per l’anno successivo. Ciò per dire che esisteva uno STOP, un segno sulla Ruota rispetto al quale si poteva dare una misura al tutto.
Poi nel 1996 mi sono trasferito nelle città (Torino, Roma, Firenze, Verona, Bolzano, ecc): qui ho imparato pacchi e pacchi di nozioni che mai e poi mai in Valle avrei potuto apprendere, ho vissuto esperienze incredibili, ho imparato la tolleranza ed il cosmopolitismo oltre all’aver accumulato professionalità, reddito e patrimonio che, per la cultura delle Borgate di Alta Valle, sarebbe possibile forse solo immanicandosi qualche notabile o dedicandosi ad attività illecite ed immorali! Sono fiero e soddisfatto di questa mia particolare forma di “gianismo”… ma, e c’è sempre un ma, sono 15 anni che vivo le mie 18 ore di lavoro/studio/creatività quotidiane in un acquario artificiale senza giorno e senza notte, senza albe e senza tramonti, senza stagioni se non dovendomi ricordare di cambiare gli pneumatici o girare la manopola estate/inverno della caldaia!
Un “mare artificiale” di auto, moto, metro, treni, ascensori, uffici, aria condizionata, luce al neon e computer, computer, computer… con alcune “isole di natura” rappresentate da qualche lavoro in giardino, i fiori, i gatti, l’acquario, qualche frutto, qualche gita nei boschi.
Ma quando mi sono più chiesto se il ciclo stagionale “è una luna avanti o indietro” (come in questi giorni di caldo anomalo)? Quando mi sono più interessato, anche solo marginalmente, all’aridità o all’umidità del suolo, alla fioritura delle piante e a mille altre piccole cose che ti fanno sentire parte di un “Tutto” che respira, che vive? Oltre al fatto che questa esistenza senza giorno/notte e senza stagioni non ha più quel segno, quello STOP, sulla Ruota dell’anno che permette di dare un’equa misura a tutte le cose.
E così se pare stia andando male, si tira ancora di più per rimediare… e se pare stia andando bene, ottimo: si può investire immediatamente in progetti di ordine superiore! Perché “Il tempo è denaro” e “Chi si ferma è perduto”, giusto? Ma ne siamo poi così sicuri?
A 16/17 anni costruii una grande serra a mia madre in modo che potesse proteggere le piantine per l’orto dagli ultimi freddi primaverili. Un’area la dedicai a laboratorio per replicare gli esperimenti di Mendel e per cercare di “forzare” crescita e produttività di fragole e pomodori: ebbene, con luci particolari, fertilizzanti, riscaldamento, etc… riuscii per un po’ a fare miracoli. Ma in realtà le piante erano molto delicate, quelle che resistevano -dopo mesi di sforzo- morivano sfinite e i frutti non erano mai di dimensione o gusto simile a quelli “normali”, coltivati secondo tradizione e raccolti nel giusto periodo di maturazione.
Lo stesso dicasi per noi europei urbanizzati del XXI secolo: che tutte queste allergie, intolleranze alimentari, esaurimenti, depressioni, etc… dipendano solo dall’inquinamento, dai ritmi di lavoro… o la maggior responsabilità è da attribuirsi a come noi affrontiamo la quotidianità?
Dobbiamo proprio finire su una sedia a rotelle o intubati in un letto di ospedale o ci dobbiamo vedere refertare un tumore, per renderci conto di quanto stiamo perdendo ogni giorno, per cosa? E lo dico tanto a me stesso quanto a voi… solo che probabilmente si deve giungere a un certo stato d’animo per poter oltre che leggere, “comprendere” il significato di queste parole!
Io voglio cambiare. Senza fare scelte radicali, senza “mollare tutto” e andare vivere in un alpeggio o aprendo l’ennesimo agriturismo, ma semplicemente integrando e rielaborando concetti opposti o diversi o apparentemente lontani in una nuova alchimia esistenziale.
Ho dimostrato in più occasioni che “volere è potere”… questa mi sembra una nuova sfida degna di essere affrontata per scostare un altro lembo di velo sul recondito significato del nostro esistere qui ed ora.
Logicamente ogni commento/critica/consiglio costruttivo è sempre ben accetto… logicamente è necessario fare “gruppo” e “massa critica” per raggiungere risultati concreti e duraturi!
Ancora una cosa e vi lascio: oggi ho fatto con Ary un bel giro in moto per le Valli di Susa e di Lanzo, passando per il Col del Lys.
Sono tre anni che, trovando gradevole fermarsi a far colazione in alcuni ottimi locali nei pressi dei laghi di Avigliana, saliamo da quella parte e poi scendiamo da Lanzo, non prima di essersi fermati a mangiare l’ottima pizza di Amerigo e Norma a Viù!
Ora, da qualche tempo, abbiamo scoperto un pasticcere sopraffino con un locale stupendo a Varisella: far colazione da lui ci ha obbligati ad invertire totalmente il giro: ebbene non vi immaginate quale nuovo mondo ho scoperto! Quante sorprese dietro ogni curva, quanti particolari mai osservati prima! Questo semplice aneddoto, ricollegandosi al discorso precedente, per dire che forse non è necessario andare in India, in Tibet o in Patagonia (luoghi comunque fantastici da visitare) per trovare la formula alchemica per riappropriarsi dei cicli naturali… forse è sufficiente cambiare prospettiva e con il nuovo punto di osservazione sarà palese ciò che sino a poco prima pareva invisibile. Credo ^^.
Bron ElGram