Negli anni ’60 e ’70, lo scienziato John B. Calhoun condusse esperimenti rivoluzionari sui topi, tentando di capire come la densità di popolazione potesse influenzare il loro comportamento.

Questi esperimenti, noti come “Universe 25“, hanno portato alla luce dinamiche sociali sorprendenti, che ancora oggi stimolano il dibattito sulla relazione tra sovrappopolazione e comportamenti collettivi. L’esperimento di Calhoun iniziò con otto topi, quattro maschi e quattro femmine, collocati in un habitat ideale per roditori. L’ambiente, dotato di cibo illimitato e rifugi sicuri, era perfetto per la crescita della popolazione. Tuttavia, con il passare del tempo, questa raggiunse un picco di oltre 2.200 individui, e le condizioni di sovraffollamento iniziarono a manifestare effetti devastanti.

Uno degli aspetti più inquietanti dell’esperimento fu l’emergere di comportamenti anomali. Molte femmine, stressate dall’ambiente affollato, smettevano di prendersi cura della prole, con un drastico aumento della mortalità infantile. Gli adulti, invece, esibivano un crescente disinteresse per la riproduzione e per l’interazione sociale. Un gruppo di topi, denominati “i bellissimi“, si isolò completamente, dedicandosi esclusivamente alla cura di sé stessi senza interagire con gli altri, né per accoppiarsi né per competere per risorse.

Questa degenerazione sociale portò alla fine della popolazione di topi in breve tempo. Nonostante l’ambiente fosse inizialmente abbondante di risorse, l’incapacità dei topi di adattarsi alle condizioni di sovraffollamento portò al collasso della loro società. Calhoun descrisse questo fenomeno con il termine “sink comportamentale“, indicando come la densità di popolazione potesse portare a una spirale di decadenza comportamentale.

Ma perché gli esperimenti si fanno sempre sui topi? I topi sono frequentemente utilizzati nella ricerca scientifica perché condividono molte caratteristiche genetiche e comportamentali con gli esseri umani, e il loro ciclo vitale rapido consente di osservare gli effetti di variabili sperimentali in tempi relativamente brevi. L’esperimento di Calhoun, pur avendo coinvolto roditori, sollevò interrogativi profondi sul futuro dell’umanità in un mondo sempre più urbanizzato e affollato.

Negli ultimi anni, il lavoro di Calhoun è stato reinterpretato. Molti studiosi ora ritengono che il vero problema dello Universe 25 non fosse semplicemente il sovraffollamento, ma la struttura stessa dell’habitat, che favoriva comportamenti aggressivi e territoriali.

Inoltre, degli studiosi hanno “riacceso” il naso dei topi, proprio per studiare come l’ambiente influisca sulla percezione e sui comportamenti sociali, dimostrando che la natura del contesto può essere tanto importante quanto la densità stessa.

Nonostante le implicazioni apocalittiche dei risultati di Calhoun, gli studi successivi sugli esseri umani hanno dimostrato che, a differenza dei topi, le persone sono capaci di adattarsi a condizioni di affollamento senza necessariamente cadere in comportamenti distruttivi. Questo suggerisce che, mentre possiamo apprendere molto dai modelli animali, le risposte umane alla sovrappopolazione sono influenzate da una complessa interazione di fattori sociali, culturali e individuali, che ci rendono unici nel nostro modo di affrontare le sfide di un mondo in crescita.

FONTE: Smithsonian