Ma sono mele o cocktail di veleni? Buona la prima, a sentire Greenpeace, secondo cui «due terzi dei campioni di suolo e acqua prelevati nei meleti europei contengono residui di pesticidi e il settanta per cento dei pesticidi identificati hanno livelli di tossicità molto elevati per gli esseri umani e per l’ambiente. In un singolo campione di suolo raccolto in Italia sono state rilevate fino a tredici sostanze chimiche diverse, e dieci in un campione di acqua, un vero e proprio cocktail di pesticidi».
È solo uno dei dati contenuti nel rapporto «Il gusto amaro della produzione intensiva di mele. Un’analisi dei pesticidi nei meleti europei e di come soluzioni ecologiche possono fare la differenza», pubblicato oggi con i risultati delle analisi di 85 campioni di acqua e suolo prelevati in dodici Paesi europei, tra cui l’Italia, ed esempi di pratiche agricole ecologiche per effettuare una produzione sostenibile senza contaminare il suolo e l’acqua.
«L’Italia è uno dei maggiori produttori di mele a livello europeo. Abbandonare un modello agricolo fortemente dipendente dai prodotti chimici è fondamentale, anche per proteggere i nostri agricoltori e le loro famiglie, che sono i primi a essere direttamente esposti», dichiara Federica Ferrario, responsabile Campagna Agricoltura Sostenibile di Greenpeace Italia: «L’imponente uso di queste sostanze nella produzione intensiva di mele è un altro fallimento dell’agricoltura industriale».
Nel rapporto vengono presentati 36 campioni di acqua e 49 di suolo, raccolti durante i mesi di marzo e aprile 2015 in meleti a gestione convenzionale e analizzati per verificare la presenza di residui di pesticidi. I campioni rappresentano una «fotografia» della situazione all’inizio del periodo della fioritura. Su 85 campioni, sono stati rilevati 53 pesticidi differenti. Il 78 per cento dei campioni di suolo e il 72 per cento dei campioni di acqua contenevano residui di almeno un pesticida.
Il pesticida riscontrato con maggior frequenza nel suolo e nelle acque è il fungicida boscalid (presente nel 38 per cento dei campioni di suolo e nel 40 per cento dei campioni di acqua). Sette dei pesticidi trovati non sono attualmente approvati nell’Ue, ma possono essere utilizzati solo via eccezionali deroghe temporanee. La presenza di questi residui – spiegano gli esperti di Greenpeace – potrebbe essere il risultato di applicazioni pregresse, mentre in un caso potrebbe trattarsi di un fenomeno di degradazione.
Il rapporto di Greenpeace evidenzia che «una produzione di mele sostenibile, senza contaminazione del suolo e delle acque, è fattibile, e vengono presentate una serie di soluzioni sostenibili già adottate nella produzione di mele per ridurre l’utilizzo di pesticidi chimici».
«Greenpeace chiede ai Paesi dell’Ue di bandire i pesticidi chimici di sintesi dalle coltivazioni europee, e di indirizzare i sussidi a sostegno di pratiche ecologiche, tutelando così la salute degli agricoltori, delle acque e del suolo» conclude Ferrario. «Esistono già soluzioni ecologiche adottate da migliaia di agricoltori in tutta Europa. Per lo sviluppo di queste buone pratiche, è necessario che anche la grande distribuzione faccia la sua parte incentivando il passaggio a pratiche sostenibili».
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