La sonda della NASA ha inviato alla Terra il suo ultimo saluto e si è tuffata nell’atmosfera di Saturno, concludendo dopo molti anni una delle missioni di esplorazione interplanetaria più prolifiche di sempredi Emiliano Ricci
Alla fine, il momento dell’addio è arrivato. E, per quanto sia stato programmato da tempo, riesce difficile immaginarlo e abituarsi all’idea. Eppure l’epilogo ha anche un’ora precisa: venerdì 15 settembre 2017, alle ore 12:32 ora italiana, la sonda Cassini invierà l’ultimo saluto alla Terra. Quasi vent’anni – 19 anni e 11 mesi esatti di carriera: venne infatti lanciata il 15 ottobre 1997 – in sua compagnia e, soprattutto, in compagnia delle incredibili immagini che periodicamente ci inviava da Saturno, attorno al quale era in orbita dal 1° luglio 2004: del pianeta, dei suoi anelli, del suo vasto e variegato corteo di satelliti.
Nel momento in cui scriviamo, Cassini ha completato 292 orbite attorno al pianeta e ha imboccato – anche grazie all’ultima spinta gravitazionale di Titano, la luna più grande di Saturno, a cui ha dato il “goodbye kiss” lunedì scorso – la numero 293, che non riuscirà a portare a termine perché incontrerà l’atmosfera di Saturno, che frenerà definitivamente la sua corsa.
Questo fermo immagine tratto dal filmato Cassini’s Grand Finale, della NASA, mostra la sonda tra Saturno e il suo anello più interno.
(Credits: NASA/JPL-Caltech)
Ma nel brevissimo intervallo di tempo in cui la sonda riuscirà ancora a trasmettere dati verso la Terra – alla NASA stimano una durata di un minuto, dall’ingresso in atmosfera alla fine delle trasmissioni –, sarà capace di fornirci per la prima volta informazioni dirette sulla composizione chimica e sulle condizioni fisiche dei gas atmosferici. Nel suo tuffo mortale, che avverrà sul lato diurno del pianeta, a circa 10 gradi di latitudine nord, la sonda viaggerà a oltre 113.000 chilometri orari. Trascorso più o meno in assetto il minuto previsto di trasmissioni, la sonda inizierà a bruciare come una meteora. Sulla base dei modelli di atmosfera del pianeta, alla NASA stimano che entro 30 secondi dalla perdita del segnale
la sonda inizierà a frammentarsi, mentre entro un paio di minuti tutti i vari frammenti saranno completamente consumati dall’attrito con i gas atmosferici.
In ogni caso, dopo un viaggio di circa 1,5 miliardi di chilometri e 83 minuti di attesa, l’ultimo segnale di vita della sonda verrà finalmente raccolto dall’antenna del Deep Space Network di Canberra, in Australia (che assieme alle stazioni di Goldstone, in California, e Madrid, in Spagna, ha seguito l’intera missione), e così si chiuderà una delle missioni di esplorazione interplanetaria più prolifiche di sempre. Il bilancio, necessariamente parziale perché scritto a missione ancora in corso, parla di quasi 4000 articoli scientifici basati sui dati raccolti dalla missione nel suo insieme (compresa l’appendice data dall’atterraggio su Titano del lander Huygens interamente sviluppato dall’ESA, l’Agenzia spaziale europea), oltre 450.000 immagini inviate, 635 gigabyte di dati raccolti, oltre 160 flyby con diverse lune di Saturno (fra cui Encelado, Iperione e altre ancora), due milioni e mezzo di comandi eseguiti, oltre 13 anni trascorsi in orbita attorno a Saturno e un totale di otto miliardi di chilometri percorsi dal momento del lancio sino al tuffo finale.
Durante questo viaggio Cassini ha scoperto mari e laghi di metano su Titano, un oceano di acqua nascosto sotto la superficie ghiacciata di Encelado, sei nuovi satelliti, uragani, tempeste e un enorme vortice esagonale al Polo Nord di Saturno (già osservato dalla missione Voyager 1 nel 1981, ma studiato più approfonditamente), oltre ad aver studiato in grande dettaglio lo spettacolare sistema di anelli che avvolge il pianeta all’altezza del suo equatore.
L’epilogo suicida di Cassini è stato proprio progettato per evitare che la sonda possa in qualunque modo contaminare il sistema di satelliti e, in particolare, Titano ed Encelado che, seppure profondamente diversi fra loro e apparentemente inospitali, agli occhi degli astrobiologi potrebbero anche essere capaci di ospitare forme di vita. Le analisi di Cassini e di Huygens non sono state purtroppo in grado di fornire informazioni significative in tal senso per Titano, rivelandone tuttavia un’atmosfera ricca di molecole organiche e una chimica prebiotica, ovvero in uno stadio precedente la comparsa di organismi viventi, mentre le osservazioni dei getti di vapore di Encelado sembrano piuttosto promettenti, tanto che alcuni ricercatori hanno da tempo iniziato a proporre una missione diretta verso Encelado, proprio con lo scopo di esplorarne l’oceano sotterraneo o, almeno, i pennacchi di vapore che fuoriescono dalla crosta ghiacciata del satellite (ma su questo punto Encelado è stato ormai battuto da Europa, il satellite di Giove con caratteristiche simili a Encelado, verso cui la NASA ha previsto attorno al 2022 il lancio della missione Europa Clipper).
Che cosa lascia in eredità questa missione? Oltre alle importanti scoperte già citate, soprattutto quella dell’oceano di Encelado, che, come accennato, ha già aperto un importante filone di ricerca legato alle possibili esplorazioni dei mondi dotati di questi oceani sotterranei. Gli scienziati e i progettisti della missione Europa Clipper stanno già traendo importanti informazioni dai dati raccolti da Cassini (per esempio, quando ha attraversato i pennacchi di Encelado) e, addirittura, molti degli ingegneri e dei ricercatori che hanno lavorato su Cassini sono già impegnati su questa nuova missione, mettendo a disposizione le competenze acquisite in questi anni per realizzare al meglio gli strumenti e sviluppare i progetti di ricerca.
Nel frattempo, la scoperta di mari e laghi su Titano ha inaugurato l’era dell’oceanografia extraterrestre. I quasi 130 incontri ravvicinati (di cui molti sotto i 1000 chilometri di quota) con questa luna e l’atterraggio di Huygens hanno permesso agli scienziati di raccogliere informazioni fondamentali sulle condizioni chimiche e fisiche presenti nell’atmosfera di Titano e di approfondire la conoscenza del ciclo del metano liquido fra le nubi atmosferiche e i mari superficiali, molto simile al ciclo dell’acqua che si osserva sulla Terra. Titano si è rivelato un laboratorio naturale di chimica prebiotica, seppure in condizioni di temperatura totalmente differenti da quelle del nostro pianeta.
Naturalmente allo studio ci sono anche missioni che prevedono di tornare verso Saturno e visitare ancora più approfonditamente Titano. Ma i ricercatori non sono mossi solo dalla caccia a possibili forme di vita. Cassini ha anche permesso di approfondire la conoscenza delle dinamiche atmosferiche del pianeta e di comprenderne molti meccanismi. Ma non è escluso che i dati conclusivi inviati nel minuto finale di vita di Cassini non stimolino l’interesse verso la realizzazione di una missione dotata di sonda atmosferica dedicata proprio all’analisi dell’atmosfera di Saturno, come già accaduto con la missione Galileo, inviata nel 1989 dalla NASA alla volta di Giove (la missione Galileo sganciò una sonda atmosferica e anche la sonda principale terminò la sua corsa con un tuffo nell’atmosfera gioviana).
Tuttavia i “giganti ghiacciati” Urano e Nettuno attendono ancora maggiore considerazione, visto che hanno ricevuto solo una breve visita della sonda Voyager 2, rispettivamente nel 1986 e nel 1989. Intanto le dinamiche delle loro atmosfere – nelle quali sono presenti grandi quantità di acqua, metano e ammoniaca – sono sicuramente diverse da quelle dei “giganti gassosi” Giove e Saturno, dove gli elementi dominanti sono l’idrogeno e l’elio, ma sarebbe importante studiare meglio la loro struttura e i loro campi magnetici, oltre ai loro satelliti, anche in considerazione del fatto che molti fra i pianeti extrasolari scoperti hanno caratteristiche simili a proprio ai nostri giganti ghiacciati.
Cassini chiude sicuramente un’epoca dell’esplorazione del sistema solare, ma una nuova epoca è già pronta ad aprirsi e proprio grazie alle tante risposte che questa missione è riuscita a dare, ma anche alle tante domande che attendono risposta.
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