Siamo abituati a pensare alle formiche come animali collaborativi e sociali, capaci di grande organizzazione, lavoratrici indefesse per il bene dell’intera comunità. Ma esiste una specie, la Polyergus rufescens, che invece è formata da individui incapaci di procurarsi il cibo autonomamente e abilissimi a ‘rapire’ le pupe di altre specie di formiche, farle accudire fino alla nascita di soggetti che poi verranno messi al lavoro per procurare cibo. E occuparsi del nido.

Franco Borgogno

Nel mondo esistono circa 15mila specie di formiche. Un numero che ci appare quasi incredibile ma che ci aiuta a comprendere la ricchezza biologica rappresentata da uno degli insetti più straordinari che esistano. Le conoscenze più diffuse e generiche riguardano le grandi qualità sociali delle formiche, la loro incredibile capacità di lavoro e di cura della comunità, la combattività. Ma pochi, pochissimi conoscono altri dettagli. Ad esempio: chi ha sentito parlare di formiche ‘schiaviste’? Se ne conoscono una sessantina di specie circa, in particolare alcune di queste sono ‘schiaviste obbligate’: devono affidarsi al lavoro di altre specie di formiche per la propria sopravvivenza. In particolare, una formica che ha questa caratteristica e vive diffusamente in Europa e in Italia, dal livello del mare fino anche a 1500 metri di altitudine, è la Polyergus rufescens.
Imparare a osservare la natura ci regala meraviglie e sorprese, emozioni uniche. Imparare a distinguere i dettagli, apprezzarli, ci permette di scoprire ogni giorno qualcosa di strabiliante. Anche sotto casa, sotto i nostri piedi, nel giardino o nell’orto. La percezione, e quindi il valore, della biodiversità diventa più chiaro, palpabile.

Un fenomeno chiamato dulosi

Le cosiddette ‘formiche schiaviste’ (la definizione scientifica corretta del fenomeno è dulosi) sono straordinarie nella loro dinamica sociale che non implica ‘cattiveria’ come umanamente ed erroneamente saremmo portati a pensare, interpretando con i nostri canoni la definizione di schiaviste. Non dobbiamo mai commettere questo errore: guardare la natura con i nostri filtri. I cuccioli non sono bambini. Gli animali selvatici non sono pupazzi e neppure hanno i nostri riferimenti emotivi, etici, comportamentali.
Le Polyergus rufescens, in realtà, a causa della conformazione delle loro mandibole, non possono nutrirsi autonomamente. Queste formiche si affidano dunque a operaie di altre specie, che prelevano nei loro nidi originari allo stato di pupe e in alcuni casi larve (raro) da formicai nelle vicinanze del loro. Queste, una volta nate, svolgeranno esattamente le stesse funzioni (procurare cibo, costruire e ingrandire/mantenere il nido ecc…) che avrebbero svolto nella comunità di provenienza, senza alcuna conseguenza peggiorativa per il loro percorso di vita.
Ogni giorno, verso sera, le Polyergus rufescens compiono una incursione euna razzia per garantirsi il futuro.

Le Polyergus rufescens sono rosse, un bel rosso vivace, lunghe tra 5 e 7 millimetri, la regina arriva a 8. I maschi sono leggermente più piccoli, 5-6 millimetri.

Hanno mandibole acuminate, forti e potenti, utili per bucare e combattere ma non per masticare. Questo è il loro problema: non sono in grado di masticare il cibo, possono al massimo lappare, leccare un po’ di liquido. Non sarebbero in grado di sopravvivere a lungo.
Per questo, si affidano alla dulosi e alle cosiddette ‘schiave’.
Osservarle nella dinamica della giornata è straordinario, davvero emozionante. Io mi sono accompagnato a un grande specialista, conoscitore profondo delle formiche e delle Polyergus rufescens in particolare, fin dall’infanzia: Angelo Cardillo, autore anche di libri su questo mondo ricco e affascinante.
Una giornata di immersione nel mondo delle formiche schiaviste ci permette in realtà di entrare nella natura selvaggia come fossimo in un safari, ma possiamo farlo nei pressi di casa, durante una passeggiata in campagna.

Una giornata con la formica schiavista

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Durante la giornata, quando il clima è più caldo, è difficile vederle. Restano nel nido. E’ possibile, conoscendo l’ubicazione del formicaio, ammirare le ‘schiave’ muoversi con la sollecitudine che riconosciamo genericamente alle formiche, per procurarsi cibo, che riportano al nido.
La Polyergus rufescens parassitano diverse specie di formica, ma ogni colonia si affida a un’unica specie. Se le schiave già presenti sono di Formica cunicularia, si continuerà a predare formiche della specie Cunicularia. Se le schiave sono di Fusca, si continuerà a predare Fusca.
Anche il nido assume le caratteristiche della specie parassitata, cioè resa schiava, sia perché nella maggior parte dei casi le Polyergus si insediano in un nido di altre specie (la regina entra, si insedia e poi uccide la regina padrona di casa dando il via alla propria colonia e utilizzando il lavoro delle operaie già presenti che la accettano poiché rese più mansuete dal rilascio di una sostanza calmante), sia perché il nido verrebbe comunque costruito dalle schiave, secondo le loro abitudini e conoscenze fissate dall’imprinting genetico.
Alcuni individui di Polyergus, cosiddette scout, vanno in avanscoperta per individuare il nido in cui svolgere l’incursione: è necessario che ci sia un numero di pupe sufficiente alle dimensioni del nido. Un paio d’ora abbondanti prima del tramonto, quando rientrano, le scout trasmettono il segnale alle compagne, si scatena una sorta di frenesia, di eccitazione generale e l’ingresso del nido inizierà a eruttare centinaia, migliaia di individui che si avvieranno molto rapidamente in colonna lungo un percorso: possono arrivare anche a 80 metri di distanza dal proprio nido, un percorso notevolissimo.
Arrivate al nido-obiettivo, si scatena una nuova frenesia, ingresso e razzia. Per rendere efficace e meno dispendiosa l’irruzione, le Polyergus rufescens si affidano al rilascio di secrezioni dette ‘di propaganda’, prodotte da una ghiandola posta alla base delle mandibole: questa sostanza, scatena il panico tra le formiche residenti, che si mettono in fuga lasciando campo libero alla razzia. In questo modo non si scatena uno scontro distruttivo per la colonia (che potrà continuare a prosperare ed essere utile anche in futuro, quindi). Ogni formica riemerge poi con una pupa tra le mandibole e riprende la corsa verso il proprio nido, guidata dalla scia di feromone lasciata durante il percorso di andata.
Il frutto del saccheggio verrà poi accudito fino a quando questi individui si saranno trasformati in formiche adulte. Allora, svolgeranno tutte le funzioni lavorative per la colonia parassita: dal procurare e masticare il cibo, all’accudire la prole della regina, alla manutenzione e costruzione del nido.
La coesistenza è quindi pacifica. Le formiche parassitate nascono nell’ambiente sociale delle Polyergus rufescens e si riconoscono nell’impronta odorosa (feromonica) delle nuove ‘sorelle’.
Esistono, infine, alcuni casi in cui le operaie parassitate, le cosiddette ‘schiave‘ possono in qualche modo ribellarsi alla specie parassita (non obbligata): boicottandone la prole o mischiando uova della propria specie tra quelle della specie ‘schiavista’. Sono sistemi individuati dall’evoluzione per preservare una specie ed equilibrare la presenza su un territorio. Questo non accade nel caso delle Polyergus rufescens, che in questo caso viaggerebbero verso l’estinzione.