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Non avevo mai visto questa pianta… poi un giorno all’Eremo le “pannocchie” verdi di una sorta di gladiolo si sono infiammate di giallo, arancio e rosso! Uno spettacolo!
👁🗨 CHECK 02-2024: 🟢
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Knifofia uvaria
La Kniphofia uvaria è una specie di pianta da fiore della famiglia delle Asphodelaceae, conosciuta anche come tritomea , giglio della torcia o poker rovente , per la forma e il colore della sua infiorescenza . Le foglie ricordano un giglio e il capolino può raggiungere fino a 1,5 m (5 piedi) di altezza. Esistono molte varietà di giglio di torcia e fioriscono in momenti diversi durante la stagione di crescita. I fiori sono rossi, arancioni e gialli.
Distribuzione
La Kniphofia uvaria è originaria della provincia del Capo del Sud Africa , ed è stata introdotta in molte parti del mondo, come il Nord America , l’Australia , la Nuova Zelanda , la Patagonia e l’ Europa come pianta da giardino. È resistente nelle zone 5–10 .
In alcune parti dell’Australia sud-orientale, come gli altipiani centrali e meridionali del New South Wales e del Victoria meridionale , è sfuggito alla coltivazione e si è naturalizzato. In questi luoghi è ora considerata un’erbaccia ambientale , che si diffonde dalle antiche abitazioni alle aree naturali, dove può crescere in fitti ciuffi e minacciare ecosistemi sensibili. Altrove nell’Australia meridionale è considerata una potenziale erbaccia ambientale e potrebbe essersi naturalizzata anche in alcune parti dell’Australia meridionale e della California .Visto anche Kumaon Himalaya dell’India. Probabilmente portato durante il periodo britannico.
Kniphofia
Tutto il Regno Unito le vuole bene e tutto il mondo la rispetta, non solo per i suoi 101 anni d’età portati ancora in modo superbo, ma anche per le sue qualità personali che la fanno emergere per buon gusto, tatto e cortesia: è Elizabeth Bowes Lyon, meglio conosciuta come la Regina madre, la nonna del principe Carlo. Su una delle sue virtù, quella dell’amore per il giardinaggio, sono stati addirittura scritti dei libri, che, pur facendo leva sulla statura del personaggio, non hanno affatto ‘inventato’ un hobby inesistente per fini encomiastici, ma si sono limitati a riportare la pura verità. La Regina madre, nel corso della sua lunghissima vita, ha sinceramente amato fiori e piante ornamentali, incoraggiandone la diffusione, inaugurando mostre come il celebre Chelsea Flower Show e sovrintendendo in prima persona alla formazione dei suoi personali giardini e parchi: Windsor, Mey, Clarence House e Birkhall. Quest’ultima residenza, non lontano da Balmoral, possiede un fascino tutto particolare, forse perché posta in un ambiente tipicamente scozzese, tra brughiere e fiumi traboccanti di salmoni. Il giardino ha una struttura singolare, che si è dovuta adattare ad un territorio collinoso mediante una serie di aiuole terrazzate, distribuite sui pendii che guardano verso il fiume Muick. Questo è il regno non di alberi e arbusti, ma di fiori: bulbose primaverili, annuali d’antan, rose e soprattutto quelle erbacee perenni che la Regina madre ama in modo speciale. Per loro è stata disegnata una bordura erbacea mista profonda 8 metri e lunga 250, arricchita da gruppi di fiori tardo-estivi che si succedono secondo un ben calcolato ordine progettuale. La formazione di una bordura mista, infatti, deve seguire regole appropriate, che impongono innanzi tutto il rispetto dell’altezza delle piante stesse e l’accostamento dei colori. A Birkhall, ad esempio, un lungo tratto dell’ultimo piano della bordura è occupato da masse di alte perenni dal fiore giallo (Rudbeckia, Achillea filipendulina e soprattutto Ligularia) che si sposano magnificamente con un massiccio gruppo di Kniphofia dal fiore rosso vivo, alla cui base si sviluppano ondate di Nepeta x faassenii dai fiorellini color lavanda. L’effetto è sorprendente e, ancora una volta, dimostra che le Kniphofia vanno utilizzate in modo consapevole, evitandone cioè l’impiego casuale e con esemplari isolati, come frequentemente è possibile osservare in alcuni giardinetti peri-urbani.
Provengono dai paesi caldi, ma vivono bene anche nei nostri giardini
Le K. sono tutt’altro che sconosciute da noi, ma forse è appunto a causa della loro struttura e del loro portamento impegnativo che il comune amatore di giardini s’intimidisce e in più di un caso finisce per rinunciare ad un loro impiego oppure, al contrario, le utilizza in modo improprio. Anche in questo caso, come sempre, è bene conoscere le caratteristiche delle piante per poterle amare e apprezzare nel modo più corretto. Il curioso aspetto delle loro infiorescenze, ma anche l’abbondante dotazione di foglie, denuncia a prima vista che esse non appartengono alla flora europea, bensì a quella di territori assai più lontani: in primo luogo il Sudafrica e poi, in misura più modesta, l’Africa orientale, l’Etiopia e il Madagascar, sconfinando con una sola specie nello Yemen. In particolare, la maggior parte di loro vive in un areale che comprende il Capo di Buona Speranza, il Natal, l’intero bacino dello Zambesi e, più a nord-est, tutta l’Abissinia. Sono dunque piante che provengono da Paesi assai più caldi del nostro, ma che da noi non creano problemi di sorta quanto a rusticità (sia pure con le dovute cautele invernali) perché nei loro territori originari crescono a quote elevate, mediamente fra i 1600 e i 3000 metri d’altitudine, pur con differenze anche notevoli in relazione agli habitat.
Le K. sono tutte piante erbacee perenni, con un rizoma corto e verticale, dotate di una consistente “rosetta” di foglie radicali, da cui s’innalza un fusto fiorifero ben eretto, robusto e nudo. Queste foglie rappresentano uno dei maggiori punti di forza delle K.: grandi e allungate, lineari o ristrette, un po’ simili a quelle di alcune graminacee alte, esse formano una sorta di corona basale di un bel verde lucido, una piattaforma ideale per lanciare verso il cielo gli scapi e i fiori sgargianti che li sormontano. L’infiorescenza, davvero singolare per forma e colori, tecnicamente viene chiamata racemo a forma di spiga, ma più semplicemente può essere paragonata ad un pennacchio ovoidale, che ricorda un poco quello dei nostri carabinieri in alta uniforme. I singoli fiori, quasi sempre numerosi, addensati o talvolta radi, sono tubuloso-cilindrici o anche un po’ aperti ad imbuto, lunghi fino a 5 cm, con colori compresi fra il giallo pallido, il giallo limone, l’arancione, il salmone e il rosso vivo. Una delle loro doti maggiormente apprezzate è che essi sbocciano verso metà estate, ma la fioritura può prolungarsi per parecchie settimane fino all’autunno.
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Arrivate presto, apprezzate tardi
La prima volta che in Europa si venne a conoscenza di queste piante africane fu verso la metà del Seicento, quando l’illustrazione di una di loro, K. uvaria, allora chiamata addirittura ‘Iris uvaria’, comparve in un libro olandese di storia delle piante. Per quale motivo essa potesse venire identificata con un Iris, oggi non è dato sapere, mentre è certo che dopo circa mezzo secolo un famoso ‘cacciatore’ di piante inglese, Francis Masson, la inserì fra le Aloe. Il viaggio tra i vari generi di Liliacee – famiglia cui le K. appartengono – non era ancora finito, perché per molto tempo esse furono chiamate Tritoma e solo nel 1843 approdarono all’attuale Kniphofia, un vecchio nome già proposto alla fine del Settecento per ricordare un medico tedesco di nome Giovanni Kniphof. E’ curioso osservare che K. uvaria, per quanto variamente denominata, rimase la sola a rappresentare il suo genere nei giardini europei per più di 130 anni, fino a quando, nel 1774 non arrivò dal Sudafrica una seconda specie, K. pumila. Tuttavia, fu l’Ottocento il secolo nel quale esse furono definitivamente ‘scoperte’ non solo dai botanici inglesi e tedeschi, che ne identificarono più di venti specie, ma anche dai giardinieri che presero ad usarle nei parchi e nei giardini romantici.
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Come coltivarle
Anche le K., come la maggior parte delle piante da giardino, gradiscono un terreno fertile e moderatamente umido, ma molto ben drenato. La buca d’impianto deve essere sufficientemente larga e profonda per contenere un apparato radicale non piccolo. L’essenziale non è tanto la natura del suolo, quanto il fatto che esso sia leggero, profondo, se possibile un po’ sabbioso e soprattutto fresco. Infatti, quando le condizioni d’umidità sono carenti per qualsiasi ragione, le piante crescono lentamente e arrivano anche a non fiorire. La posizione in giardino deve essere ben esposta al sole, anche se esse tollerano la mezz’ombra: in inverno la maggior parte di loro resiste fino a -15°C. o anche fino a -20°C., ma si raccomanda una protezione delle radici, per mezzo di paglia, torba o foglie secche per uno strato di una ventina di cm. Invece le K. necessitano di un buon nutrimento (materia organica), in mancanza del quale diventano gradualmente meno vigorose e belle. Se il luogo in cui vivono risulta particolarmente umido, è opportuno eliminare in autunno i fiori avvizziti e le foglie rovinate, mentre le altre vanno legate insieme. In estate le annaffiature devono essere abbondanti e soprattutto continuative. Pur essendo perenni dalla vita lunga, è bene dividerle ogni tre o quattro anni, perché tendono ad impoverirsi nell’infiorescenza con il passare del tempo. Il metodo migliore per la moltiplicazione è sicuramente la divisione, che può essere effettuata quasi per tutto l’anno, anche se la primavera resta la stagione migliore.