La Commissione affari sociali della Camera ha recentemente approvato un disegno di legge per regolare la donazione di cadaveri a scopo scientifico. In attesa delle nuove norme, come si fa oggi a donare il proprio cadavere? E a cosa serve?
Nel resto del mondo è assolutamente normale, ma in Italia la donazione di cadaveri a scopo scientifico rimane ancora oggi estremamente rara. Poco pubblicizzata, e indietro di quasi 100 anni da un punto di vista legislativo, questa forma di altruismo civico, al pari delle donazioni di organi e di quella del sangue, è invece di importanza fondamentale per la ricerca e la pratica medica. Presto comunque la situazione potrebbe migliorare: la Commissione Affari Sociali della Camera ha approvato infatti un testo unico per la donazione del corpo post mortem a fini di studio e di ricerca scientifica, una legge che gli esperti chiedono a gran voce da anni, e che presto potrebbe finalmente essere votata dal parlamento. Ma cosa serve, e come si fa oggi a donare il proprio corpo alla scienza?
Sin dai tempi di Vesalio (medico fiammingo che nel sedicesimo secolo rivoluzionò lo studio dell’anatomia), la dissezione dei cadaveri è divenuta parte integrante del percorso di studio dei giovani medici. Oggi sono fondamentali in campo chirurgico, perché servono per allenarsi nell’esecuzione degli interventi, sperimentando su un corpo umano prima di passare ad operare le persone viventi. Ad utilizzarli però non sono solo i medici in formazione, ma anche i chirurghi esperti, che a volte prima di effettuare un operazione particolarmente impegnativa e innovativa, possono volersi “allenare” un po’ prima di mettere mano al paziente. I corpi inoltre vengono utilizzati nella ricerca: per sperimentare nuove tecniche chirurgiche, valutare l’efficacia di protesi ortopediche, elaborare interventi ricostruttivi per vittime di incidenti o ustioni gravi, e persino per studiare malattie gravi, come il morbo di Alzheimer. Nel caso in cui il donatore acconsenta a concedere alcune parti del proprio corpo per una durata di tempo illimitata, queste possono inoltre essere conservate, appositamente preparate, e utilizzate a scopo didattico.
Si tratta in effetti di una risorsa fondamentale per la medicina, e in moltissimi paesi i donatori di cadaveri sono abbastanza comuni da soddisfare i fabbisogni scientifici nazionali. In Olanda per esempio sono cresciuti così tanto negli ultimi anni che molti istituti scientifici hanno smesso di accettarne di nuovi, per evitare il sovraffollamento degli obitori.
In Italia però sembra persistere una sorta di tabù culturale, e questo nonostante il Vaticano sia assolutamente favorevole alla donazione dei cadaveri (così come i gruppi animalisti visto che permette di risparmiare l’utilizzo di animali nella ricerca e nella pratica medica). Di questa forma di altruismo oggi si parla poco, e la si pratica anche meno, tanto che oggi siamo spesso costretti ad “importare” cadaveri da altre nazioni (con il rischio che vengano bloccati alla dogana), o a far viaggiare gli studenti di medicina perché si allenino in altri paesi dell’Ue.
Come abbiamo accennato, oltre a un problema culturale nel nostro Paese esiste anche una sorta di vuoto legislativo in materia: oggi a occuparsi della donazione di corpi per la scienza è infatti il regolamento di polizia mortuaria, che a sua volta si rifà all’ultima legge emanata sull’argomento, ovvero il Regio Decreto 31 agosto 1933, in cui si stabilisce che i corpi non reclamati da congiunti fino al sesto grado di parentela, possono essere utilizzati a fini scientifici. La norma, ancora vigente, non viene però praticamente mai attuata, ed i pochi cadaveri (nell’ordine delle decine) che vengono messi a disposizione degli scienziati arrivano invece da donatori volontari.
Da un punto di vista legale la procedura per diventare donatori è una sorta di territorio grigio, in cui mancano ancora norme specifiche. Nella pratica però è piuttosto semplice: basta mettersi d’accordo con uno dei centri che se be occupano (a Torino per esempio esiste un vero e proprio laboratorio per lo studio del cadavere), ed esprimere la volontà con un testamento olografo. Al decesso, i parenti devono avvertire il centro, che procederà al trasporto della salma, e al suo congelamento. Nei mesi seguenti il cadavere verrà utilizzato a turno dai chirurghi che ne fanno richiesta (su un cadavere si possono eseguire più di un centinaio di operazioni differenti), poi verrà ricomposto, trasportato al cimitero e seppellito, solitamente a spese dell’istituzione a cui è stato donato.
Anche oggi, dunque, è possibile donare il proprio corpo alla scienza, ma l’organizzazione è resa difficile dalla mancanza di norme certe, e di programmi che incentivino questo tipo di scelta. I nove articoli delle nuove norme che saranno vagliate dal Parlamento prevedono per questo l’istituzione di centri di riferimento certificati dal Ministero della salute, una procedura unitaria per la donazione, con tempi certi per l’utilizzo delle salme, e la copertura delle spese funerarie da parte dello Stato.
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