La terza scheda la dedico a uno dei miei uccelli preferiti: il cardellino. Non l’ho mai allevato, pur tentato di farlo, perchè è così bello vederlo volare libero tra le fronde con i suoi colori accesi!

Non dimenticherò mai i 10-15 esemplari che frequentarono per alcuni giorni il giardino di Hoikos, attratti dall’albicocco con i frutti maturi, nel periodo della pandemia. Probabilmente con tutte le persone chiuse in case, superarono i timori di frequentare un’areale densamente abitato. Che spettacolo!

 

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Carduelis carduelis

Il cardellino (Carduelis carduelis) è un uccello passeriforme appartenente alla famiglia dei Fringillidi.

Etimologia

Cardellino si nutre di cardo a Marburgo, meritandosi il proprio appellativo.

Il nome scientifico della specie, carduelis, è un tautonimo, in quanto ripetizione di quello del genere: esso divenne tale quando la specie venne segregata dal genere Fringilla (dove l’aveva classificata Linneo nel suo Systema Naturae) per essere spostata in un genere a sé stante.

Carduelis era il nome con cui questi uccelli erano conosciuti nell’antica Roma, derivante (come del resto la sua controparte italiana, di diretta derivazione latina) dalla pianta del cardo, dei cui semi (specialmente di quelli del cardo rosso) i cardellini sono notoriamente ghiotti.

Biologia

Il cardellino è un uccello molto vispo e vivace, dalle abitudini essenzialmente diurne, che passa la maggior parte della giornata alla ricerca di cibo, mantenendosi generalmente fra l’erba alta o al suolo, per poi fare ritorno sul far della sera verso posatoi predefiniti al riparo fra i rami degli alberi, dove poter riposare.
All’infuori della stagione degli amori, i cardellini si muovono in piccoli stormi, che si tengono in contatto quasi costante fra loro mediante richiami cinguettanti (detti zic ed utilizzati dai bracconieri per attrarre esemplari selvatici da catturare), mentre durante la stessa le coppie tendono ad isolarsi ed appartarsi.

Il cardellino è particolarmente apprezzato per il suo canto melodioso: questo, emesso quasi unicamente dai maschi in amore (anche le femmine cantano di tanto in tanto, ma hanno un repertorio molto meno vasto e piuttosto monotono), appare continuo, sommesso e liquido. Il canto dei cardellini si compone di tre sequenze principali, emesse in modo casuale. Tali sequenze non hanno nomi standardizzati (come avviene per esempio fra i canarini da canto), ma sono note con numerosi termini dialettali (nella maggior parte dei casi onomatopeici): ad esempio, in Campania (dove l’allevamento del cardellino è molto radicato e diffuso da secoli) si riconoscono:
  • Ble ble – duplice ripetizione della sillaba in questione (ble, nota anche come ueo), viene generalmente emessa (anche se non tutti i cardellini ne fanno uso) all’inizio del canto, talvolta preceduta da un verso veloce detto pliò, e ciascun maschio ha la sua “pronuncia”;
  • Zipè – ripetizione di due sillabe (appunto  e ) per almeno quattro volte, lievissimamente separate fra loro, rappresenta la melodia più classica emessa durante il canto;
  • Ziò – sillaba finale di ogni sessione di canto;
  • Rullo – emissione di suoni liquidi durante il canto, vagamente richiamanti i versi dei Malinois.

La sequenza pliòble blezipèziò e quella zipèble bleziò, emesse coi giusti tempi e la giusta scansione fra le sillabe, vengono considerate perfette dai giudici delle gare di canto, e gli esemplari in grado di emetterle senza errori sono estremamente pregiati. A differenza del canarino domestico, il cardellino è piuttosto poco influenzabile da parte dei fattori esterni per quanto concerne il canto, che parrebbe avere origine ereditaria.

Alimentazione

I cardellini sono uccelletti prevalentemente granivori, la cui dieta si compone in massima parte dei semi di una gran quantità di piante erbacee: oltre ai cardi, la predilezione per i quali ha fruttato a questi animali sia il nome comune che il nome scientifico, questi uccelli si servono per nutrirsi anche di semi (maturi o ancora verdi) di acetosa, agrimonia, cicoria, romice, senecio, tarassaco, crespigno e girasole (rivelandosi molto ghiotti anche di quest’ultimo), oltre che dei semi di piante arboree a seme piccolo (principalmente cipresso e ginepro), foglioline, germogli, bacche e frutta matura.
Soprattutto durante il periodo degli amori, quando il fabbisogno energetico risulta aumentato per via delle operazioni di corteggiamento ed allevamento della prole, i cardellini si nutrono di insetti ed altri piccoli invertebrati, che vengono forniti anche ai nidiacei.

Riproduzione

La stagione riproduttiva va da aprile alla fine di agosto: durante questo periodo, vengono portate avanti 2 (sottospecie asiatiche, che si spostano più in quota per cominciare la seconda cova) o 3 covate, a seconda della disponibilità di cibo.

Le coppie (si tratta di uccelli monogami) cominciano a formarsi verso febbraio, coi due partner che vivranno a stretto contatto fino a settembre e anche dopo, aggregandosi generalmente al medesimo stormo: i maschi attirano le femmine cantando a squarciagola col becco aperto e le ali aderenti al corpo o con le punte lievemente rivolte verso il basso, ondeggiando il corpo per corteggiarle una volta arrivate. Le femmine ondeggiano a propria volta per segnalare interesse, accovacciandosi all’avvicinarsi del maschio e spostando lateralmente la coda per segnalare la propria disponibilità all’accoppiamento, permettendogli di montarle.

Nido con uova.

Il nido ha la forma di una coppa e viene costruito nel giro di circa una settimana dalla sola femmina, talvolta coadiuvata dal maschio che reperisce parte del materiale da costruzione: esso viene ubicato generalmente verso la biforcazione finale del ramo di un albero (spesso una conifera), e si compone di una parte esterna di rametti e licheni intrecciati e di una parte interna di fibre vegetali foderate ancora più internamente di piumino e lanugine, il tutto tenuto insieme da ragnatele. Al suo interno vengono deposte 2-7 uova di colore azzurro chiarissimo, con screziature brune di varia intensità particolarmente abbondanti sul polo ottuso. Le uova vengono covate dalla sola femmina per circa due settimane (circa 12 giorni nelle sottospecie meridionali, qualche giorno in più nelle grandi razze settentrionali): durante la cova, il maschio staziona nei pressi del nido, cantando frequentemente, tenendo d’occhio i dintorni per scacciare eventuali intrusi o individuare l’avvicinarsi di eventuali pericoli ed occupandosi di cercare il cibo per sé e per la compagna.

I pulli schiudono ciechi ed implumi. I genitori si alternano nelle cure parentali: mentre uno rimane al nido (per i primi 13-18 giorni la sola femmina), rimuovendo le deiezioni e tenendo al caldo e al sicuro la nidiata, l’altro si reca alla ricerca di cibo (semi immaturi, larve e afidi, i primi in proporzioni via via maggiori man mano che passano i giorni), che utilizzerà per imbeccare il coniuge ed i piccoli. In tal modo, i giovani cardellini sono pronti per l’involo attorno ai 13-18 giorni di vita: essi tendono tuttavia a rimanere ancora per una decina di giorni presso il nido, seguendo i genitori (che in genere stanno preparandosi a portare avanti un’altra covata) nei loro spostamenti e chiedendo loro (soprattutto al maschio), sebbene sempre più sporadicamente, l’imbeccata. In tal modo, i giovani vengono svezzati attorno al trentacinquesimo giorno dalla schiusa, quando sono virtualmente indipendenti e generalmente si disperdono.

La speranza di vita del cardellino in natura è di circa 3-4 anni, mentre in cattività questi uccelli (pur venendo generalmente considerati fra i fringillidi da gabbia più delicati e meno longevi) raggiungono i 10-12 anni d’età.

Rapporti con l’uomo

Da tempo immemore, in tutta l’area mediterranea i cardellini sono conosciuti per la bella colorazione ed il canto melodioso dei maschi, che vengono talvolta ancor oggi ibridati coi canarini per ottenere gli incardellati, a loro volta assai apprezzati per il canto.

Raffaello, Madonna del cardellino, 1506 ca.

Bronzino, Giovanni de’ Medici, 1545.

Secondo la mitologia greca il cardellino sarebbe in realtà una delle Pieridi, Acalante, trasformata in uccello da Atena; il mito è raccontato da Ovidio nelle Metamorfosi. In generale, nella antica cultura pagana il cardellino rappresentava l’anima dell’uomo che al momento del trapasso vola via: tale significato è stato mantenuto anche in ambito cristiano, dove il cardellino diviene inoltre simbolo della passione di Cristo, e per tale motivo raffigurato in numerosi dipinti rinascimentali (generalmente in associazione alla Madonna, a Giovanni Battista ed a Gesù bambino) come presagio del futuro del Messia cristiano.

La connessione del cardellino con il Cristo bambino è giustificata a fortiori da una leggenda cristiana, nella quale si narra che un cardellino si fosse messo ad estrarre le spine della corona di spine che trafiggeva il Cristo crocifisso, e che si fosse trafitto a sua volta, macchiandosi anche con il sangue di Gesù: l’uccellino così sarebbe rimasto sempre con la macchia rossa sul capo. Anche San Girolamo viene spesso raffigurato in compagnia di uno di questi uccelli.

Il cardellino come uccello in gabbia è stato invece raffigurato in numerosi dipinti più contemporanei, come ad esempio I bambini Graham di William Hogarth, Manuel Osorio Manrique de Zuñiga di Francisco Goya e infine in Nord Sud di Joan Miró: menzione a parte merita il dipinto Il cardellino di Carel Fabritius, dalla cui osservazione nel MET da parte del protagonista si dipana il romanzo vincitore del Premio Pulitzer per la narrativa 2014 intitolato per l’appunto “Il cardellino”.

Antonio Vivaldi scrisse un concerto per flauto detto “Il Gardellino” RV 428 (Op. 10 No. 3) in cui il flauto imita il canto del cardellino: ne Le quattro stagioni, inoltre, alla battuta 72 dello spartito del concerto Estate ha inserito la dicitura “IL GARDELLINO” (l’artista era veneziano, e in dialetto veneziano il cardellino viene chiamato gardèl o gardelìn), mentre nel sonetto che accompagna il concerto un verso dice “Canta la tortorella e ‘l gardellino”.

FONTE


Cardellino (Carduelis carduelis)

Nelle campagne alberate, ai margini dei boschi e nei pressi dei campi incolti, è facilmente osservabile uno degli uccelli più belli e colorati delle nostre campagne: il cardellino. Si tratta di un passeriforme di piccola taglia (lunghezza 12 cm, apertura alare 21 – 25 cm), che deve il nome alle sue abitudini alimentari; lo si può osservare infatti sui fiori del cardo, intento a estrarre abilmente i semi dal ricettacolo di questi fiori. Si nutre anche di semi e frutti secchi di molte altre piante. Il suo piumaggio è unico e facile da riconoscere. Il capo è bianco e nero con mascherina rossa; le ali sono nere con una banda mediana gialla molto ben visibile quando l’uccello è posato. Gli apici delle remiganti inoltre, sono bianchi e evidenti in volo. Il cardellino emette un caratteristico cinguettio liquido che termina con un trillo simile a quello del canarino. I cardellini vanno in cerca di cibo in piccoli stormi, ai bordi delle strade e sui campi coltivati. All’arrivo dell’inverno si riuniscono nelle aree incolte in gruppi più grandi, in cui si formano le coppie che nidificheranno l’anno successivo. Le nuove coppie a febbraio si spostano nelle campagne, dove i maschi iniziano la costruzione del nido. Da aprile a settembre le femmine iniziano a deporre da 4 a 6 uova e nelle stagioni migliori, possono arrivare anche a prendersi cura di 2– 3 nidiate all’anno.

FONTE