Borderline, termine impiegato per indicare il disturbo borderline della personalità, così definito perché al confine con la malattia mentale

 

Borderline: significato

Il termine borderline, sintetizzato in psichiatria con DBP, sta per disturbo borderline della personalità. Esso si manifesta con la difficoltà di organizzare i propri pensieri, impulsività, instabilità emotiva e repentini cambi di umore. Il disturbo è definito borderline proprio perché si trova al confine con la malattia mentale vera e propria (psicosi), senza presentarne però i sintomi psichiatrici maggiori. Sappiamo infatti che le problematiche psicologiche che affliggono gli essere umani vengono distinte in due grandi categorie: le psicosi, che comportano un’alterazione delle relazioni e delle interazioni sociali e le nevrosi, in cui il soggetto mantiene il contatto con la realtà che lo circonda ed è in grado di vivere in modo responsabile e autonomo all’interno del proprio contesto di appartenenza.

Borderline e imputabilità

Il disturbo borderline della personalità pone problemi piuttosto spinosi quando chi ne è affetto commette un reato. Il nostro ordinamento infatti ritiene non imputabile solo chi è affetto da un vizio totale di mente, che ne esclude totalmente la capacità di intendere e di volere, mentre prevede una diminuzione della pena qualora il soggetto, nel momento in cui commette il fatto, si trova in uno stato di mente che ne scema solo, senza eliminarla del tutto, la capacità di intendere e di volere.
Il problema quindi, nei soggetti borderline è capire se e in che misura possono considerarsi imputabili di un reato. Dubbio a cui ha tentato di rispondere la Corte di Cassazione.

Imputabilità dei borderline secondo la Cassazione

Sulla questione della imputabilità dei borderline la recentissima sentenza n. 11110/2020 della Cassazione ha chiarito, in relazione al caso di specie, che l’imputata sebbene: “affetta da disturbo di personalità con caratteristiche miste di tipo borderline e antisociale in comorbità con disturbo di dipendenza da più sostanze, in occasione degli eventi criminosi tale disturbo ha determinato solo una sensibile riduzione della capacità di intendere e volere e non la sua completa elisione, considerato anche il contegno processuale ed extra processuale assunto dalla stessa, che, sia in occasione delle dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria che di interrogatorio reso al GIP, ha mostrato di avere piena consapevolezza e cognizione delle condotte realizzate”.
Conclusioni in linea con la sentenza n. 44659/2016, che ha avuto modo di precisare, sui disturbi della personalità in generale, in cui rientra anche il borderline che: “Ai fini del riconoscimento del vizio totale o parziale di menteanche i “disturbi della personalità”, che non sempre sono inquadrabili nel ristretto novero delle malattie mentali, possono rientrare nel concetto di “infermità”, purché siano di consistenza, intensità e gravità tali da incidere concretamente sulla capacità di intendere o di volere, escludendola o scemandola grandemente, e a condizione che sussista un nesso eziologico con la specifica condotta criminosa, per effetto del quale il fatto di reato sia ritenuto causalmente determinato dal disturbo mentale.”

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