Da mercoledì 17 aprile a domenica 26 gennaio 2020
Torino – Art Nouveau in Francia, Liberty in Italia, Tiffany negli Stati Uniti: sono tanti i nomi con cui è conosciuta la corrente artistica che si è imposta tra fine Ottocento e inizio Novecento invadendo tutte le arti figurative, dalla pittura all’architettura, dalla scultura all’arredamento. E all’Art Nouveau francese, con un omaggio al Liberty torinese, è dedicata la nuova mostra alla Reggia di Venaria Art Nouveau. Il trionfo della bellezza. Aperta dal 17 aprile 2019 fino al 26 gennaio 2020, la mostra è curata da Katy Spurrell e prodotta e organizzata dal Consorzio delle Residenze Reali Sabaude con Arthemisia. Con un allestimento diviso in cinque sezioni, la mostra presenta 200 opere – tra manifesti, dipinti, sculture, mobili e ceramiche d’epoca – ripercorrendo idealmente le tematiche al cuore del movimento che per primo ha trasformato l’arte in design di interni.
L’Art Nouveau è la prima risposta alle nuove disponibilità economiche della borghesia francese e dal loro desiderio di acquistare e circondarsi di bellezza. Non a caso in Francia prende il nome dal negozio L’Art Nouveau Bing, aperto nel 1895 dal commerciante d’arte Siegfrid “Samuel” Bing, mentre in Italia il termine Liberty deriva dal nome dei magazzini londinesi fondati nel 1875 da Arthur Lasenby Liberty. «Bing era un commerciante e voleva creare appunto un’arte nuova – ha detto la curatrice Katy Spurrell in conferenza stampa – voleva dire basta alle vecchie regole dell’800 dominate dallo storicismo e voleva creare un’arte che rispecchiasse l’attualità. La Parigi dopo il 1871, con tutte le problematiche successive alla guerra franco-prussiana, era una città in crescita con un netto aumento della popolazione da 1,8 milioni a 2,8 milioni nell’arco di pochi anni. Una città dinamica, con la metropolitana che aveva appena aperto i battenti, ed era la città per eccellenza per l’arte. Gli artisti abbracciavano questa nuova realtà, e con l’apertura del suo negozio Bing diede loro l’opportunità di vendere l’arte di quel momento».
La prima sezione della mostra è dedicata alla natura come fonte di ispirazione: «Non è la natura degli impressionisti – ha spiegato Spurrell – l’idea dell’Art Nouveau era portare la natura all’interno di un contesto urbano e di ricreare l’ambiente naturale all’interno delle abitazioni. Artisti come Gallet e Majorelle riprendevano immagini naturalistiche e le applicavano ad oggetti come mobili, vetri, ceramiche, bronzi, e non solo nella pittura. Era un’arte onnicomprensiva che puntava ad una metamorfosi dell’ambiente, a creare un’oasi nell’ambito della città».
La centralità della figura umana, in particolare quella femminile, è il tema della seconda sezione: la donna come rappresentazione dell’amore, della sensualità, dell’emancipazione e della donna “maledetta”, con una carica erotica più o meno esplicita. «La sessualità della donna in un contesto di natura emerge con forza – ha aggiunto la curatrice – la donna è protagonista dell’art Nouveau». Tra tutte, preminente è la figura dell’artista Sarah Bernardt, che seppe trasformare la propria immagine in business: «La prima donna star del mondo, sapeva usare i mezzi di autopromozione in modo forte, controllava tutto quello che veniva pubblicato con la sua immagine, e tutti gli artisti più importanti dell’epoca l’hanno ritratta». La terza sezione gira invece intorno al simbolismo e al misticismo, alle scienze esoteriche e all’inquietudine della psiche, l’esplorazione delle religioni alternative e dei misteri dell’esistenza.
Artisti che diventano designer, arte che arriva alla portata di tutte le tasche: a questo aspetto è dedicata la quarta sezione. Gli esponenti dell’Art Nouveau «abbracciavano la modernità della produzione industriale con oggetti in serie – ha notato Spurrell – da una parte la nuova borghesia aveva voglia e gusto di arredare le case, dall’altra gli artisti rispondevano dando la possibilità di comprare arte». Rientra in questa sezione l’arte della serigrafia che viene applicata al commercio, diventando manifesto e pubblicità.
L’ultima sezione della mostra è quindi dedicata a Torino: Art Nouveau. Il trionfo della bellezza è infatti una mostra fortemente legata al territorio e alla storia del capoluogo piemontese. Qui nel 1902 si tenne l’Esposizione internazionale d’arte decorativa, e per la prima volta lo stile artistico venne introdotto in Italia nel design italiano, tramite architettura e arredamento. L’influenza che ha trasformato l’architettura urbana di Torino è ancora evidente in tanti quartieri della città. «Si vede la differenza tra l’Art Nouveau francese e la Liberty italiana – ha detto la curatrice – gli italiani prendono un’altra via con linee più pulite che poi diventeranno protagoniste dopo la prima Guerra Mondiale nell’Art Dèco francese e nella Modern Art in America». Per questo integra la mostra un progetto fotografico del fotografo Pino Dell’Aquila per le vie della città, accompagnato da una mappa che illustra i luoghi del Liberty torinese, sia residenze che architetture industriali.
Tutti gli elementi della mostra appartengono a collezionisti privati e la sua popolarità nell’ultimo mezzo secolo è passata anche attraverso il rock e trova nuova linfa grazie alle espressioni artistiche contemporanee. «L’Art Nouveau è stata snobbata dai musei in passato e il collezionismo è iniziato negli anni ’60, e la sua rinascita è avvenuta attraverso la musica rock di San Francisco, quando gruppi come i Grateful Dead l’hanno usata sui loro manifesti dei concerti e sulle copertine dei dischi. Anche oggi ci sono diversi street artist, come Diamond a Roma, che fanno opere influenzate da Bucha e dall’Art Nouveau», ha concluso Spurrell, sottolineando come l’influenza che ha dato il via al modernismo e al design continui anche oggi.
«Un periodo di grande fascino per un lavoro che fu fatto da giovani che uscirono dalle convenzioni e dalle regole, un periodo di rottura e aggressività ma che ha portato grandi spunti e insegnamenti perché creare e avere visioni significa avere la capacità di essere fuori dal coro e segnare nuove strade», è stato il commento di Antonella d’Afflitto, assessora alla cultura del comune d Venaria, che si è augurata che per il Consorzio delle Residenze Reali Sabaude «sia l’ultima conferenza stampa privi di un nuovo direttore».
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