Per la Giornata mondiale sulla sindrome feto-alcolica torna la campagna di Fabrica «Too young to drink», un neonato immerso in un cocktail tra lime e cubetti di ghiaccio
Anche in piccolissime dosi l’alcol assunto in gravidanza può rappresentare un rischio per la salute del nascituro. Lo dimostra l’ultimo studio sulla sindrome feto-alcolica, diretto da Simona Pichini dell’Istituto superiore di sanità e in pubblicazione sulla rivista Clinical Chemistry and Laboratory Medicine. Lo studio italo-spagnolo, condotto su 168 coppie mamma-neonato (dell’Hospital del mar di Barcellona), dimostra che quantità modeste di alcol consumate durante tutta la gravidanza sono rilevabili sia nel capello materno che nelle prime feci neonatali, il meconio. Dunque, anche bevendo poco ma spesso, l’alcol può avere effetti sul feto. Il rischio è quello dei FASD (Fetal alcohol spectrum disorders), una serie di possibili danni causati dall’esposizione prenatale all’alcol: malformazioni alla nascita, disturbi dell’apprendimento, del comportamento e disturbi mentali. Se si evita l’alcol in gravidanza, i FASD sono prevenibili al 100%.
Troppo giovane per bere
I risultati dello studio sono stati diramati in occasione della Giornata mondiale sulla sindrome feto-alcolica, che da 16 anni si svolge il 9 settembre (il 9° giorno del 9° mese, dalle 9.09 del mattino alle 9.09 di sera). E l’European Fasd Alliance ha presentato l’edizione 2015 di «Too young to drink» (troppo piccolo per bere), campagna di comunicazione ideata da Erik Ravelo di Fabrica, il centro di ricerca per la comunicazione del gruppo Benetton. La campagna è patrocinata da Iss e dal Ministero della Salute. L’immagine simbolo è quella di un neonato che fluttua tra gli ingredienti di un drink alcolico, lime, cubetti di ghiaccio, bollicine… Un’immagine rappresentata in poster e striscioni esposti in occasione della Giornata mondiale da più di 80 organizzazioni in 35 Paesi. Inoltre, sarà lanciato il social contest «Diventa ambasciatore di TYTD 2015»: ai cittadini sarà chiesto di fare foto e video con i materiali della campagna. Le foto e i video saranno pubblicati e diffusi nei sociali media usando gli hashtag #TYTD2015 #tooyoungtodrink.
TUTTI I DANNI DELL’ALCOL IN GRAVIDANZA, MA IL 50% DELLE DONNE CONTINUA A BERE
Alcol in gravidanza? Assolutamente vietato! Interferisce con lo sviluppo del feto e può creare problemi anche durante l’allattamento. Eppure, in barba alle raccomandazioni di medici ed esperti, sono ancora molte le donne che, anche quando sanno di aspettare un bambino, non smettono di bere.
La media in Italia si aggira addirittura intorno al 50% quella delle donne incinte che bevono almeno due bicchieri di alcol durante la gravidanza mentre in Europa si oscilla dal 6% della Svezia all’82% dell’Irlanda. Sono i dati snocciolati dall’Istituto superiore di Sanità (Iss), in occasione della Giornata mondiale di sensibilizzazione sulla Sindrome feto-alcolica e i disturbi correlati che si è svolta il 9 settembre scorso.
L’iniziativa è stata patrocinata dall’Iss di cui è Ambassador per la campagna “Too Young To Drink” insieme con il ministero della Salute e ha lo scopo di sottolineare il ruolo dei servizi sanitari nel fornire una corretta informazione e indicazioni per il trattamento, in linea con l’approccio della nuova pubblicazione dell’Oms Europa “Prevention of harm caused by alcohol exposure in pregnancy: rapid review and case studies from Member States” .
“Le nostre stime ci dicono che in Italia il 50-60% delle donne in gravidanza – spiega Emanuele Scafato, direttore dell’Osservatorio nazionale alcol dell’Iss – continuano a bere, mantenendo le abitudini che avevano in precedenza. Poiché l’età media in cui le donne affrontano una gravidanza in Italia è tra i 30 e i 35 anni, abbiamo ricavato, sulla base dei tassi di consumi alcolici in quella fascia, che non bevono meno di due bicchieri, il doppio cioè di quello che dovrebbero evitar”. Da ciò deriva che 7 neonati su 100 subiscono l’esposizione all’alcol nel grembo materno.
I danni dell’alcol in gravidanza
Cosa fa l’alcol in stato di gravidanza? È capace di oltrepassare la placenta e fornire al feto una concentrazione di alcol identica a quella della gestante. A differenza, però, di un adulto, il feto non ha gli enzimi necessari a metabolizzare l’alcol per cui subisce danni a livello cerebrale e sui tessuti in via di sviluppo (può quindi causare malformazioni). Interferisce anche sullo sviluppo intellettivo generando ritardo mentale e deficit cognitivo ed è alla base di gravi carenze vitaminiche.
Le donne incinte che bevono in media 3 o più bicchieri incorrono, inoltre, con più frequenza nella possibilità di aborto. Oppure, il nascituro può nascere prematuro e in questo caso avere sintomi o disturbi definiti alcolici sino ad arrivare alla sindrome conclamata feto-alcolica, irreversibile e spesso progressiva.
Ricordatevi, inoltre, che maggiore è il consumo e maggiore è il rischio ed è ovvio che sintomi, disturbi e sindrome feto-alcolica sono evitabili astenendosi totalmente dal bere nel corso della gravidanza. Più di 12 drink a settimana aumentano in maniera significativa il rischio di parto prematuro e di neonato sottopeso.
“Purtroppo gli effetti sul bambino, una volta nato, non si vedono subito – conclude Scafato –, ma più avanti nell’età evolutiva, quando iniziano ad apparire evidenti alterazioni delle capacità cognitive e disturbi nella crescita. I genitori vedono che in attività normali i figli non sono reattivi come dovrebbero”.
E se la gravidanza l’avete programmata? Bene! Sappiate che gli organi vitali del feto, cuore, cervello e scheletro, si formano già durante i primi 10-15 giorni dopo il concepimento. Per cui, smettere di bere bevande alcoliche già dal momento in cui si decide di provare ad avere un figlio (e deve farlo anche il futuro papà!) rappresenta una fondamentale misura protettiva per il bambino.
Germana Carillo
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