Riporto questo ottimo articolo pubblicato su LA ZAMPA come base per ulteriori riflessioni con le quali vorrei integrare un argomento che mi sta particolarmente a cuore.
La storia della volpe Emma, ecco perché non bisogna alimentare la fauna selvatica
di CHIARA GRASSO
Quando si amano gli animali è facile cadere in tentazione e rischiare che le emozioni e i sentimenti prevalgano sulla razionalità e il buon senso. Questo accade quando ci facciamo sopraffare dal nostro desiderio egoistico di interagire con gli animali selvatici e non ragioniamo adeguatamente sulle conseguenze e i rischi a cui in realtà, sottoponiamo gli stessi animali che vogliamo aiutare.
L’esempio più eclatante è chiaramente alimentare gli animali selvatici.
Per concretizzare questo concetto vi racconto di una volpe che incontrai durante un monitoraggio qualche anno fa. Mi capita spesso, da etologa, di dover gestire animali problematici che rischiano di diventare un problema per le persone o per loro stessi e quella volta ero stata contattata dalle guardie zoofile di un paesino perché tutti gli abitanti del borgo avevano ormai “adottato” una volpe che aveva fatto la tana dentro ad un fienile. Le avevano addirittura dato un nome, Emma, come fosse un cagnolino (motivo per cui io trovo sbagliatissimo dare nome ai selvatici. Non sono nostri, non sono domestici e nominarli crea un vincolo antropocentrico che non dovrebbe esistere per la salvaguardia della selvaticità dell’animale stesso).
Emma passava le sue giornate di porta in porta tra tutte le case del paesino, la gente la alimentava, lei in cambio si faceva fare due carezze, e un wurstel qui, un wurstel lì, Emma aveva completamente perso la sacrosanta diffidenza nei confronti dell’essere umano. Quando la vidi mi sembrava di vedere un cagnolino. Una scena tristissima che mai avrei voluto vedere. Un animale selvatico addomesticato, quasi obeso da tanto cibo, che non era più in grado di sopravvivere senza l’Uomo e che non sapeva più svolgere la sua funzione ecologica di spazzino e predatore all’interno dell’ecosistema e tutti noi sappiamo quanto siano importanti i predatori per regolare le popolazioni di altri animali, riequilibrando la salute dell’habitat.
Emma viveva sugli zerbini delle case, non cacciava da mesi, era visibilmente malnutrita e dal comportamento sempre più innaturale e anormale.
Una settimana dopo la mia valutazione, venni a sapere che la volpetta aveva aggredito un contadino, mordendolo gravemente perché ormai aveva perso completamente la diffidenza ed era quindi diventata un problema per la comunità. La storia diede il pretesto ad una coppia che allevava galline per tentare di avvelenare Emma, che si salvò per miracolo grazie alle cure del centro di recupero in cui la portammo.
Una volta salvata dal veleno per topi e fuori pericolo, tentammo di liberarla, ma purtroppo Emma era eccessivamente addomesticata e docile per poterla rilasciare in Natura e tutt’oggi si trova in cattività, dentro una gabbia…per colpa di tutti quei paesani che l’hanno alimentata credendo di far del bene, spinti dall’amore e dal buon cuore.
Questa triste storia spero possa farci ragionare su quanto, alimentare i selvatici sia pericoloso e dannoso, oltre che inutile.
Ci sono due motivi che potrebbero spingerci a fornire cibo alla fauna selvatica:
– Crediamo siano animali affamati e in difficoltà e quindi vogliamo aiutarli.
– Vogliamo avvicinarli attraverso il ricatto alimentare per poterli avere a pochi cm da noi.
In entrambi i casi, non bisognerebbe alimentare gli animali.
– Nel primo caso, se trovassimo un animale affamato e in difficoltà, dovremmo rivolgerci al centro di recupero fauna selvatica più vicino a noi, che per legge è l’unico ente che può prendersi cura di fauna selvatica. Nessun privato cittadino, infatti può e deve detenere, gestire e curare animali selvatici, pertanto alimentare un animale che noi crediamo sia denutrito spetta solo ed esclusivamente agli enti preposti e non a singoli cittadini, perché i rischi di compromettere ulteriormente la salute e il benessere di quell’individuo sono più di quelli che crediamo.
Anche alimentare gli uccellini in inverno è una pratica che va molto di moda ma che non ha reali benefici sui volatili. Anzi, spesso rischiamo solo di abituare gli uccelli a noi, peggiorando il loro benessere e la loro sopravvivenza. Inoltre, i farinacei con cui spesso si alimentano gli uccelli, erroneamente, sono un vero e proprio veleno in quanto riempiono la pancia dei poveri uccellini con carboidrati senza effettivi nutrienti, il che li porta a morte per malnutrizione in poco tempo. Per aiutare gli animali selvatici in inverno, però, si può davvero fare qualcosa di concreto, lasciando ad esempio foglie secche e sterpaglie per terra che offrono un caldo riparo e frutta sugli alberi per permettere agli uccellini di alimentarsi in modo sano senza abituazione. Quindi, per aiutare davvero un animale affamato e in difficoltà, la risposta non è su Google ma alzando il telefono e contattando i veterinari dei centri di recupero.
– Nel caso invece in cui volessimo avvicinare un animale con il cibo solo per il gusto di averlo vicino qualche secondo, credendo sia un comportamento innocuo, è bene ricordarci dei pericoli e delle conseguenze di questo, che innocue, ahimè, non sono proprio.
In primis, il nostro cibo potrebbe essere dannoso e sbagliato per la dieta di un animale selvatico, ma se anche fosse cibo corretto, l’interazione con una specie selvatica potrebbe compromettere la nostra salute e quella degli animali ai quali potremmo attaccare infezioni zoonotiche e viceversa, talvolta anche mortali.
Inoltre, alimentare un animale selvatico lo porta a non svolgere il suo ruolo ecologico ed etologico, alterando oltre alla sua etologia, al suo benessere e alla sua salute, anche gli assetti ecologici nell’ecosistema, le relazioni all’interno del gruppo di appartenenza e gli equilibri preda-predatore fondamentali per la salvaguardia ambientale. Non si può, inoltre, non considerare la componente etica. Non è accettabile ogni forma di ricatto morale nei confronti delle specie selvatiche che si avvicinano a noi solo in cambio di un’offerta di cibo e con strategie affini. Scegliere di avvicinarsi a noi é un’azione che non farebbero mai spontaneamente, dato che l’interazione con l’Uomo non é inclusa nel loro repertorio comportamentale specie-specifico.
Non esiste “curiosità”: se un animale selvatico si avvicina a noi, è un animale “rotto”, è un animale che non sarà mai libero, mai selvatico e che in noi cerca solo cibo, forse perchè molti altri ingenui prima di noi l’hanno alimentato inconsapevoli dei danni che arrecavano all’animale.
Pensiamoci, due, tre, mille volte, quindi, prima di dare un bocconcino ad un selvatico. Un nostro gesto fatto in buona fede può in realtà diventare un pericoloso anello di una catena che non vorremmo mai legare al collo di un selvatico.
* Chiara Grasso è etologa e presidente di Eticoscienza