Argomento che in passato abbiamo già affrontato in CAPT e che in questo ottimo articolo è analizzato sotto una diversa prospettiva. Prendo nota per poi approfondire.

 

Gli insetti provano dolore? La questione è etica

Una recente review delle ricerche sul tema lo ritiene quanto meno plausibile. Se così fosse servirebbero norme per garantirne il benessere negli allevamenti se, come chiede la Fao, il loro consumo alimentare sarà la chiave per un futuro sostenibile

Per qualcuno parlare di benessere animale nel caso degli insetti è andare un po’ troppo in là. Per altri, una questione etica fondamentale. Quel che è certo è che se mai il consumo alimentare di insetti si rivelerà davvero la chiave per un futuro sostenibile, come sostiene da anni la Fao, il tema presto o tardi si farà più che mai attuale. Tutto sta a capire se gli insetti provano dolore. Se così fosse, sarebbe sacrosanto immaginare delle regole per allevarli senza provocare inutili sofferenze. Se ne fossero incapaci, come ritenuto fino ad oggi dalla stragrande maggioranza degli scienziati, si tratterebbe invece di preoccupazioni inutili. Una nuova review pubblicata sui Proceedings of the Royal Society B sembra avere la risposta: secondo i suoi autori, le ricerche disponibili supportano la possibilità che gli insetti possiedano meccanismi di regolazione della nocicezione, e quindi qualcosa di potenzialmente simile al dolore propriamente inteso.

 

Dolore e nocicezione

Per comprendere il ragionamento degli scienziati è probabilmente utile fare qualche distinzione. Dolore e nocicezione, infatti, non sono sinonimi: il primo è una sensazione negativa soggettiva, che sperimentiamo di norma in corrispondenza di un evento che danneggia il nostro organismo; il secondo il processo sensoriale che veicola i segnali inviati dalle fibre nervose dei tessuti danneggiati, trasportandoli fino al cervello dove vengono elaborati e possono dare origine alla sensazione di dolore. Nell’uomo (specie per la quale abbiamo la certezza di come venga sperimentato il dolore), dolore e nocicezione possono essere modulati indipendentemente dal cervello, per permettere di rispondere al meglio alla situazione: il dolore può essere inibito, lasciando inalterate le risposte nocicettive, e viceversa, la reazione nocicettiva può essere inibita (o amplificata) lasciando inalterata la sensazione di dolore.

 

Non potendo chiedere a un insetto se e come prova dolore, l’unica possibilità è studiarne le reazioni nocicettive. E anche negli insetti, scrivono gli autori della review, esistono prove di una modulazione delle risposte agli stimoli dannosi. I bombi, ad esempio, sopprimono le reazioni di evitamento degli stimoli negativi (come l’alta temperatura), se questo permette loro di raggiungere alimenti altamente nutritivi, come una soluzione particolarmente zuccherina. “Un tratto distintivo della percezione del dolore umana è che può essere modulata dai segnali nervosi provenienti dal cervello”, spiega su Newsweek Matilda Gibbons, prima autrice dello studio. “I soldati a volte non si rendono conto di aver ricevuto ferite anche serie sul campo di battaglia, perché gli oppioidi prodotti dal loro organismo sopprimono i segnali nocicettivi. Ci siamo quindi chiesti se il cervello degli insetti contiene i meccanismi neurali che renderebbero plausibile l’esperienza di un di qualcosa di simile al dolore, e non solamente una capacità nocicettiva di base”.

 

Stando alle ricerche di Gibbons e colleghi, gli insetti possiedono fibre nervose discendenti che trasportano informazioni dal cervello (dove viene elaborato lo stimolo doloroso) verso la catena gangliare centrale (l’equivalente del midollo spinale negli artropodi) da cui hanno origine le eventuali reazioni di difesa dagli stimoli nocivi. E anche se non possiedono i recettori degli oppioidi, che modulano la risposta al dolore nei mammiferi, il loro sistema nervoso produce specifici tipi di proteine in risposta ad eventi traumatici, potenzialmente in grado di svolgere un ruolo equivalente. Analizzando questi e una lunga serie di altri dati simili, i ricercatori ritengono di aver trovato una risposta ai loro interrogativi. “Riteniamo che il sistema nervoso centrale degli insetti eserciti un controllo sulla nocicezione, stando ai dati anatomici, molecolari e comportamentali disponibili – spiegano – e un simile controllo è coerente con l’esistenza dell’esperienza soggettiva del dolore”.

Di per sé, quella dei tre scienziati rimane un’opinione, per quanto qualificata. Ma sottolinea sicuramente l’importanza di studiare più a fondo l’argomento, visto che presto quella che fino ad oggi era probabilmente una curiosità tutta scientifica è destinata a trasformarsi in una questione etica fondamentale. Se l’allevamento degli insetti dovesse vedere l’espansione prevista da molti esperti, in quanto fonte di proteine a basso impatto ambientale, le condizioni in cui vengono cresciuti e abbattuti si farà di colpo estremamente attuale. “Ci troviamo ad un bivio fondamentale in cui dovremo decidere come sfamare una popolazione umana destinata a raggiungere quota 10miliardi entro il 2050”, concludono i tre autori della review. “Visto che l’allevamento tradizionale è una delle cause principale dei cambiamenti climatici, le Nazioni Unite raccomandano da tempo l’allevamento intensivo di insetti a scopo alimentare. Pensiamo però che non siano state prese in debita considerazione le implicazioni etiche di questa decisione, visto che di norma gli insetti non sono considerati dalle leggi sul benessere animale”.

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