Nel suo libro, Douglas Rushkoff  sostiene che in Rete viviamo in un “Presente continuo” dove il tempo non scorre. E racconta i rischi di uno stile di vita sempre dove la tecnologia occupa uno spazio sempre maggiore

 

In Presente continuo di Douglas Rushkoff l’argomento centrale è che la Rete abbia trasformato la nostra percezione del passato e persino quella del futuro, per farci vivere in un «present continuous» in cui non esiste più sequenza temporale. «Quando ogni cosa finisce per connettersi a tutto il resto, la realtà stessa raggiunge una singolarità, un momento di infinita complessità in cui tutto avviene nello stesso istante: è il momento del presente continuo assoluto, in cui storia, futuro e presente si ripiegano uno nell’altro, mettendo fine al tempo».

Da notare che il termine «singolarità» è lo stesso con cui i cosmologi designano l’uovo primordiale all’origine dell’universo (pre-Big Bang), dove sussistono condizioni di densità infinita dell’energia e dell’informazione: solo che quella digitale è una singolarità che non esplode mai in un Big Bang, ma resta eternamente latente in una specie di a-temporalità.

Secondo Rushkoff, uno dei massimi esperti del rapporto fra tecnologia e società, la Rete tende a indebolire la nostra percezione della Storia (e delle singole storie); se tutto è disponibile all’istante con un clic, va a finire che gli assiro-babilonesi, le Crociate e Garibaldi stanno tutti sullo stesso piano e si affievolisce il senso della sequenza degli eventi. Fino a una generazione fa, il presente acquistava senso attraverso la Storia, una Storia che ci raccontava come ci siamo arrivati, a questo benedetto presente; oppure ci aiutavano le trame dei romanzi e dei film, che davano significato alle nostre esperienze e ci insegnavano a vivere facendo da mediatori con la realtà storica. Ma adesso il fruitore della Rete rischia di subire quello che Rushkoff definisce «un collasso narrativo»: la realtà gli sembra più un collage che un racconto sequenziale. Un sintomo potrebbe essere la difficoltà che hanno gli studenti del XXI secolo di fronte a classici esercizi scolastici come i riassunti.

Ma questo riguarda l’approccio col passato. Perché l’esperienza digitale si sarebbe mangiata anche il futuro? Qui entrano in campo i giochi virtuali. Dice Rushkoff che «a una cultura popolare confusa e disorientata di fronte al collasso della narrativa lineare, i giochi offrono una risposta concreta»: sono proprio i giochi a proporre la nuova narrazione del XXI secolo (o almeno quel che può sopravvivere di una qualsiasi narrazione). «I giocatori diventano la storia stessa, in tempo reale», molto meglio di quanto succeda con i libri o con i film. Però… i giochi digitali sono tremendamente coinvolgenti: «Chiunque può perdersi in World of Warcraft senza rendersi conto che sono passate quattro ore… nel frattempo abbiamo saltato il pranzo o perso il momento per fare un bel bagno…». Ed è pure peggio con i social games, che non finiscono mai e sviluppano con continuità addirittura in una seconda vita, parallela a quella ordinaria. A un certo punto, perché una Second Life non può diventare tutto? Che bisogno c’è della vita numero uno, quella materiale, che di solito è molto più brutta della seconda?

Ecco, è a questo punto che il futuro sparisce, nel senso che può essere inghiottito dai supporti digitali. Rushkoff scrive che «negli scenari previsti dai fanatici della tecnologia… il futuro postnarrativo appartiene… alle macchine, all’intelligenza planetaria… alla stessa informazione». Secondo Ray Kurzweil, autore di The Age of Spirituals Machines, «l’essere umano rappresenta solo una fase dell’evoluzione della materia verso livelli superiori di complessità». «Qualsiasi cosa ci renda umani, come il genoma o le funzioni cognitive, verrà mappata e resa virtuale dai computer entro il 2050 circa: allora potremo anche farci da parte e lasciar camminare i computer con le loro gambe». Insomma la scelta più facile (o bisogna dire, addirittura, la scelta più naturale?) sarà proseguire con la nostra Second Life virtuale, cancellando del tutto il futuro della First Life, così dozzinalmente organica.

Molti accetterebbero già oggi; ma nel 2050 qualcuno potrà ancora scegliere e dire di no? Il meglio in cui possiamo sperare, secondo Rushkoff, sarà «negoziare con la tecnologia per ottenere qualcosa che noi vogliamo, oltre a quello che vuole lei».

Il libro

Presente continuo – Quando tutto accade ora, di  Douglas Rushkoff

Traduzione di Giovanni Giri e Sergio Orrao

Codice Edizioni, pagg. 288

FONTE