Articolo spaziale! Spiega mille cose interessantissime! Me lo salvo per poterlo poi leggere con attenzione appena possibile.
Tutto sui fiori commestibili in 10 punti
di Gaetano Zoccali
Impariamo a riconoscere le specie eduli da raccogliere negli incolti e quelle più facili da seminare ora per aggiungere biodiversità al balcone e alla tavola. Tutti i tutorial
Molti dei fiori che possiamo seminare in terrazzo in primavera sono commestibili. E talvolta, a dire il vero, non serve nemmeno coltivarli, perché possiamo raccoglierli nei campi. Cosa c’entrano erbe e fiori eduli con la sostenibilità? La varietà in tavola incoraggia le diete a base vegetale che, come sappiamo, possono ridurre del 50% le emissioni di carbonio rispetto alla dieta definita occidentale; un modello, quest’ultimo, che consuma moltissima acqua e che premia la monocoltura. Pensiamo che un uomo del Paleolitico si cibava di 400 specie di piante, mentre a fine Settecento un abitante di Parigi ne consumava circa 59; noi, in media, ne mangiamo regolarmente 16 e secondo FAO soltanto tre di esse – riso, mais e grano – coprono al 60 per cento delle calorie della nostra alimentazione. Puntando su ingredienti vegetali più frugali, dunque, ci guadagnano gli occhi, il palato (come ci ricordano le varie torte pasqualine) e l’ambiente. Pronti ad andar per erbe e a seminare i fiori più gustosi?
Chi non conosce la borragine?
Borago officinalis è il fiore commestibile più facile da riconoscere e con le sue “stelline” blu elettrico regala gioia ai nostri piatti e agli impollinatori (il blu è il colore più amato dai bombi). È molto diffusa ai margini dei campi, ma la possiamo anche acquistare in vaso, senza però raccoglierne i fiori se vogliamo che si dissemini da un anno con l’altro. Le torte salate e i ripieni di borragine più saporiti si ottengono raccogliendone le foglie, da consumare rigorosamente cotte, anche in frittate, risotti e minestre; hanno un sapore a metà tra la cime di rapa e il cetriolo. Ovviamente, raccogliamo le specie spontanee commestibili soltanto lontano dalle strade, per evitare lo smog e la contaminazione da parte degli animali domestici, tenendoci anche a distanza dai campi coltivati con pesticidi. Attenzione, inoltre, all’andar per erbe nei parchi pubblici periurbani, perché i regolamenti comunali di alcune città lo vietano. Verifichiamo prima.
Lo sai che i papaveri…
I papaveri fanno parte della nostra tradizione culinaria, sebbene entrino in molte ricette con il nome di rosolacci. Non parliamo dei grossi papaveri da oppio rosa, di cui consumiamo i semi in pani e strudel, bensì di quelli comuni e rossi dei campi di grano. Utilizziamone le foglie tenere (raccolte prima della fioritura) per farne minestre e risotti, insieme con altre erbe quali la margherita gialla (Glebionis coronaria), le ortiche, le cicorie, il tarassaco (a cui la Val di Non dedica le Settimane del dente di leone), la silene, il ragaggiolo. La disciplina che studia le piante spontanee commestibili si chiama fitoalimurgia e l’andar per erbe, con il termine in voga oggi, viene definito foraging. Utilizzando queste due parole chiave in Rete potremo individuare corsi di riconoscimento e weekend dedicati alle piante alimentari. L’Accademia delle Erbe Campagnole Spontanee, per esempio, organizza un’escursione di studio sulle 24 erbe di San Giovanni, mentre il Giardino delle Erbe di Casola Valsenio (RA) festeggia la primavera con “Erbe in Fiore”. Un imperativo: non raccogliamo le verdure spontanee con le radici, ma preleviamo soltanto alcune foglie, per dare alla pianta la possibilità di fiorire e produrre semi, come raccomanda l’Accademia Italiana di Fitoalimurgia nel suo decalogo per la buona raccolta.
Il sambuco e i raccoglitori di città
I suoi piccoli fiori riuniti in vistose infiorescenze bianche (ombrelle) sono profumati e buoni. Un’ottima ricetta prevede di friggerle intere sorreggendole per il gambo, dopo averle passate in una pastella salata a base di farina con un pizzico di pepe, ammorbidita con acqua frizzante o birra. Facile da preparare e dissetante è anche lo sciroppo di sambuco; parliamo di Sambucus nigra, quello più comune, da non confondere con altre specie tossiche. Questo grande cespuglio tollera i capricci del clima, piace agli impollinatori e nutre gli uccelli con molte bacche, perciò è perfetto per i giardini sostenibili, dove lo possiamo coltivare anche a forma di piccolo albero (basta piantarne un ramo in inverno). È tra le specie alimentari più comuni nelle periferie urbane, oggi protagoniste di una grande riscoperta. Il progetto di ricerca “L’oro delle rovine” del fotografo francese Geoffroy Mathieu (in mostra tra qualche giorno a Reggio Emilia nell’ambito della manifestazione Fotografia Europea) documenta proprio questo fenomeno dal punto di vista antropologico, ritraendo la passione delle persone che raccolgono piante eduli in città sposando una filosofia di sussistenza sostenibile.
L’aglio orsino e i talli di aglio
Se andiamo per boschi e incontriamo per la prima volta una distesa di aglio orsino crederemo che si tratti di una pianta “scappata” da un giardino; le sue infiorescenze bianche perfettamente sferiche, infatti, spiccano su foglie larghe altrettanto belle. Il sapore (amato anche dagli orsi, che ne fanno incetta) lo possiamo apprezzare battendo le foglie per farne un pesto con le noci, mentre i fiori danno gusto alle frittate. L’aglio orsino non ama i trapianti, ma possiamo acquistarne un vaso per i giardini in ombra; si disseminerà molto velocemente. A proposito di aglio, ci preme dare un consiglio antispreco anche agli ortolani: i boccioli dell’aglio coltivato, che normalmente vengono strappati via per fare ingrossare il bulbo, sono anch’essi ottimi (in qualche mercato contadino vengono proposti con il nome di “talli dell’aglio”). Basta farli lessare con l’intero stelo o farci un risotto.
Glicine, cercis e robinia… le virtù delle leguminose
Glicine, cercis (albero di Giuda) e robina sono tra le fioriture più vistose in città. I grappoli pendenti del glicine li conosciamo tutti e quelli della robinia, bianchi, gli assomigliano. I fiori dell’albero di Giuda, invece, sono rosa e senza picciolo, quindi sbocciano attaccati alla corteccia dei rami. Visti da vicino, però, questi tre fiori sono identici; tutti fanno parte della famiglia delle Fabaceae (un tempo si chiamavano leguminose). La ricetta migliore per gustarli sono le frittelle dolci… Da pollici verdi, ricordiamoci che queste piante sono fondamentali per i giardini sostenibili perché sono frugali ed auto-concimanti. Sulle loro radici, infatti, vivono dei batteri in grado di catturare l’azoto dall’aria e concimare il terreno. La più bella tra tutte le leguminose da giardino è la clitoria, un rampicante con i fiori blu puro (anch’essi commestibili) da seminare ora.
Lo spinacio gigante con le foglie fucsia
A proposito di piante frugali e semine facili, in un orto delle meraviglie o sul balcone non possiamo farci mancare lo spinacio gigante o farinello amaranto (Chenopodium giganteum) stretto parente della quinoa. Le sue cimette sono di un tono di fucsia quasi fluorescente. Seminiamolo in una fioriera capiente al sole, tenendo conto che ama i terreni argillosi e che cresce velocemente anche con poca acqua. I semi sono piccolissimi: spargiamoli sulla superficie, passiamo due volte un rastrellino sul terreno e annaffiamo. In estate, raccogliamo le cimette rosa, ricche di ferro, per consumarle cotte negli impasti al posto degli spinaci. Altrettanto belli per le foglie eduli e da seminare ora sono la perilla o shiso rosso e l’amaranto livido. Un incredibile viaggio tra giardini e foreste commestibili ce lo regala la fotografa parigina Evaine Merle tra le pagine del recente libro Paysages Comestibles (Ulmer), che racconta alcune realtà del movimento di ospitalità rurale biologica Wwoof.
Nasturzi e calendule, buoni e utili
Nasturzi e calendule non hanno in comune soltanto l’arancione. Entrambi sono fiori da orto importanti per le consociazioni, cioè gli abbinamenti grazie ai quali le piante si danno una mano. Le calendule, per esempio, le possiamo piantare accanto a zucchine, pomodori, peperoni e fagioli perché attirano le api, mentre il loro odore (come quello dei tageti) allontana i parassiti delle radici. I nasturzi, invece, tengono alla larga cocciniglie e afidi dai pomodori. Entrambe le specie sono commestibili; fiori e foglie tenere sono buoni in insalata, mentre con i boccioli delle calendule e con i semi teneri dei nasturzi possiamo preparare conserve simili ai “capperi” sott’aceto. Per piantarli, in primavera o in autunno, infiliamo i grani nella terra a un centimetro di profondità (due per fossetta) e teniamo umido il substrato. Entrambe le specie, infatti, non amano il caldo eccessivo, per questo al sud Italia preferiscono fiorire da settembre fino a maggio.
Una pergola di fiori di zucca
Buono per eccellenza è il fiore di zucca, grande, croccante e saporito, da seminare ora. Se mangiamo un fiore di zucca sacrifichiamo una zucchina? Assolutamente no perché dobbiamo raccogliere soltanto i fiori maschili (basta lasciarne qualcuno sulla pianta affinché le api facciano il loro dovere). Come riconoscerli? Hanno uno stelo sottile, al contrario dei fiori femminili che invece sbocciano sopra una sorta di micro-zucchina, dunque non possiamo sbagliare. Le varietà chiamate “zucchini da fiore” danno un’abbondante produzione di fiori maschili. Per coltivarle, serve un cassone di almeno 50 centimetri di diametro per ogni pianta, riempito di un terriccio per ortaggi e posizionato al sole. Particolarmente bella e buona è la Trombetta di Albenga, un rampicante con fiori grandi e gialli che ricopre velocemente una pergola… Ricordiamoci, infine, che anche i germogli delle zucchine (tenerumi) si possono mangiare, basta pulirne i gambi con un coltellino per eliminare le piccole spine prima della cottura.
La portulaca e altre annuali
Tra gli altri fiori eduli di sicura riuscita da seminare ora ci sono la portulaca (parente della porcellana che si trova nei campi, di cui impieghiamo le foglie croccanti per le insalate), i girasoli, le cosmee e le zinnie, da tenere al sole in un grande vaso. I loro petali, dal sapore erbaceo, potremo consumarli in insalata o usarli per decorare i dolci. Lo stesso vale per le dalie, di cui però dovremo interrare i tuberi, a circa 15 centimetri di profondità. Ci sono poi varietà commestibili in vendita già in fiore in primavera, come le viole del pensiero, le primule, i fiordalisi, i garofanini, i tulipani (i cui petali sanno di lattuga); se li acquistiamo con l’intenzione di utilizzarli in cucina, però, assicuriamoci che siano di provenienza biologica.
Un intero giardino da mangiare
Se evitare gli sprechi è tra le nostre priorità, ricordiamoci che anche molti fiori che comunemente coltiviamo nei giardini possono essere mangiati. Pensiamo, per esempio, a mimose e lillà, ma anche altee, ibisco siriaco, Acca sellowiana (con petali carnosi e dolcissimi) e rose, in particolare le varietà antiche e quelle rugose, più tenere sotto i denti. E ancora, i fiori delle salvie, del rosmarino, delle begonie, della tulbaghia, della monarda, della camomilla, dell’emerocallide e dei meli ornamentali. Senza contare che sono eduli anche i germogli di molte Hosta e dei Ruscus e le giovani “pale” dei fichi d’India (pelate e cotte), mentre molti agrumi che consideriamo ornamentali come kumquat, calamondino e arancio amaro sono buoni per le marmellate. Per non aprire il capitolo bacche, su cui ritorneremo in stagione.