Il cervello ha bisogno di coccole (Testo del 22.11.2005)
Lo proverebbe la concentrazione di alcuni ormoni ipofisari
Uno studio americano ribadisce l’importanza delle «coccole» per un buono sviluppo cerebrale dei piccoli. Fondamentali i primi anni
Baci e abbracci e carezze. Senza si è infelici. E se mancano da piccoli potrebbe risentirne addirittura lo sviluppo cerebrale, con conseguente ansia e problemi di relazione una volta adulti. A provarlo è una ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Pnas (Proceedings of National Academy of Science).
LO STUDIO – Seth Pollak, e i suoi collaboratori psicologi dell’università del Wisconsin, sono arrivati a questa conclusione dopo aver esaminato 39 bambini di età media di 4,5 anni, di cui 9 adottati da almeno due anni da famiglie americane. I ricercatori hanno osservato i piccoli mentre giocavano nelle loro case e venivano coccolati dalle madri, e hanno misurato loro la concentrazione nelle urine di due ormoni prodotti nel cervello: la vasopressina e l’ossitocina. La prima è ritenuta un indicatore legato al riconoscimento delle figure parentali e familiari, mentre il secondo aumenta la propria concentrazione nel sangue quando ci si sente sicuri e protetti. La misurazione ha indicato che la vasopressina dei bimbi adottati era quasi invariabilmente più bassa di quello dei loro coetanei non adottati, e che l’ossitocina nei primi non si alzava nonostante le “coccole” materne
MOMENTI DECISIVI – Il risultato è degno di nota- hanno dichiarato gli autori dello studio- se si pensa che i bambini una volta orfani erano già stati adottati da diverso tempo. Ciò significa che , con tutta probabilità, per un corretto sviluppo cerebrale è di importanza cardinale il primo periodo di vita.
SINAPSI – Del resto l’importanza delle «coccole» nei primi anni di vita, anche se non misurata attraverso questi ormoni, è nota da tempo.
Il cervello di un neonato ha tantissimi neuroni ma poche sinapsi (connessioni), molte meno di quelle presenti nel cervello di un adulto.
Secondo alcuni studi il numero di sinapsi raggiungerebbe un livello pari a quello di un adulto nel giro di due anni, per sopravanzarlo poi tra i 4 e i 10. Dopo quest’età il loro numero comincerebbe a ridursi, per assestarsi dopo ì 16 anni. Nel periodo in cui si formano molte nuove sinapsi però, un numero altrettanto grande ne verrebbe distrutto, eliminato. Si attuerebbe insomma un fenomeno di selezione. Il cervello dei bambino non solo «cresce», formando circuiti sempre più numerosi e sofisticati, ma, contemporaneamente. impara a eliminare quelli inutili. Un comportamento molto complesso ed evoluto quindi, che sarebbe in qualche modo governato, secondo diversi studiosi, proprio dalla secrezione a «ondate» di fattori «neurotrofici», a loro volta condizionati almeno in parte dagli stimoli esterni. Questi fattori, in particolare, sarebbero rilasciati in modo che specifiche parti del cervello si connettano una dietro l’altra e che uno strato di tessuti nervosi maturi dopo, e non prima, di un altro.
POTENZIALITA’ – Se questo è vero, diventa possibile anche capire come mai bambini con potenzialità magari inferiori a quelle di un coetaneo possano sviluppare capacità superiori. E’ ormai accettato infatti il codice genetico, da solo, non conterrebbe abbastanza informazioni per organizzare completamente il cervello secondo uno schema prestabilito, ma sarebbe dotato solo di alcuni schemi di base, che farebbero da guida alla realizzazione del progetto sotto stimoli provenienti dall’ambiente esterno. E la capacità di formare nuove sinapsi e di eliminare quelle inutili sarebbe proprio uno dei fenomeni determinati in gran parte dall’esperienza. In altre parole si potrebbero avere individui con cervelli praticamente identici nel numero dei neuroni e delle loro connessioni, ma la strategia dei circuiti potrebbe dipendere in gran parte dalle esperienze fatte dal bambino, e ne condizionerebbe quindi anche le qualità psicologiche e intellettuali una volta adulto.
EMOZIONI – E studi effettuati con la Pet (Tomogragfia a emissione di positroni) indicherebbero anche che il condizionamento esterno non riguarderebbe solo le prestazioni intellettuali, cioè lo sviluppo di adeguate capacità a risolvere problemi, ma anche il profilo affettivo. La PET, ha permesso di osservare che quando una persona prova emozioni positive, gioia, felicità, interesse, si attiva soprattutto la corteccia frontale sinistra, mentre tristezza e altre emozioni del genere corrispondono a una maggiore attività della corteccia frontale destra. E la PET ha anche indicato che la corteccia frontale diventa metabolicamente attiva soprattutto tra i 6 e i 24 mesi di vita. E’ possibile che la corteccia frontale, che una volta si pensava evolvesse soprattutto nella seconda infanzia, sia implicata nello sviluppo emozionale e cognitivo molto precocemente. Periodo che sarebbe importante per il bambino per regolare le emozioni.
FONTE
Senza coccole si è infelici (Testo del 16.04.2015)
Sono gesti che creano stati di benessere e armonia, sia per gli adulti che per i bambini
Coccole e carezze, baci e abbracci, ma anche sorrisi e sguardi che scaldano il cuore. Sono questi gesti a creare stati di benessere e armonia. Senza coccole si è infelici, sia da adulti che da bambini.
Uno studio condotto dagli esperti canadesi della McGill University di Montreal sui topi di laboratorio e presentato al congresso sull’origine fetale delle malattie dell’età adulta in corso a Brighton, in Inghilterra, ha dimostrato che i topolini neonati se vengono leccati più spesso dalle mamme, da adulti sono più temerari e producono meno ormoni dello stress di quelli cresciuti da mamme meno affettuose. Gli scienziati hanno potuto osservare, nel cervello dei roditori più coccolati un numero maggiore di recettori del cortisolo, un ormone dello stress. Più è alto il numero recettori, più pronta è la risposta del cervello nel combattere gli effetti negativi della sostanza.
E’ stato così possibile ipotizzare un collegamento tra cure materne e attività genica. Gli scienziati ritengono che tale risultato possa rivelarsi simile anche per gli esseri umani. Detto altrimenti cure amorevoli, coccole e carezze fanno diventare più sicuri gli individui in età adulta in quanto l’ormone dello stress viene prodotto in minore quantità, con il beneficio di un’esistenza più felice, caratterizzata da rari fenomeni di ansia e stress.
Sembra certo dunque che le coccole ricevute da piccoli rendano più forte e sicura la capacità di affrontare lo stress da grandi. Ma già nelle scienze sociali, in psicologia e in pedagogia si è sempre denunciata l’importanza dei gesti affettuosi, delle coccole e delle carezze che i bambini ricevono dai genitori. Le coccole infatti nella relazione tra due persone sono uno strumento di comunicazione reciproca: coccolare qualcuno significa riconoscerlo e farsi riconoscere, significa ascoltarlo e farsi ascoltare.
Il messaggio di amore e rispetto passa attraverso il gesto affettuoso, sia esso verbale o meno, e comporta una certa dose di emozione in una o entrambe le persone coinvolte.
Tali forme di ri-conoscimento possono essere messe in atto nei confronti di se stessi, così come degli altri. Dunque coccolare e coccolarsi è salutare. Ecco perché è essenziale che il bambino “senta” le coccole dei genitori. Il contatto fisico e le parole sono alla base del suo sviluppo psicofisico, le carezze e le cure amorevoli della mamma e del papà costituiscono un aspetto fondamentale nella crescita tanto quanto la nutrizione e il cibo.
«Il bambino ha sempre bisogno che qualcuno gli faccia le coccole, l’adulto si fa le coccole da solo e non ha bisogno di nessuno. Il genitore è l’unico capace di fare le coccole agli altri. Il bambino è come un vaso vuoto del liquido dell’amore che deve essere riempito almeno quanto basta ad amare se stesso, ovvero a diventare adulto. L’adulto infatti è un vaso riempito per buona parte del liquido dell’amore. Ma se noi ci amiamo non possiamo fare a meno di amare gli altri e allora diventiamo genitori: il genitore è un vaso traboccante di amore, ma non solo per i suoi figli; il vero genitore ha amore per tutti, nessuno escluso». (Giulio Cesare Giacobbe Alla Ricerca delle Coccole Perdute Una psicologia rivoluzionaria per il single e per la coppia Milano, Ponte alle Grazie 2004).
Le coccole possono iniziare quando ancora il nascituro è dentro la pancia della mamma. Molti psicologi consigliano alle mamme e ai papà di comunicare e parlare con il loro piccolo anche attraverso la loro voce, la musica e soprattutto le carezze, i baci e altre dolci attenzioni al pancione. Alcuni studi condotti presso l’Università di Harward (California) su 120 future mamme alle quali è stato proposto di seguire un “programma di accudimento giornaliero” del bimbo nel pancione dimostra che vi sono risultati positivi a lungo termine: una volta nato, infatti, il bimbo può essere in grado di distinguere con facilità il timbro vocale dei genitori e di calmarsi con le musiche che ha ascoltato nel corso dei nove mesi.
Chiamiamole coccole carezze, tenerezze, vezzeggiamenti. Sono loro a rendere la nostra vita meno triste, meno stressante, più felice ed equilibrata.
Perché risiede nelle coccole il segreto dell’adulto dal carattere equilibrato e sereno. E’ istintivo il bisogno di ricevere le coccole o di sentirsi coccolato, perché ci sentiamo in dovere di essere al centro dell’attenzione delle persone che amiamo o stimiamo.
Farsi coccolare è il modo più genuino di ricevere attenzioni e conferme dagli altri e di sentire che siamo importanti per loro.
Le carezze non sono solo manifestazioni fisiche del volersi bene, sono anche l’elemento emotivo e simbolico della trasmissione di rispetto e gratitudine per chi si ama. Ricevere le coccole e dare le coccole ci fa stare bene e accresce la nostra autostima e il nostro senso di sicurezza. Con le coccole ritorniamo un po’ bambini e ci ricordiamo quanto è straordinario riceverle, e anche quanto diventa importante coccolare chi ci sta intorno. Quindi coccole per sempre.
Per ulteriori approfondimenti:
Giulio Cesare Giacobbe
Alla Ricerca delle Coccole Perdute Una psicologia rivoluzionaria per il single e per la coppia
Milano, Ponte alle Grazie (2004)
Leleu G.
Il trattato delle carezze
Red Edizioni, 2001
FONTE
Coccole, 10 buoni motivi per essere affettuosi (Testo del 04.11.2013)
L’importanza di baci, abbracci, carezze e altri gesti di affetto è provata dalla scienza; coccole e tenerezze rispondono a un bisogno innato di sentirsi riconosciuti, apprezzati, protetti, sostenuti, amati, e possiedono straordinari poteri rigeneranti. La psicologa insegna come mettere in pratica la teoria nelle relazioni quotidiane
Numerosi esperimenti scientifici hanno dimostrato quanto sono importanti le coccole per l’essere umano, essere “toccato ed essere accarezzato”. È stato provato che il bisogno emotivo di contatto è una necessità fondante per la nostra esistenza. La sua assenza provoca insicurezze, ansia e disturbi dello sviluppo e nelle altre fasi della vita.
Un famoso studio del ricercatore statunitense Harlow alle fine degli anni Cinquanta del secolo scorso, che dimostrò la preferenza dei cuccioli di scimmia per un soffice sostituto materno artificiale in grado solo di offrire calore rispetto a un sostituto materno in grado di nutrirli, ma freddo. Da allora sono tante le ricerche che hanno rilevato come vicinanza e contatto siano vitali per il neonato e determinanti per il benessere in tutte le età. Perché carezze e tenerezze rispondono al bisogno innato di sentirsi riconosciuti, apprezzati, protetti, sostenuti, amati. E possiedono straordinari poteri per il benessere.
Sono diversi i buoni motivi per incrementare questa modalità di comunicazione nelle nostre relazioni. Vediamone alcuni:
1) Il cervello ha bisogno di coccole e contatto, la concentrazione di alcuni ormoni ipofisari lo prova. Le affettuosità innalzano il livello di ossitocina, ormone del benessere che riduce ansia e paura e dona sensazione di calma. Aumenta durante l’orgasmo e quando siamo accarezzati (secondo studi recentissimi interviene anche in seguito a situazioni negative come paura, stress e ansia).
2) Le affettuosità fisiche rinsaldano il legame di coppia: essere teneri l’uno con l’altro è un grosso collante. Manifestare il proprio affetto con i gesti tra partner è un modo per consolidare la relazione e favorire l’empatia.
3) Il beneficio della vicinanza e del contatto non è solo psicologico, si riflette sulla salute complessiva. Ricevere gesti affettuosi ha effetti sulla pressione sanguigna. Aumenta la risposta immunitaria, aiutandoci a difenderci e reagire meglio alle malattie.
4) Toccare ed essere toccati affettuosamente rinforza emotivamente. Ci fa sentire consolati, contenuti, amati. Infonde sicurezza. Quando due persone sono unite in un abbraccio si registra una sorta di sincronizzazione cerebrale sull’elettroencefalogramma, con effetti positivi sul benessere psicofisico.
5) L’espressione dell’affetto attraverso gesti di tenerezza ci rende più attendibili, degni di fiducia agli occhi degli altri, più “veri”. Se i gesti sono spontanei e autentici, ovvio.
6) Con abbracci, baci e carezze si abbassa il livello di colesterolo, l’ormone dello stress. Migliorano la concentrazione e l’efficienza, si dorme meglio e più profondamente. La mancanza di contatto fisico e di “calore” è posta in relazione all’insicurezza, all’aggressività e all’ansia.
7) La manifestazione di affetto attraverso gesti è associato ad una maggiore soddisfazione della relazione di coppia. Alcuni studi dimostrano che più i partner sono affettuosi l’uno con l’altro, più sono soddisfatti della loro relazione.
8) I vantaggi dell’affetto attraverso i gesti si protraggono nel tempo, non si limitano al momento ma si ripercuotono positivamente sull’umore e il benessere generale.
I piccoli ricoperti di tenerezze dai genitori diventeranno adulti più socievoli, meno aggressivi e meno stressati. Le coccole ricevute durante la primissima infanzia determinano la stabilità emotiva dell’adulto. Ma ci sono benefici anche immediati perché è attraverso le carezze e il contatto che i neonati imparano a conoscere il mondo.
9) Con le carezze si stimola l’attività cerebrale dei neonati. Potenziano lo sviluppo cerebrale, ne stimolano la maturazione. I piccoli accarezzati mostrano una maggiore attività cerebrale (misurata tramite l’elettroencefalogramma), oltre che minori livelli di cortisolo, l’ormone dello stress.
10 ) Un abbraccio attenua anche la sofferenza fisica. La pelle contiene moltissime fibre nervose che vengono attivate al contatto, quando siamo abbracciati o anche solo quando una mano si poggia sulla spalla. La loro stimolazione blocca il lavoro di altre fibre, che trasmettono i messaggi di dolore.
Ovviamente, tutto questo non significa iniziare a dispensare baci e carezze indiscriminatamente. La fisicità e il contatto devono essere espressi in modo consono alle varie età e al tipo di relazione. Perché ricevere confidenze e tenerezze da estranei provoca fastidio e paura. Così come è vero che in molte situazioni l’affettività fisica ha significato positivo anche tra persone semisconosciute, pensiamo al neonato o all’importanza di un gesto affettuoso da parte di un operatore sanitario quando siamo malati… Inoltre personalità, cultura e educazione influiscono sulla manifestazione fisica di affetto. Non è detto quindi che persone “tiepide” non ci vogliano bene o non ci siano vicine. Ma non hanno imparato o sono bloccate nell’utilizzo di questa straordinaria forma di comunicazione emotiva dai risvolti positivi, totalmente priva di controindicazioni.
FONTE