La Cassazione censura i disegni, le pitture, e tutto ciò che sia idoneo a dare allo spettatore l’idea che l’oggetto della rappresentazione pornografica sia un minore

Pedopornografia virtuale

A finire sotto processo è stato un uomo trovato in possesso, tra l’altro, di fumetti riproducenti rapporti sessuali tra adulti e minorenni (anche di natura incestuosa) e di due fotografie ritraenti minorenni che mostrano le parti intime, realizzati con la tecnica giapponese dei manga.

Rispetto a tale fatto, prima il Tribunale e dopo la Corte d’Appello, hanno ritenuto che l’uomo fosse responsabile di detenzione di materiale pedopornografico, riconducendo il materiale posseduto dall’imputato nella nozione di pornografia virtuale descritta all’art. 600-quater 1 c.p.

 

Avverso la decisione del Giudice di secondo grado, l’imputato ha proposto ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione, adducendo, in particolare, che il Giudice del merito aveva accolto una nozione di pornografia virtuale che superava quella contenuta nella disposizione normativa sopracitata, integrando in questo senso una violazione del dettato legislativo. Invero, spiega la difesa, le “immagini (contestate) non potevano indurre alcuno a ritenere reali le situazioni rappresentate”.

 

Cassazione: trattasi di racconto erotico raffiguranti minori

Con decisione n. 47187/2023 (sotto allegata), la Cassazione ha confermato gli esiti cui erano giunti i Giudici del merito nei precedenti gradi di giudizio, rigettando il ricorso proposto dall’imputato.

La Corte, dopo aver esaminato i diversi motivi d’impugnazione formulati dal ricorrente, si è in particolare soffermata sulla contestazione afferente l’asserita violazione dell’art. 600-quater 1 c.p.

Rispetto a tale censura, il Giudice di legittimità ha, in primo luogo, rappresentato che il materiale contestato era stato individuato in maniera puntuale nel corso del giudizio di secondo grado, ove si era fatto riferimento a “sei fotografie raffiguranti minorenni nude e due fotografie di minorenni che mostrano le parti intime all’interno della medesima chiavetta USB” (…) la Corte territoriale ha ulteriormente precisato che “le due fotografie per cui è stata pronunciata condanna raffigurano – senza ombra di dubbio – (come peraltro molte altre) giovani ragazze, poco più che bambine; la statura (…), il volto, i caratteri sessuali appena accennati (lo sviluppo mammario e pilifero) sono elementi rivelatori del fatto che trattasi di soggetti di età ampiamente inferiore ai diciotto anni”.

In questo senso la censura di genericità prospettata dalla difesa con riferimento all’indicazione, ritenuta insufficiente, delle fotografie per cui era stata affermata la penale responsabilità dell’uomo protagonista della vicenda in esame, non è stata accolta dalla Corte.

Ciò premesso, la Suprema Corte, ha poi condiviso l’interpretazione giurisprudenziale formatasi in seno alla Corte stessa e citata dai Giudici del merito, con cui era stata attribuita rilevanza penale, non solo alla riproduzione reale del minore in una situazione di fisicità pornografica, ma anche a “disegni, pitture, e tutto ciò che sia idoneo a dare allo spettatore l’idea che l’oggetto della rappresentazione pornografica sia un minore (…) elaborazione che consente di ritenere immune da censure la conferma della decisione di condanna sia per i fumetti, sia per le illustrazioni del racconto erotico raffiguranti minori impegnati in atti incestuosi o altre attività sessuali”.

Per tali motivi, come anticipato, la Corte ha rigettato il ricorso proposto dall’imputato, condannando lo stesso al pagamento delle spese processuali.

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