Il rapporto di lavoro domestico
Lavoro domestico
Assunzione del lavoratore domestico
Cessazione del rapporto di lavoro domestico
Badante non in regola? Nessuna responsabilità per la famiglia
di Lucia Izzo – Non è raro che le famiglie in difficoltà, alla ricerca di un aiuto, si affidino a società e cooperative che forniscono servizi di assistenza alla persona. Cosa accade, tuttavia, laddove gli Ispettori del Lavoro riscontrino somministrazione illecita di manodopera, ossia se le società siano prive delle necessarie autorizzazioni per proporre le “badanti” alle famiglie?
Le conseguenze sanzionatorie non ricadranno sulla famiglia privata, questa è la conclusione riportata direttamente dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro, nella nota n. 5617 del 21 giugno 2017 (qui sotto allegata).
L’Ispettorato ha chiarito che chi si avvale della prestazione della badante “somministrata” da una cooperativa o società che non è autorizzata all’intermediazione di manodopera non potrà subire le conseguenze di tale irregolarità.
Nella nota, si legge a chiare lettere che la sanzione amministrativa prevista all’art. 18, comma 1 del d.lgs. 276/2003 “si applicherà unicamente nei confronti del somministratore e non anche nei riguardi dell’utilizzatore/famiglia privata, fruitrice del servizio di assistenza alla persona, la quale non sarà, peraltro, chiamata a rispondere ex artt. 35 e 38 de.lgs. n. 81/2015”.
La disciplina, così l’Ispettorato giustifica tale assunto, fa riferimento al mondo produttivo, come si desume dai frequenti riferimenti testuali, con evidente esclusione degli attori del mondo prettamente sociale quali le famiglie.
Somministrazione illecita di manodopera: niente sanzioni per le famiglie
A sostegno vi sono anche ragioni di ordine pratico oltre che di giustizia, fra cui la difficoltà per le famiglie, applicando la diligenza media, di verificare che i soggetti che somministrano siano legittimati e in possesso delle particolari condizioni ed autorizzazioni previste ex lege per lo svolgimento dell’attività di somministrazione.
Il d.lgs. 276/2003 prevede che per lo svolgimento delle attività di somministrazione di manodopera, nonché di intermediazione, ricollocazione professionale, ricerca e selezione del personale, siano necessarie apposite autorizzazioni e l’iscrizione ad apposito albo. Chi non ottempera ai requisiti previsti dalla legge rischia una sanzione (prima della depenalizzazione ammenda di 50 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giorno di lavoro).
Tuttavia, la medesima sanzione era prevista anche nei confronti dell’utilizzatore che si fosse avvalso della manodopera fornita da soggetti non legittimati: da qui la necessità di fornire una risposta in merito alla questione riguardante le famiglie e gli anziani coinvolti in questo meccanismo in quanto utilizzatori della manodopera fornita.
La depenalizzazione delle fattispecie in esame a seguito del decreto legislativo 8/2016, ha riportato l’attenzione sulla questione e ha fatto sì che venisse ribadita l’estraneità delle famiglie private quanto agli illeciti previsti dal d.lgs. 276/2003, dopo che la questione era già stata affrontata in egual maniera dalla nota prot. n. 22057 del 17 dicembre 2013 in relazioni alle sanzioni di cui all’art. 18, comma 2, del decreto legislativo.
Ispettorato Nazionale Lavoro, nota 5617/2017
Il rapporto di lavoro di colf e badanti
Chi sono le colf e le badanti
Le colf e le badanti sono le due figure più diffuse di lavoratori domestici, categoria che comprende, oltre a tali soggetti, anche le baby sitter, i camerieri e, più in generale, tutti i lavoratori addetti a soddisfare le necessità della vita familiare del proprio datore di lavoro.
Nel dettaglio, con il termine colf ci si riferisce, in generale a quelle lavoratrici (ma anche lavoratori) addette all’igiene, alla pulizia e all’ordine della casa. Le badanti, invece, sono quelle lavoratrici (ma anche lavoratori) che si occupano di assistere continuativamente delle persone non pienamente autosufficienti nella loro vita domestica quotidiana.
Per completezza si precisa che sono lavoratori domestici anche coloro che svolgono le loro attività in favore di comunità senza fini di lucro ma con fini assistenziali, di caserme, di comandi militari o di comunità religiose.
Il contratto di lavoro di colf e badanti
In linea generale, l’assunzione di una colf o di una badante, se a tempo pieno e indeterminato, non richiede necessariamente un atto scritto: la legge, infatti, in tali casi non impone particolari requisiti formali.
Tuttavia, l’articolo 6 del CCNL sulla disciplina del rapporto di lavoro domestico prevede la necessaria redazione di un contratto di lavoro domestico, nel quale indicare i diversi aspetti che caratterizzano il rapporto lavorativo.
In ogni caso, la formalizzazione del contratto per iscritto permette sempre di evitare l’insorgere di contestazioni sugli aspetti che regoleranno in concreto il rapporto.
L’assunzione, comunque, va comunicata all’Inps entro le ore 24 del giorno precedente a quello in cui il rapporto di lavoro avrà inizio, anche se festivo. L’istituto previdenziale va anche informato tempestivamente nel caso in cui gli accordi in essere tra datore di lavoro e colf o badante si modifichino, come ad esempio nel caso in cui vari l’importo della retribuzione o il rapporto originariamente stabilito a tempo determinato divenga a tempo indeterminato.
La comunicazione va fatta attraverso il sito web Inps o il contact center telefonico.
Colf e badanti extracomunitarie
I lavoratori che possono essere assunti come colf o badanti non sono solo quelli italiani o comunitari in possesso di codice fiscale, documento di identità valido e tesserino sanitario.
L’assunzione, infatti, può riguardare anche i lavoratori extracomunitari, in maniera più o meno agevole a seconda che gli stessi siano già soggiornanti in Italia oppure no.
Nel primo caso è infatti sufficiente che il lavoratore che si intende assumere sia in possesso di un permesso di soggiorno valido per lo svolgimento di attività lavorativa. Nel secondo caso, invece, occorre chiedere il nulla osta del Ministero dell’interno, per il quale è necessario presentare domanda online (cliccando qui). L’autorizzazione è subordinata all’impegno del datore di lavoro a farsi carico delle spese di viaggio per il rientro della colf o della badante nel suo paese di origine e ad offrirle un adeguato alloggio.
Il nulla osta, una volta ottenuto, va trasmesso alle autorità consolari italiane presenti nel paese di provenienza del lavoratore, presso le quali quest’ultimo dovrà recarsi per ritirare il visto di ingresso. Una volta arrivato in Italia, il lavoratore ha otto giorni di tempo per recarsi presso lo Sportello Unico per l’Immigrazione presso la Prefettura e sottoscrivere il contratto di soggiorno e la richiesta di permesso di soggiorno.
Dopo l’avvio del rapporto, il datore di lavoro è tenuto anche a comunicare alle autorità competenti tutte le eventuali modifiche che lo dovessero interessare.
La disciplina del rapporto di lavoro
La disciplina del rapporto di lavoro di colf e badanti è dettata dagli articoli 2240 e seguenti del codice civile e dalla legge numero 339/1958, che si occupano in generale del rapporto di lavoro domestico (la seconda limitandosi ai casi in cui la durata del rapporto sia di almeno 4 ore giornaliere presso lo stesso datore di lavoro). A tali fonti normative si affiancano i contratti collettivi, che disciplinano il rapporto più nel dettaglio.
Della disciplina legale si segnala in particolare che, rispetto a quanto avviene per gli altri rapporti di lavoro subordinato, il lavoro domestico non soggiace alla disciplina generale dell’orario di lavoro: per le colf e le badanti, infatti, la legge prevede solo il diritto a un conveniente riposo durante il giorno e ad almeno otto ore consecutive di riposo notturno.
È interessante, inoltre, la previsione di cui all’articolo 2241 del codice civile, in forza della quale il patto di prova si presume per i primi otto giorni, così prescindendosi dalla necessaria forma scritta altrimenti richiesta.
Vitto e alloggio
Una peculiarità del rapporto di lavoro di colf e badanti che merita specifico approfondimento è, infine, quella relativa al vitto e all’alloggio.
Infatti, nel caso in cui il prestatore di lavoro sia ammesso alla convivenza familiare, egli ha diritto non solo alla retribuzione in denaro. Allo stesso infatti, ai sensi dell’articolo 2242 del codice civile, spettano anche il vitto, l’alloggio e, in ipotesi di infermità di breve durata, la cura e l’assistenza medica.