Tutti i perche’ dello sperpero sessuale

di Geoffrey Miller
Nel passato gli evoluzionisti non sapevano come spiegare lo sperpero eccessivo e gratuito della coda del pavone. Oggi ritengono che quasi tutto ciò che in natura ci appare bello o grandioso sia il frutto di una dispendiosa esibizione sessuale. L’esibizione sessuale è anche alla radice della cultura, della coscienza e del consumismo moderno.
IN CIMA alla gamma dei prodotti della Sennheiser troviamo l’”Orpheus Set”, un paio di cuffie stereo che costano al dettaglio 9.652 sterline. Si tratta, senza alcun dubbio, di cuffie estremamente sofisticate che tuttavia, per la maggior parte degli uditi, producono un suono la cui qualità non è di molto superiore a quella di un paio di Vivanco SR250 da 25 sterline, un prodotto che ha di recente ottenuto diversi riconoscimenti per il miglior rapporto qualità-prezzo. Come psicologo evolutivo che si dedica allo studio della cultura umana contemporanea mi chiedo: per quale motivo l’evoluzione produrrebbe una specie di scimmia antropomorfa che ritiene di dover assolutamente possedere un paio di cuffie Sennheiser, quando le Vivanco possono stimolare l’udito con altrettanta efficacia?
Secondo la spiegazione darwiniana classica del consumismo, la selezione naturale ha fatto sì che in noi si sviluppassero determinate preferenze e desideri che i liberi mercati possono soddisfare offrendo vari beni e servizi. Per esempio, poiché nell’Africa del Pleistocene gli zuccheri erano rari e preziosi dal punto di vista nutritivo, in noi si è sviluppato un gusto per i dolci che oggi i produttori di cioccolata e di cola sono in grado di soddisfare, o forse di sfruttare. Tale teoria può spiegare molte caratteristiche di diversi prodotti e sembra costituire il “placet” darwiniano al consumismo in un libero mercato.
Questa teoria sull’evoluzione delle preferenze non può tuttavia spiegare l’effetto Sennheiser. La funzione nominale delle cuffie stereo è quella di offrire un “paesaggio acustico” privato, una realtà sonora virtuale. Dovremmo quindi aspettarci che sia il giudizio che il prezzo delle cuffie debbano essere determinati in base alla loro qualità. Così non avviene.
I dirigenti della Sennheiser che si occupano del marketing dei loro prodotti sanno che l’Orpheus Set viene acquistato da uomini ricchi, giovani o di mezza età, i quali si trovano nel cosiddetto “mercato dell’accoppiamento”, dichiaratamente o meno. Il prezzo di queste cuffie, 400 volte superiore a quello delle Vivanco, rappresenta un plus legato al corteggiamento. Mentre le Vivanco non sono altro che cuffie di buona qualità, le Sennheiser sono il corrispettivo della coda del pavone e del canto dell’usignolo. Chi acquista sempre i migliori prodotti ritiene che il prezzo di questi beni costituisca un beneficio, non un costo. Questo prezzo impedisce infatti che i meno abbienti possiedano il prodotto e lo rendono un indicatore affidabile della ricchezza e del buon gusto del proprietario. Desideriamo le Sennheiser non per il suono che producono nella nostra testa, ma per l’impressione che determinano nella testa degli altri.
Thorstein Veblen si rese conto di tutto questo già un secolo fa, quando elaborò la teoria del consumo di ostentazione, illustrata nella Teoria della Classe Agiata.
In realtà, l’intuizione sociologica di Veblen non aveva alcun collegamento diretto con la scienza naturale. L’anello mancante ci viene ora fornito da una branca della biologia evolutiva chiamata “teoria della selezione sessuale”.
In questa prospettiva biologica, il consumismo è ciò che si verifica quando una scimmia intelligente, evolutasi per l’auto-promozione sessuale, raggiunge la capacità di trasformare la materia prima della natura in una rete di segnali sessuali e di esibizioni del proprio status. Il consumismo trasforma un mondo fatto di quark in un mondo di piccoli atti inconsci di corteggiamento, in cui ogni segnale diventa sessuale. Accade però che la maggior parte dei segnali sessuali non venga riconosciuta né ricambiata. Il risultato che ne consegue è quel fenomeno che chiamiamo civiltà moderna, con la sua gloria ed il suo progresso, certo, ma anche con i suoi sperperi colossali e la sua alienazione incalcolabile. L’alienazione del consumatore moderno, la delusione che insorge quando le Sennheiser non mantengono ciò che avevano promesso (non buone sonorità, ma buoni partner) non è nuova. In realtà, può semplicemente essere una più profonda alienazione di noi stessi dalle nostre esibizioni sessuali.
PER CAPIRE IL CONSUMISMO OCCORRE comprendere in piccola parte il processo evolutivo della selezione sessuale. La selezione sessuale è fondamentalmente ciò che accade quando gli animali a riproduzione sessuale scelgono i loro partner in base a criteri che restano coerenti attraverso le varie generazioni. Darwin è stato il primo ad accorgersi che se le femmine del pavone preferiscono sempre accoppiarsi con maschi che possiedono code più lunghe e dai colori più vivaci, allora le code dei pavoni dovranno evolversi per diventare sempre più lunghe e vivaci nel periodo evolutivo. I geni di un pavone, indipendentemente dalla loro utilità ai fini della sopravvivenza, possono trasmettersi alla generazione successiva solo se si trovano in un maschio che possiede una coda lunga dai colori vivaci. La selezione sessuale, quindi, può essere ancor più potente di quella tesa alla sopravvivenza. L’evoluzione non è semplicemente determinata dalla sopravvivenza del più adatto, ma dalla riproduzione del più seducente.
Molti tratti prodotti dalla selezione sessuale, come la coda del pavone, il canto delle balene e l’aggressività nel maschio dell’uomo richiedono un tale dispendio di tempo, energie e rischio che riduce sensibilmente le probabilità di sopravvivenza, ma che nonostante ciò si sono evoluti grazie ai loro benefici riproduttivi. Fino a poco tempo fa, i biologi ritenevano che questi costi legati ai tratti selezionati sessualmente derivassero dalla loro funzione di corteggiamento. In realtà, il biologo israeliano Amotz Zahavi è riuscito a convincere molti studiosi della propria teoria, secondo la quale questi costi costituiscono una caratteristica adattiva piuttosto che un difetto disadattivo dei segnali sessuali. Nel suo libro The Handicap Principle (1997), Zahavi afferma che i tratti dovuti alla selezione sessuale, come la coda del pavone, devono necessariamente essere handicap costosi perché costituiscano indicatori affidabili dell’idoneità di un animale ad essere un potenziale compagno e genitore.
Nel “principio dell’handicap” di Zahavi viene identificata una tensione tra la selezione naturale (che ha come scopo la sopravvivenza) e la selezione sessuale (volta ad attirare il compagno), e lo sperpero si trova proprio al centro di tale tensione. Lo sperpero nelle esibizioni sessuali assicura che ci sia una correlazione tra capacità di sopravvivenza e successo riproduttivo. Da un lato, lo sperpero è il ponte tra la selezione naturale e quella sessuale: solo i pavoni più sani possono sviluppare code molto grandi. Ma è anche il punto di divisione tra le due selezioni: lo sperpero della coda, la sua inutilità ai fini della sopravvivenza è esattamente ciò che lo rende una caratteristica sessuale.
La logica di Zahavi è la stessa da cui parte Veblen con il suo consumo di ostentazione. Se le code di pavone grandi e vivaci fossero economiche da sviluppare, semplici da mantenere e leggere da trasportare, qualsiasi vecchio pavone, ancorché malato, affamato o pieno di parassiti potrebbe esibirne una. Le code non conterrebbero alcuna informazione sulla qualità del pavone se non comportassero costi aggiuntivi. Secondo Zahavi, il motivo reale per cui le code dei pavoni sono così grandi, vivaci, pesanti e ingombranti è che solo pavoni molti sani, in forma, forti e ben nutriti possono permettersele. Poiché pavoni molto sani tendono ad avere figli e figlie sani con maggiori probabilità di sopravvivere e riprodursi, le femmine di questa specie trarranno un beneficio scegliendo i pavoni dalle code più grandi. Infatti, le femmine che hanno preferito pavoni con code inferiori alla media non hanno lasciato molti discendenti, poiché la loro prole è risultata meno adatta della media. Le grandi code di pavone, come le costosissime cuffie Sennheiser, sono specificamente concepite per non essere alla portata di tutti. In questo modo, la selezione sessuale favorisce sia la preferenza per le esibizioni sessuali costose sia le esibizioni stesse.
IL PRINCIPO DELL’HANDICAP suggerisce che uno sperpero enorme è la caratteristica necessaria del corteggiamento sessuale. Una femmina di pavone intelligente che leggesse la teoria di Veblen comprenderebbe subito come i pavoni, in quanto specie, sarebbero più ricchi se non dovessero sprecare tante energie a sviluppare code grandi (che sono inutili per la sopravvivenza). Tuttavia, in qualità di maschi e femmine, essi possiedono incentivi irresistibili a sviluppare le code più grandi che possono permettersi o a scegliere i partner sessuali con le code più grandi che riescono ad attirare (per assicurare il successo dell’accoppiamento). In natura, lo sperpero ostentato è l’unica garanzia di verità nella reclamizzazione dei propri attributi.
Il consumo di ostentazione costituisce l’omologo umano moderno della coda del pavone: un handicap che rivela la qualità sperperando le risorse. Il consumismo è una specie di ritualizzazione del consumo di ostentazione, in cui le persone esibiscono la propria ricchezza e il proprio gusto attraverso il possesso di prodotti ampiamente riconosciuti il cui costo è noto a tutti.
La pubblicità fondata sull’immagine, piuttosto che sulle caratteristiche dei prodotti, tenta di creare un ambito di segnalazione sessuale per ciascuno di questi prodotti. Questo processo implica che venga dimostrato un rapporto a tre che coinvolge prodotto, consumatore potenziale e gruppo di partner potenziali che apprezzano l’atto del consumo. La pubblicità di una cola deve mostrare la cola, la persona che compra la cola e la persona che guarda chi compra la cola. Inoltre, perché la cola si qualifichi come un segnale sessuale efficace, la pubblicità deve anche partire dal presupposto che bere la cola è ormai, notoriamente, un gesto alla moda. La pubblicità deve innalzare il prodotto, trasformandolo da entità sconosciuta a riconosciuto oggetto del desiderio.
Le difficoltà che nascono nel comprendere questo atto di fede sono analoghe a quelle che per oltre un secolo hanno incontrato i biologi evolutivi nel capire in che modo potessero evolversi le code dei pavoni. Dal punto di vista logico, sembra impossibile capire da dove tutto questo abbia avuto inizio. Se le femmine dei pavoni non preferivano già le code lunghe e vivaci, perché i maschi avrebbero dovuto evolverle? Se invece i maschi non avessero già posseduto code lunghe e vivaci, perché le femmine avrebbero dovuto preferirle? Analogamente, se le donne non avessero già una preferenza per gli uomini con la Porsche, perché un uomo dovrebbe comprare una Porsche? Ma se nessun uomo guida la Porsche, perché le donne dovrebbero sviluppare una preferenza per coloro che ne hanno una? La storia della teoria della selezione sessuale è la storia di come i biologi hanno risolto questo problema dell’uovo e della gallina. Dettagli a parte, la risposta è che l’evoluzione avviene gradualmente, attraverso una continua intensificazione sia delle preferenze relative al partner (corrispondenti ai gusti dei consumatori) che dei tratti legati al corteggiamento (corrispondenti alla qualità dei prodotti).
Tuttavia, l’evoluzione culturale dei prodotti in quanto segnali sessuali non deve necessariamente seguire la stessa dinamica graduale dell’evoluzione genetica della coda del pavone. La pubblicità di massa può innescare rapidamente questo processo mostrando uomini finti (attori) che guidano Porsche non ancora disponibili sul mercato, mentre donne finte li guardano con fare ammiccante. Nella realtà virtuale della pubblicità è dunque possibile proporre in un solo colpo l’intero sistema di segnalazione basato sul prodotto prima ancora che un solo articolo venga venduto o che una sola prospettiva sessuale venga definita.
Quando acquistiamo un prodotto dopo aver visto una pubblicità basata sull’immagine, lo compriamo all’interno di un sistema di segnalazione sessuale. Si tratta però di un sistema ipotetico, non reale, inventato da alcuni pubblicitari a vantaggio del loro cliente. Non è il frutto dell’evoluzione, durata milioni di anni, con cui i nostri antenati hanno migliorato la capacità di adattamento dei loro figli. Questo pone alcuni problemi. Le persone più ingenue possono agire come se il sistema ipotetico di segnali fosse già stato accettato come reale, trascorrendo così più tempo ad esibire i segnali virtuali (i prodotti reclamizzati) che non i segnali reali, biologicamente convalidati (lo spirito, la creatività, la gentilezza). Queste persone possono diventare frustrate se i loro segnali virtuali vengono ignorati e magari rischiano di aumentare le spese invece che migliorare il carattere. Il risultato può essere patologico, un consumismo “mordi e fuggi” in cui l’individuo si perde in un caos semiotico, ricercando i sistemi di segnalazione sessuale solo nei luoghi sbagliati.
Questa analisi pone un’altra questione fondamentale: qual è il legame tra adeguatezza biologica e ricchezza economica nelle società moderne? Evidentemente, la capacità di un individuo di acquistare oggetti è un indicatore affidabile della sua ricchezza, ma può essere la ricchezza un indicatore affidabile della sua adeguatezza? In ambito politico, la destra ha postulato l’esistenza di uno stretto legame tra ricchezza economica e adeguatezza biologica, mentre la sinistra nega tale legame. Per la destra il denaro non è altro che un’adeguatezza in contanti, accumulata grazie a capacità innate ed ereditabili come l’intelligenza e l’ambizione e tradotta in palesi simboli di successo. La sinistra colloca il denaro in un ambito di cultura, classe e storia che avrebbe divorziato dalla biologia. Dal punto di vista scientifico, il rapporto tra ricchezza e adeguatezza biologica resta irrisolto. La destra mette in evidenza l’elevata correlazione esistente tra intelligenza e ricchezza, nonché il grande contributo della genetica all’intelligenza. La sinistra invece sottolinea che secondo la tradizionale misura biologica di adeguatezza, ovvero il numero di figli, le persone ricche e intelligenti non mostrano di essere più adatte rispetto ai poveri ed illetterati; anzi, accade spesso il contrario. Per questo motivo il consumismo deriva forse da istinti di esibizione sessuale che si sono evoluti in condizioni precedenti, caratterizzate da una maggiore poligamia.
COME SI E’ VISTO, uno dei problemi del consumismo è che la pubblicità può creare aspettative irrealistiche sul potere di segnalazione sessuale dei prodotti.
Un altro problema è dato dal fatto che persino i segnali più efficaci non possono garantire per tutti gli individui il successo dell’accoppiamento. La competizione sessuale è un gioco in cui, laddove qualcuno vince, c’è sempre dall’altra parte qualcuno che perde. Alcuni individui attraggono buoni partner, altri no. La delusione è inevitabile, visto che l’accoppiamento umano richiede il consenso di entrambe le parti e che esistono notevolissime differenze tra gli individui in termini di attrattiva fisica, mentale e sociale. Non tutti gli uomini possono disporre di un harem di 5000 donne come il primo imperatore della Cina, così come non tutte le donne possono riuscire ad avere otto mariti come Elizabeth Taylor.
Tuttavia, se i costi legati all’invio dei segnali sessuali diventano eccessivamente alti, il sistema di accoppiamento di una società può rivelarsi negativo, poiché diventa per tutti troppo dispendioso in termini di tempo, denaro, impegno e rischio. Due generazioni fa, le coppie giapponesi non si preoccupavano di acquistare anelli di fidanzamento. Poi, negli anni 70, il cartello dei diamanti De Beers, attraverso una campagna pubblicitaria, convinse le donne giapponesi di meritare un anello esattamente come le loro omologhe occidentali. Si impose dunque una nuova abitudine: gli uomini giapponesi da allora sono costretti a spendere l’equivalente di almeno due mesi di stipendio per acquistare un pezzo di carbonio incolore a dimostrazione del loro impegno sentimentale. I matrimoni giapponesi probabilmente non sono più felici di quanto lo fossero una generazione fa, ma la De Beers è più ricca.
In migliaia di casi simili, il consumismo ha portato a segnali di ricchezza più costosi, a segnali di gusto più esigenti ed a segnali di coraggio fisico che espongono a rischi sempre maggiori.
Si tratta in genere di interminabili e ripetitivi esercizi di sforzo personale teso all’accoppiamento, spesso senza alcun beneficio sociale. La competizione sessuale è un ambito in cui il progresso tecnologico normalmente non apporta alcun miglioramento al benessere medio degli individui.
Gli imperativi del consumismo legati alla segnalazione sessuale introducono un’altra forma di sperpero: essi forniscono ai consumatori ben pochi incentivi ad ottenere un elevato valore per il proprio denaro. La Gran Bretagna sembra avere stranamente accettato senza troppa difficoltà l’esistenza dei vari oligopoli, cartelli ed accordi per il mantenimento dei prezzi al dettaglio. Questi meccanismi gonfiano in maniera artificiale il prezzo di automobili, vestiti, libri ed elettronica di consumo fino a superare del 50% i prezzi applicati negli Stati Uniti. Se quando si acquista una Porsche si desidera ottenere una vettura efficiente che valga il prezzo pagato, l’esistenza di questi cartelli appare del tutto ingiustificata. Ma se lo scopo dell’acquisto di una Porsche è quello di rendere pubblica la propria ricchezza ed il proprio status, il prezzo ha ben poca importanza. Finché i prezzi saranno di pubblico dominio nel mercato dell’accoppiamento, ciascun modello di automobile sarà un segnale affidabile del livello di agiatezza del proprietario. Nella segnalazione sessuale, le differenze di prezzo sono molto più importanti dei prezzi assoluti.
Quando si parla di benessere umano, però, vale il contrario. La segnalazione sessuale indebolisce l’efficienza economica. Vendere i prodotti presentandoli come strumenti di corteggiamento conferisce alle aziende e ai governi un potere maggiore su coloro che acquistano questi prodotti, poiché trasforma l’attivismo dei consumatori nell’equivalente economico della disfunzione erettile: solo chi non può permettersi tali prodotti protesterà per la disonestà dei prezzi e delle tasse.
Man mano che si passa dai prodotti legati al corteggiamento al consumo più pragmatico, i prezzi calano, i profitti si riducono e si ritorna alla concorrenza di libero mercato. Il confine tra beni di corteggiamento e prodotti ordinari varia da cultura a cultura. Tuttavia, ogni cultura mantiene determinati prodotti mirati al corteggiamento o beni di lusso grazie ai quali le persone si innamorano, mettendo da parte con decisione il loro ruolo di agenti economici razionali.
Sotto questo aspetto, gli esseri umani sono un caso anomalo perché a comprare i prodotti mirati al corteggiamento sono sia gli uomini che le donne. Nella maggior parte delle specie, soprattutto tra i mammiferi, l’esibizione sessuale ostentata è un’attività prettamente maschile. La biologia tradizionale può spiegare perché gli uomini acquistino abiti su misura, automobili sportive e ville in campagna, ma non perché alle donne debba piacere andare in giro per far compere. I biologi, tuttavia, aggiungono ormai sfumature diverse alla teoria darwiniana del maschio attivo che corteggia la femmina passiva. Da studi recenti è emerso che i maschi di molte specie animali sono più esigenti in fatto di partner sessuali di quanto Darwin potesse sospettare, mentre le femmine di molte specie hanno a loro volta sviluppato una propria versione dell’esibizione sessuale ostentata.
Nella femmina del babbuino, il colore rosso brillante del cercine genitale svolge la stessa funzione della coda del pavone. Nella nostra specie, la scelta sessuale è reciproca e così anche l’esibizione sessuale, per cui entrambi i sessi si ritroveranno ai saldi di fine stagione.
I BIOGRAFI DI VEBLEN sostengono spesso che il disprezzo dello studioso per il consumo di ostentazione è dovuto alla sobrietà dei suoi antenati norvegesi rispetto all’Età dell’Oro americana: il protestantesimo di un Paese subartico, basato su un’economia di sussistenza, incontra il lusso borghese bostoniano e scuote la testa in segno di disapprovazione. Veblen ribatté di aver utilizzato il termine “sperpero” in senso neutro, ma la sua indignazione nei confronti dei segnali consumistici trapela ad ogni esempio da lui preso in considerazione. Dovremmo dunque unirci a lui in questa crociata morale contro lo sperpero?
I teorici dell’evoluzionismo lo hanno fatto per diversi decenni e, fino a tempi recenti, questo atteggiamento ha impedito loro di comprendere che cosa sia la selezione sessuale. Si può dire che il vertice di Veblen sia stato il punto più basso di Darwin.
Nel 1900, la teoria della selezione sessuale era considerata la peggiore cantonata che Darwin avesse preso. Poi, negli anni ‘30, i biologi della Sintesi Moderna combinarono la teoria darwiniana della selezione alla genetica mendeliana. Alcuni di questi grandi biologi, come Julian Huxley, Ernst Mayr e JBS Haldane ammisero che la selezione sessuale poteva produrre segnali stravaganti e esagerati, ma non approvarono un tale sperpero ritenendo che fosse nocivo per la specie, dannoso per il progresso evolutivo e ultimamente patologico. Questo loro atteggiamento di disprezzo per lo sperpero biologico legato al corteggiamento era identico al disprezzo di Veblen per lo sperpero culturale del consumismo. Essi riportarono alla luce la selezione naturale, ma lasciarono che la selezione sessuale restasse nell’ombra per altri 50 anni. Anche quando, oltre vent’anni fa, Zahavi propose per primo il suo “principio dell’handicap”, i biologi non riuscivano a credere che la natura potesse favorire un sistema di segnali che comportasse tanto sperpero.
Come Veblen, la maggior parte dei biologi evolutivi ha abbracciato la nozione di un’estetica meccanica in cui si celebra l’efficienza, la buona ingegneria e la forma subordinata alla funzione. Veblen condivideva con HG Wells la visione utopistica di una tecnocrazia dominata da ingegneri illuminati, dalla quale fosse stata eliminata ogni traccia di segnalazione ostentata e di odiosi paragoni. Ma la rinnovata attenzione per la selezione sessuale ha modificato numerose posizioni. Ormai molti evoluzionisti riconoscono che quasi tutto ciò che in natura ci appare bello o grandioso sia stato creato al fine dell’esibizione gratuita, non per l’efficienza pragmatica. I fiori, la frutta, le ali delle farfalle, i nidi costruiti dalle femmine di certi passeri australiani per attirare il maschio, il canto degli usignoli, il muso dei mandrilli, la proboscide degli elefanti, le ramificazioni delle corna delle alci, il canto delle balene, la luminosità delle lucciole, le chele dell’uca, la criniera del leone, la coda del pesce spada ed il linguaggio umano sono stati tutti plasmati dalla selezione sessuale.
Lo sperpero può essere divertente. I segnali sessuali possono essere sublimi. L’evoluzione prodotta dai paragoni odiosi può essere creativa invece che patologica. Gli evoluzionisti moderni hanno ormai accettato con maggiore serenità il sistema dei segnali inutili e dispendiosi.
In effetti, poiché ogni specie a riproduzione sessuale può essere considerata un sistema di segnalazione sessuale a se stante, la proliferazione d questi sistemi è ciò che crea la biodiversità stessa. Se non esistesse una tale varietà di sperperi, il nostro pianeta non ospiterebbe tante specie diverse. C’è dell’ironia in un certo ambientalismo che adora la biodiversità ma disprezza il consumismo: e se entrambi derivassero dagli stessi imperativi di segnalazione sessuale?
CONTRARIAMENTE A QUANTO AFFERMA VEBLEN, lo spreco consumista presenta alcuni benefici che vengono troppo spesso trascurati. I prodotti tesi al corteggiamento che vengono acquistati in un’economia basata sul denaro hanno caratteristiche insolite che li rendono meno ”sprecati” rispetto alla maggior parte dei segnali sessuali. Innanzitutto, trattandosi di oggetti materiali, durano più a lungo delle danze, delle canzoni e dei combattimenti rituali adottati da molte specie per il corteggiamento. Quando la nostra specie ha iniziato ad usare la cultura materiale per l’esibizione sessuale, ci è stato possibile accumulare e persino ereditare una enorme quantità di oggetti che migliorano non solo il nostro status, ma anche la nostra qualità della vita. I beni durevoli di consumo come le case, le automobili e gli elettrodomestici, acquistati in parte per esibizione sessuale, hanno una durata ben superiore ai tempi del corteggiamento.
Inoltre (aspetto ancor più importante), il consumismo comporta una circolazione sociale del valore piuttosto che l’atto di sperpero di un singolo individuo. Confrontiamo la coda del pavone con la Porsche. Entrambe hanno un costo elevato per chi le esibisce. Ma quando il pavone paga i costi di crescita e manutenzione della propria coda, non trasferisce alcun valore ad altri membri della sua specie. Brucia semplicemente energia, e questa energia va perduta. Al contrario, quando l’acquirente della Porsche paga la macchina, trasferisce denaro al rivenditore, che a sua volta ne trasferisce una parte alla casa produttrice e quindi ai dipendenti della casa produttrice e agli azionisti. L’unico vero sperpero nella produzione della Porsche è tutto l’acciaio, la pelle, il carburante, la manodopera e l’ingegnosità umana in più che essa comporta rispetto ad un’automobile comune. Il suo eccesso in termini di prezzo non può considerarsi uno sperpero in nessuna più ampia accezione sociale, poiché il prezzo viene trasferito ad altri membri all’interno della società.
Questo è un effetto importante. Da quando è stata introdotta l’automazione dell’agricoltura e della produzione, una quantità sempre maggiore di individui è stata impiegata (direttamente o indirettamente) per produrre oggetti di lusso destinati all’esibizione consumistica di altre persone. Se una specie asessuata inventasse l’automazione, la maggior parte dei suoi membri perderebbe per sempre il proprio lavoro. Non avrebbero infatti alcun ambito di sperpero nel quale far circolare l’eccedenza materiale che la tecnologia fornisce loro. Nella nostra specie, la domanda di oggetti di lusso per l’esibizione sessuale è illimitata, al punto che non dovremo mai temere una disoccupazione permanente di massa, almeno finché esisterà il consumismo.
Il consumismo distribuisce non solo il denaro, ma anche lo status. La pubblicità propone i prodotti come segnali sessuali, ma chi acquista il prodotto non è il solo a beneficiare dello status sessuale conferito da tale prodotto. Lo status si dirama in tutte le direzioni, lungo l’intera catena della produzione e del consumo. La Porsche propone una pubblicità. Coloro che acquistano una nuova Porsche raccolgono i benefici di status promessi da quella pubblicità. Ma lo stesso fanno anche i rivenditori della Porsche, i dirigenti della Porsche, gli operai della Porsche, gli azionisti della Porsche, i meccanici della Porsche, coloro che ricevono una Porsche in regalo ed infine tutti quelli che acquistano o ereditano una Porsche usata. Sebbene un oggetto fisico possa avere un solo proprietario, il valore di status sessuale che esso comporta può essere goduto da tutti coloro che in un modo o nell’altro sono collegati alla produzione, al finanziamento, alla commercializzazione o al consumo di tale prodotto.
In questo senso, il consumismo ridistribuisce automaticamente lo status sessuale dai ricchi a coloro che hanno fornito tale status. Questo conferisce al consumismo un aspetto egualitario del tutto estraneo alla competizione sessuale presente nella maggior parte delle specie.
Questo atteggiamento più positivo nei confronti dei segnali dispendiosi può essere utile per l’analisi scientifica dello sperpero, ma è davvero l’atteggiamento migliore da adottare quando si tratta di promuovere società umane sostenibili? Stranamente, la biologia ci dice che la risposta può essere affermativa. In tutti gli animali a riproduzione sessuale si verifica una compensazione tra sforzo teso al corteggiamento e sforzo inerente alla condizione di genitore. Più tempo ed energie si spendono per dimostrare quanto si è seducenti, meno tempo ed energie si avranno per allevare la prole.
Lo stesso vale per gli uomini. Con la rivoluzione industriale, l’urbanesimo e il rapido aumento del consumismo si è assistito anche alla transizione demografica, con una impressionante riduzione delle natalità. La competizione sessuale si è intensificata a tal punto che i prodotti destinati alla riproduzione sessuale hanno subito un ritardo. Il consumismo sta oggi assorbendo tutto il tempo e le energie che i nostri avi impiegavano per crearsi delle grandi famiglie. A vent’anni, oggi, invece di occuparci dei nostri primi sei figlioletti (come avrebbero fatto i nostri padri), ci dedichiamo ad acquisire un’istruzione universitaria, a porre le basi per la carriera, ad acquistare oggetti, ad andare in vacanza e a preoccuparci del nostro status. Che si tratti di consumo di ostentazione o di ostentazione dei figli, è difficile dedicarsi ad entrambi.
Una riduzione a fin di bene, auspicata da Veblen, dello sperpero legato alla segnalazione sessuale potrebbe invertire la transizione demografica e creare un’esplosione nella crescita della popolazione. La gente ama avere molte occupazioni. Se uno stato decidesse di eliminare il consumo di ostentazione mettendo al bando beni di lusso, divertimenti costosi, differenze di status tra le occupazioni e così via, alle persone non resterebbe che sposarsi in giovane età e fare molti figli. In realtà, eliminare il consumo di ostentazione e tutte le altre forme di segnalazione sessuale dispendiosa significherebbe eliminare gran parte di quella che consideriamo essere la cultura umana. Sarebbe come portare indietro di milioni di anni l’orologio evolutivo, cercando di ricreare lo stile di vita australopiteco di primati dal cervello ridotto, annoiati a morte e circondati di bambini.
Non è difficile per l’evoluzione raggiungere la mera sostenibilità. I trilobiti sono sopravvissuti per centinaia di milioni di anni, godendosi il loro stile di vita caratterizzato da scarsi consumi, pochi sprechi e da una sessualità poco sofisticata. Erano dunque, secondo Veblen, un modello di razionalità ed efficienza. Ma è lo sperpero che rende tutte le cose interessanti.
Per almeno un milione di anni, la nostra specie è stata impegnata in un grandioso esperimento evolutivo: esplorare il paese incantato della segnalazione sessuale eccessiva e gratuita. Un numero crescente di psicologi evolutivi ritiene che molti aspetti della mente umana siano il frutto della selezione sessuale. La mia opinione è che il linguaggio, l’arte, la musica, l’umorismo e l’abbigliamento siano stati i primi nuovi segnali ad evolversi, seguiti poi da tutte le altre varietà di sperpero sessuale, come la religione, la filosofia e la letteratura.
Nell’ultimo secolo si è verificato un aumento esponenziale di una nuova forma di sperpero sessuale: il consumo di ostentazione, che traduce una logica primordiale di come mettere in evidenza tutto ciò che va dalla biologia alla tecnologia. Ne derivano certo alcuni problemi, come abbiamo visto. Rischiamo di dimenticare con troppa facilità le nostre innate capacità biologiche di esibizione: il linguaggio, la creatività, l’intelligenza. Rischiamo di fare un eccessivo affidamento sulle cuffie Sennheiser. Ma forse i critici del consumismo si spingono troppo oltre quando condannano lo sperpero in generale, come ha fatto Veblen. Lo sperpero sessuale è ciò che ha reso la nostra specie quella che oggi è. Siamo creature dello sperpero, frutto di un’evoluzione che ci impone di spendere il nostro tempo, le nostre energie, la nostra stessa vita per mostrare che riusciamo a farlo meglio dei nostri concorrenti sessuali. Il cervello umano, l’organo in assoluto più dispendioso e l’estremo lusso biologico, rappresenta il nostro originario falò delle vanità. Forse la coscienza umana stessa si è evoluta in parte attraverso la selezione sessuale come una sorta di esibizione dispendiosa e gratuita. Supponiamo che, durante l’evoluzione del linguaggio, i nostri antenati scegliessero compagni che sapessero meglio di altri articolare una più ampia gamma di percezioni e concetti. Questo nuovo criterio per la scelta di un partner avrà dato una brusca accelerazione allo sviluppo del linguaggio e della coscienza. Un processo di questo tipo non rende gli irragionevoli principi della segnalazione sessuale né più razionali né più coscienti. Ma la coscienza, invece di evolversi come un funzionario assolutamente neutrale che coordina il nostro comportamento e le nostre esperienze, si è forse evoluta come oggetto da esposizione, un parco giochi concepito con l’unico scopo di divertire gli altri. Piena di concetti privi di senso, essa forse non rappresenta nient’altro che la nostra perfetta adeguatezza biologica per coloro che intendono unire i loro geni ai nostri.
Se utilizzata con intensità e con frequenza, la mente spesso produce gli effetti di corteggiamento per la quale si è evoluta. Riesce a impressionare i potenziali partner con informazioni, memorie, speranze, ambizioni, sensibilità, gusti, empatie e (forse questo è il suo scherzo più riuscito) con l’illusione di una soggettività sconfinata, autentica e cosciente.
Per operare questa magia del corteggiamento, la mente ci convince di possedere una soggettività autentica e cosciente e che il contenuto della nostra coscienza è l’unico che valga la pena di essere comunicato agli altri.
Il corpo umano è un mosaico di diverse caratteristiche che si sono evolute per la sopravvivenza (le gambe, i polmoni, i denti) e di altre che si sono evolute per l’attrazione sessuale (il seno, i glutei, la barba, il pene, le labbra). Ma la coscienza umana si è forse evoluta come pura esibizione, analogamente alla coda del pavone che non ha bisogno del corpo di un pavone per sostenersi.
Forse la coscienza umana si è evoluta per raggiungere esattamente le forme e le funzioni necessarie per un corteggiamento efficace. Forse le parti più recondite della nostra mente si sono evolute attraverso i nostri rapporti più privati. In poche parole, la coscienza è probabilmente un prodotto piuttosto che una fabbrica, un dispendioso status symbol perfettamente adattato ai suoi consumatori grazie alla selezione sessuale, che può considerarsi l’ingegnosa “divisione marketing” dell’evoluzione.
CHE SIGNIFICA TUTTO QUESTO per chi, come noi, deve valutare la vita della mente? Forse identificarci con la nostra coscienza vana, futile, debordante di concetti non è ultimamente più autentico di identificarci con un oggetto di possesso costoso e ben reclamizzato. L’intellettualismo ed il consumismo sono forse due modalità di esistere ugualmente alienate, se possiamo chiamare alienazione l’eccessiva identificazione di una persona con i propri segnali sessuali.
Questo sembra valere soprattutto per l’intellettualismo sullo stile della New York Review of Books, in cui la conoscenza di alcuni nomi di grosso calibro (Freud, Nietzsche, Foucault, Bellow, Kristeva, Sontag, Borges) è sufficiente per esibire l’appartenenza ad un’élite culturale. Questi nomi sono diventati la moneta svilita nell’economia libidinosa degli intellettualoidi. Le loro idee sono ormai meri pretesti per iniziare il corteggiamento in qualche bar. Le icone culturali dell’Europa sono state sapientemente confezionate per diventare prodotti americani. Il loro unico carattere distintivo è che sono commercializzate da critici letterari e saggisti newyorkesi invece che da agenzie pubblicitarie, mentre il costo d’acquisto è un’istruzione universitaria piuttosto che una certa somma di denaro. L’alienazione intellettuale non ha più alcuna radice nell’esistenzialismo di Dostoevsky, di Kafka o di Sartre. E’ la stessa alienazione che sperimenta qualsiasi altro consumatore il quale acquisti un prodotto come segnale sessuale. Anche il dibattito intellettuale, troppo spesso, è condotto con lo stesso stile ridondante che usano i rivenditori per enfatizzare i pregi della Mercedes rispetto alla Porsche o delle Seychelles rispetto alle Mauritius: sono solo segnalatori i quali segnalano che i propri segnali sono i migliori.
Forse è stato sempre così. La filosofia è derivata dalla sofistica, che non è altro che l’esibizione pubblica competitiva del proprio valore attraverso il ragionamento e l’argomentare. Le università sono state create allo scopo di insegnare lingue morte, rituali inutili ed una superficiale conoscenza di Aristotele ad una classe agiata di preti. Come ha osservato Veblen, per molti secoli una laurea conseguita ad Oxford ha costituito il primo simbolo di agio ostentato. Solo con l’avvento della scienza le diverse varietà intellettuali di esibizione dispendiosa hanno raggiunto un legame cognitivo con la realtà o un legame pragmatico con il progresso sociale. La maggior parte dell’esibizione intellettuale nella storia può forse considerarsi uno sperpero, nell’accezione che Veblen dà a questo termine. Eppure tutte le conquiste e le conoscenze umane che teniamo in maggior conto non sarebbero mai state possibili senza il nostro istinto sessuale per questo sperpero.
Questo saggio, tradotto per Caffe’ Europa, e’ apparso sul numero di febbraio della rivista britannica Prospect e ha vinto il Vivus Essay Prize.
La Vivus ha assegnato 5.000 sterline al miglior saggio che trattasse un aspetto della sessualità.
Geoffrey Miller è psicologo evolutivo al Centro per l’apprendimento economico e l’evoluzione sociale presso l’University College di Londra ed è autore del libro Courting Minds [Heinemann, di prossima pubblicazione]
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