Vegetariano o vegano? Non è così semplice rispondere a questa domanda e pare che non sia più possibile categorizzare in maniera netta i gruppi di persone che consumano cibi. Da un po’ di tempo a questa parte, infatti, sono “nati” i cosiddetti flexitariani, il cui nome deriva dalle parole inglesi flexible (flessibile) e vegetarian (vegetariano) e sono coloro che seguono per la maggior parte del tempo una dieta a base vegetariana ma che non rinunciano anche al consumo di proteine animali di tanto in tanto. Una tendenza che sembra avere molto successo, è considerata molto più equilibrata ed è sicuramente meno rigida, visto che l’84% dei vegetariani, spesso, torna sui propri passi ricominciando a mangiare carne. Molti personaggi dello spettacolo hanno già fatto questo tipo di scelta, da Paul McCartney a Gwyneth Paltrow e, come si sa, se le star inaugurano una “moda”, di certo avranno un seguito.

Nel mondo si contano 18 milioni di flexitariani, mentre in Italia il 32% della popolazione è convinta che seguire un simile regime possa migliorare la vita. Le scelte dei flexitariani sembrano rispecchiare la tendenza della spesa degli italiani rivolta sempre di più a un acquisto consapevole, sano e dalla provenienza certificata. Alla base di questa scelta, i flexitariani puntano sulla qualità dell’alimentazione e sull’attenzione verso l’ambiente e la salute.

Per diventare flexitariano si parte dal livello principiante, che vede la rinuncia alla carne per 1-2 giorni alla settimana, passando per il livello intermedio, che prevede la rinuncia per 2-3 giorni alla settimana fino ad arrivare al livello esperto che vede 5 o più giorni di rinuncia.

Esiste, poi, un altro gruppo di persone che vengono definiti reducetariani. I punti in comune con i flexitariani sono molti, ma in effetti partono da motivazioni diverse. I flexitariani, come abbiamo detto, sono coloro che scelgono di consumare meno carne, in particolar modo per motivi legati alla propria salute, al bene delle piante e anche per ragioni economiche, dato che la carne (sia rossa che bianca) è molto più costosa degli alimenti a base vegetale.

I reducetariani sono anche loro focalizzati sulla riduzione del consumo di carne, ma sono focalizzati molto di più sull’impatto ambientale e sul maltrattamento degli animali. Tra i loro obiettivi principali c’è infatti quello di educare, coinvolgere e fare ricerca riguardo agli effetti positivi della diminuzione del consumo di carne.

FONTE


Non mettiamo troppa carne al fuoco: dai vegetariani ai flexitariani

Numerosi lettori ci domandano quali siano le forme più convenienti fra veganismo veganesimo, fra vegetarianismo vegetarismo; e, più in generale, molti altri sollevano dubbi su parole e significati riguardanti diete e abitudini alimentari.

Risposta

È a partire dal XIX secolo che diete, regimi e abitudini alimentari, dettati dai motivi più disparati (etici, igienico-salutistici, religiosi, ecologici, socioeconomici, pacifisti, antispecisti o, semplicemente, di gusto), hanno generato e continuano a generare lunghe catene lessicali, fra sinonimi, varianti e forestierismi (pescetarianoflexitarianosemivegetarianomelarismo ecc.). Cerchiamo pertanto di mettere ordine in un viluppo di parole particolarmente intricato.

Nell’ambito della scienza della nutrizione (nutrizionistica), la scelta alimentare di coloro che escludono categoricamente carne e pesce dalle proprie tavole è racchiusa in un’unica parola: vegetarianismo. Secondo la letteratura scientifica, il sistema vegetariano comprenderebbe al suo interno una serie di diete, tutte accomunate dall’esclusione di prodotti carnei e ittici, ma ciascuna con una selezione personalizzata di alimenti; ne deriva una pluralità di termini tanto numerosa quanto diversificata in base ai cibi previsti. Di seguito proponiamo una tassonomia riassuntiva (a fronte dei diversi tentativi di classificazione indicati dalle principali organizzazioni scientifiche, quali la “Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana”, la “Società Italiana di Nutrizione Umana” o la “Academy of Nutrition and dietetics”):

  • latto-ovo-vegetarismo (LOV): alimentazione che consente il consumo di prodotti derivati da animali vivi, quali latte, latticini, uova, miele;
  • latto-vegetarismo (LV): dieta che ammette latte, latticini e miele, ma esclude le uova;
  • ovo-vegetarismo (OV): dieta che elimina latte e prodotti caseari;
  • veganismo (VEG): tipo di alimentazione che prevede il consumo di cibi unicamente vegetali (frutta, verdura, cereali, semi, legumi), con esclusione di qualunque prodotto di derivazione animale;
  • fruttarismo: modello alimentare basato sul consumo esclusivo di frutta.

Da qualche decennio, tuttavia, rispetto alla terminologia scientifica in uso fra gli esperti di alimentazione e di nutrizione, il linguaggio comune non adopera più vegetarianismo come vocabolo iperonimo, ossia come contenitore di veganismo e fruttarismo, ma usa distinguere le tre macrocategorie: da un lato, si serve di vegetarianismo per riferirsi esclusivamente al sistema dietetico che, pur eliminando la carne, prevede un consumo abituale di alimenti di derivazione animale; dall’altro, di veganismo e fruttarismo per indicare i modelli dietetici che escludono qualsiasi prodotto di provenienza animale. Il restringimento semantico è presto spiegato: col tempo i regimi alimentari che rinunciano completamente a latte, latticini, uova e miele hanno riscosso sempre più successo, fino a conquistare piena autonomia concettuale e, di conseguenza, nomi del tutto indipendenti.

In realtà, il flusso di parole legato al mondo dell’alimentazione ha una portata ben più elevata rispetto a quella emersa finora; ci interessa, allora, esplorare tali nomi e ripercorrerne la storia dei significati.

 

Vegetarianovegetarianismovegetarianesimovegetarismovegetarianamente, vegveggie, vegetarista

Iniziamo proprio da vegetariano: in qualità di aggettivo o di sostantivo, il vocabolo designa ‘che (o chi) si nutre di soli cibi vegetali e non fa uso di carne, ammettendo tutt’al più l’uso di alimenti di derivazione animale, quali le uova e il latte’ (Zingarelli 2019). Con tale accezione, stando al GDLI e al DELI, il termine sarebbe comparso per la prima volta nel 1860 in un’opera del medico e antropologo Paolo Mantegazza, intitolata “Sulla America Meridionale. Lettere mediche”. Vi è poi un’altra duplice accezione di vegetariano che, usato come aggettivo (es. ricette vegetariane), può significare ‘a base di vegetali, ed eventualmente di latte, latticini, uova, con esclusione delle carni’ (Garzanti 2017) oppure ‘riservato ai vegetariani’ (GRADIT), come nel caso di ristorantieventialberghi vegetariani.

Quanto al nome astratto che indica questo tipo di alimentazione, conosciamo tre varianti del tutto equipollenti: vegetarianismovegetarismo vegetarianesimo. Quest’ultima forma, che si è diffusa molto più tardi (ultimo trentennio del Novecento) rispetto alle prime due (ultimo trentennio dell’Ottocento), si trova lemmatizzata solo nel GRADIT; in più edizioni del dizionario Garzanti, invece, vegetarianesimo si rintraccia curiosamente nella definizione di carnivorismo, ma non è posto a lemma; i numeri del web, infine, ci dicono che la forma in -esimo (125.000 occorrenze)risulta più frequente di quelle in -ismo (98.500 risultati per vegetarianismo e 75.300 per vegetarismo).

Alla stessa famiglia lessicale appartengono l’avverbio vegetarianamente (registrato dal GRADIT e dal Garzanti 2017) e l’accorciativo di matrice inglese veg (‘vegetariano’), ugualmente attestato dai maggiori vocabolari. Un altro anglicismo in circolazione, ma finora presente solo nei dizionari bilingui inglese-italiano, è veggie (o veggy), termine “informale” o “colloquiale” per ‘vegetariano’; in verità, veggie viene adottato in italiano sia col significato di ‘vegetariano’ sia con quello di ‘vegano’, se non addirittura come unica parola per comprendere entrambe le categorie.

Aggiungiamo alla lista vegetarista, una forma non registrata nei vocabolari, ma rintracciabile nell’uso, specialmente nei contesti in cui si intende sottolineare, tramite il valore del suffisso -ista, il carattere tendenziale della scelta alimentare, alla stregua di animalistaambientalistaidealistariformista. Ecco un esempio:

Di conseguenza la pressione degli animalisti è rivolta verso soluzioni di tipo vegetarista o quantomeno verso un minor consumo di carne e di proteine animali […].
(Silvana Castignone, Enciclopedia delle scienze sociali, 1993, s.v. Diritti degli animali dell’Enciclopedia Treccani online)

Per quel che concerne l’etimologia, è affermata la derivazione di vegetariano dall’inglese vegetarian – esito dell’unione di vegetable (‘verdura, ortaggio’ o ‘vegetale’) col suffisso –arian – e quella di vegetarianismo dall’inglese vegetarianism; oltre all’origine inglese, non va peraltro trascurato l’influsso che le forme francesi végétarien e végétarisme hanno esercitato sulla nostra lingua, come segnalano il GRADIT e il DELI.

 

E chi è vegetariano “a metà”?

L’inesauribile produttività della lingua ha generato ben quattro espressioni per designare ‘chi o che segue un’alimentazione prevalentemente ma non esclusivamente vegetariana, quindi con consumo occasionale di carne, pesce e proteine animali’:

  • semivegetariano (registrato dal GRADIT e dal GDLI)
  • flexitariano flexitarian (attestato dal Garzanti 2017 e presente fra i Neologismi 2012 della Treccani)
  • vegetariano flessibile (calco della voce inglese flexitarian, non entrato in lessicografia)
  • reducetariano (ad oggi solo fra i Neologismi 2015 Treccani)

In questo gruppo menzioniamo un altro vocabolo ancora, accolto da più dizionari (GRADIT, GDLI, Devoto-Oli 2018, Vocabolario Treccani online) e riservato a una tipologia alimentare più specifica: parliamo dei pescetariani, cioè di ‘chi esclude dalla propria alimentazione i cibi di origine animale, ad eccezione del pesce e dei frutti di mare’ (Devoto-Oli 2018); non rara, fra l’altro, la forma pesco-vegetariano, che, benché non accolta in lessicografia, mostra una discreta penetrazione nella letteratura scientifica nonché nella sitografia specifica (una ricerca sul web restituisce 12.239 occorrenze della parola).

 

Pitagorico e pitagorismo

Prima di vegetariano vegetarianismo, che sono coni lessicali ottocenteschi, quali nomi rinviavano ai medesimi significati? Se è vero, infatti, che vegetariano è un vocabolo “giovane”, è anche vero che i vegetariani esistono da sempre.

Sin dall’epoca classica, Pitagora è considerato il caposcuola del vegetarianismo, giacché la tradizione letteraria greco-latina – si pensi in primis a Ovidio, Plutarco e Porfirio – credeva che la diffusione del modello alimentare si dovesse proprio al filosofo greco e alla teoria della metempsicosi professata dai pitagorici, cioè alla possibile reincarnazione degli uomini negli animali. Successivamente, gli scienziati del XVII e del XVIII secolo, recuperando l’immagine del Pitagora vegetariano, adottarono i termini pitagorismo pitagorico per denotare propriamente la scelta di un’alimentazione non carnea; quest’uso si protrasse fino all’Ottocento, come spiega Carlo Anfosso in un articolo del 1880:

Chi avrebbe pensato, dopo tanti secoli, di dover assistere ad una specie di rinascimento della filosofia italica, e non più nella Magna Grecia, fatta per opera di Dio regno d’Italia, ma nella lontana Inghilterra? Laggiù infatti rinasce in parte l’idea pitagorica colla setta dei Vegetalisti. La nuova setta non crede più nell’Anima Universale, s’intende; non discute più di metafisica nè del sistema dell’universo; non vuole che si parli di metempsicosi: il rinascimento pitagorico riguarda solamente il regime imposto dal filosofo ai suoi seguaci. […] I pitagorici si attenevano perciò ad un regime esclusivamente vegetale […] (Carlo Anfosso, Novità scientifiche. Pitagora in Inghilterra,“Corriere della Sera”, 23/8/1880).

Sebbene non vi sia traccia di tale accezione nella moderna lessicografia se non in senso letterario, estensivo o ironico, il significato specifico relativo all’abitudine alimentare, oggi riconosciuto sotto il nome di vegetarismo, è riportato nei dizionari storici (GDLI e Tommaseo-Bellini) sotto le voci pitagoricamentepitagorico pitagorismo; difatti, il GDLI definisce il vitto pitagorico quale

dieta alimentare introdotta nella scuola di Pitagora e caratterizzata principalmente dall’astensione dalle carni (assoluta o, secondo alcuni, limitata a certi animali: ciò pare in rapporto con la credenza professata dai seguaci di Pitagora nella metempsicosi, che li induceva ad astenersi da ogni forma di violenza nei confronti degli animali, in cui poteva forse nascondersi l’anima di un parente o di un amico).

Così pure il Dizionario d’igiene per le famiglie di Paolo Mantegazza e Neera, pubblicato a Milano nel 1881, registra la voce pitagorico (pp. 256-257) con la medesima accezione: “chiamasi con questo nome un regime composto unicamente da alimenti vegetali. […] Ventiquattro secoli dopo Pitagora il tedesco Baltzer predicò il regime vegetale sotto il nome di vegetarianismo […]”.

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