Il secondo articolo della nuova sezione del BroomGulf lo voglio dedicare allo spettacolo più particolare che mi ha meravigliato negli ultimi anni: osservato prima dai terrazzi di Hoikos e ora dalla posizione panoramica dell’Eremo sui laghi di Avigliana: la migrazione delle gru. E’ uno spettacolo che mi lascia ogni volta a bocca aperta: senti l’inconfondibile verso, osservi il cielo e vedi questa freccia composta da centinaia, talvolta migliaia, di gru che volano in formazione…

 

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Bron ElGram (@bron_elgram)


Grus Grus

La gru cenerina o gru eurasiatica (Grus grus) è un uccello che appartiene alla famiglia Gruidae.

Questa gru è alta circa 120 cm e può pesare fino a 7 kg. L’apertuta alare è di 180–240 cm. Come dice il nome, il colore prevalente nel piumaggio della gru cenerina è il grigio, con il collo bianco e nero e una macchia rossa sulla testa. La coda è a pennacchio.

Questo uccello nidifica nelle parti settentrionali dell’Europa (Scandinavia, Germania, Polonia, paesi ex-sovietici, Gran Bretagna, Irlanda) e dell’Asia (fino alla Siberia orientale, a nord della linea Caspio-Tibet), nonché nella regione anatolica. Si stimano circa 500.000 esemplari, in aumento. In Italia l’ultima nidificazione viene fatta risalire al 1920 circa.

La gru è uccello migratore (con l’eccezione di alcune aree molto particolari), capace di percorrere lunghissime distanze con i classici stormi a V. Le aree di svernamento si estendono, in modo frammentato, dalla Cina meridionale fino al bacino del Nilo e a tutta la regione mediterranea (compresi il Nordafrica e la Penisola Iberica). Anche in Italia ci sono gru svernanti, in particolare nei dintorni di Pisa e in Sicilia, mentre gli avvistamenti invernali di gru (sia svernanti che di passo) sono attualmente intorno a 1500 all’anno, in crescita e distribuiti in tutte le regioni. Negli ultimi anni sono stati avvistati anche in Italia stormi che, secondo alcune stime, sarebbero stati composti di oltre 1000 individui.

FONTE


Approfondimento

Migrazioni di novembre – Il volo delle Gru


Cultura popolare

Etimologia e denominazione

Il nome «gru» deriva dal latino grus, che a sua volta trae origine dal greco geranos; la stessa etimologia hanno anche il francese grue e lo spagnolo grulla, nonché il tedesco kranich e l’inglese crane, termini strettamente correlati tra loro. Secondo Isidoro di Siviglia è possibile che grus derivi dal latino congruere («essere d’accordo»). Pertanto, tale nome si riferirebbe sia al richiamo simile allo squillo di una tromba di questi uccelli, sia alle posizioni sincrone che assumono durante le loro danze.

Inoltre, gli etimologi hanno anche riscontrato alcuni nomi che derivano da quello delle gru. Ad esempio, alcune bacche simili al mirtillo rosso che le gru amano mangiare (Vaccinium oxycoccos) vengono chiamate in inglese cranberries («bacche delle gru»). Il suo piede simboleggia il dipartirsi delle varie linee nell’albero genealogico tant’è vero che ha ispirato il francese antico pied-de-grue, indicante quel particolare disegno dove in cima vi era il capostipite, mentre i suoi discendenti erano via via collegati fra loro da tratti verticali verso il basso: in quegli schemi comparivano spesso dei segni composti di tre linee a forma di freccia aperta che designavano la successione e che furono considerati come l’orma del piede di questo uccello. Poi gli inglesi, ispirandosi a quell’espressione, forgiarono il vocabolo pedigree, che venne a poco a poco a significare «discendenza». In Italia si è cominciato a usare la parola nella seconda metà del XIX secolo riservandola però ai cavalli di razza e poi agli animali domestici in genere.

Gru è stata battezzata a sua volta la macchina moderna che serve per sollevare carichi e trasportarli da un punto all’altro per la somiglianza del suo braccio mobile con il collo di questo uccello.

Mitologia e culto

Siccome era un uccello migratore venne consacrato dai greco-romani a Ermes-Mercurio, il dio che vegliava sui viaggiatori ed era stato anticamente il protettore dei poeti e degli artisti, prima che queste funzioni gli fossero usurpate da Apollo. Il suo volo veniva osservato attentamente dagli auguri antichi che ne traevano indicazioni per il futuro.

Nell’antichità si favoleggiava che fra questi uccelli e i Pigmei, una popolazione situata più a sud delle sorgenti del Nilo, vigesse un’inimicizia eterna. «A quanto sento dire», scriveva Eliano, «anche il popolo dei Pigmei è retto a monarchia; ma essendo venuto meno il re, il comando sopra di loro fu assunto da una regina, di nome Gerana, che i Pigmei divinizzarono tributandole onori troppo grandi per un essere umano. A causa di quegli eccessi Gerana cominciò a dare segni di pazzia e a disprezzare le dee; diceva, riferendosi in particolare a Era, ad Atena, ad Artemide e Afrodite, che queste divinità non potevano minimamente competere con la sua bellezza. Non riuscì però a sottrarsi alle conseguenze di simili vaniloqui. Era infatti, sdegnata, la trasformò nel più brutto degli uccelli, cioè in una gru, e anche oggi essa continua a combattere contro i Pigmei, colpevoli di averla rovinata e resa pazza con le eccessive manifestazioni di ossequio»[8].

Al mitico episodio allude anche Omero:

«Quando poi furono in ordine, ognuno col suo comandante,
si mossero i Troiani con clamore e gridio, come uccelli,
come quando nel cielo si spande lo strepito delle gru,
che fuggite di fronte all’inverno e alle grandi piogge,
strepitando si levano a volo sulle correnti dell’Oceano,
per poi portare ai Pigmei la strage e la morte…»

Fu sempre Omero a parlare per primo della «danza delle gru», quella che fu eseguita da Teseo all’uscita dal labirinto, poco prima che l’eroe ripartisse con Arianna; tale danza era collegata al labirinto: Károly Kerényi spiega la correlazione col fatto che la gru è un uccello migratore che va e ritorna, come Teseo che va e torna dal labirinto.

«In origine colei che i Greci chiamavano Arianna era la Signora del Regno dei morti. Nel tempo delle origini si poteva entrare nel suo regno danzando, così come danzando si poteva uscirne. La figura primordiale della danza cretese, il ghéranos, era una spirale dalle molteplici volute, nella quale il danzatore (il primo ballerino di una schiera di danzatori), giunto al centro ritornava sui suoi passi e si avviava danzando verso l’uscita su un percorso parallelo a quello per cui era entrato, sempre danzando. A Delo venne poi interpretata come danza di vittoria; e infine inserita nel mito di Teseo dove si narrava che era stata eseguita per la prima volta quando Teseo e Arianna stavano per partire da Creta. […] Non si potrà dimenticare che le gru a un certo momento si alzano in volo […] Nelle danze del labirinto era ben tangibile un anelito verso la liberazione; e a quell’anelito si mescolava, fino a non differenziarsene, se non proprio a essergli identico, un profondo desiderio di levarsi in volo, di fuggire.»

In Grecia si narrava che durante il diluvio Deucalione fu salvato da uno stormo di gru che lo guidò sul monte Gerania, che significa «il monte delle gru» (dal greco ghéranos, che designa questo uccello).

Nella stessa area simbolica si situa anche una leggenda greca secondo la quale il celebre poeta Ibico, nato a Reggio nella Magna Grecia, era stato ucciso da alcuni ladroni. Nessuno sarebbe riuscito a scoprire gli assassini se uno stormo di gru non li avesse indicati sorvolandoli con insistenza. Questa storia, narrata da Plutarco, ispirò molti secoli dopo Friedrich Schiller a scrivere la famosa ballata Le gru di Ibico.

Si diceva che il dio celtico Ogma avesse inventato l’alfabeto ogamico dopo aver osservato il volo delle gru, che erano le custodi del segreto di questo alfabeto. In Irlanda, i contadini pregavano il dio Manannan portando in offerta una sacca di pelle di gru piena di tesori del mare, chiedendo in cambio di avere un buon raccolto, mentre i marinai gli si rivolgevano affinché facessero un buon viaggio. Il paese di Grippia menzionato nella saga di Herzog Ernst era abitato da uomini con teste di gru che assediavano un popolo di pigmei fino a ché Ernst non riuscì a liberarli. In Svezia le gru vengono soprannominate gli «uccelli della fortuna», in quanto il loro arrivo coincide con la primavera, che porta con sé calore, luce e abbondanza di cibo.

Origami di gru – simbolo di lunga vita.

Il simbolo di guida spirituale verso la liberazione si riscontra in Cina dove la danza delle gru (che vengono chiamate 鹤, ) evoca la possibilità di volare fino alle Isole degli Immortali. D’altronde nel taoismo questo trampoliere è simbolo d’immortalità. A loro volta i giapponesi, credendo che le gru vivano migliaia di anni, le considerano simboli di longevità: tanto è vero che si offrono spesso agli anziani delle pitture o incisioni dove figurano gru, pini e tartarughe, tutti e tre simboli di lunga vita. L’immagine di questo uccello è collegata anche al culto degli antenati, come testimoniano molti oggetti rituali che, modellati nelle sembianze del volatile, vengono usati nelle cerimonie in loro onore. Questo simbolismo si spiega considerando che in Cina la gru è l’uccello Hac, «colui che è venuto e non rimane». Dopo l’esplosione atomica su Hiroshima, che si dice sia stata più luminosa di mille soli, una bambina colpita dalle radiazioni, Sadako Sasaki, si impegnò a costruire mille gru di carta nella speranza di poter guarire. Morì prima di portare a termine la sua impresa, ma altri bambini hanno continuato per lei, e oggi le statue di pietra del Peace Memorial Park di Hiroshima sono decorate da milioni di piccole gru di origami.

In India tuttavia, a causa di alcuni suoi atteggiamenti, come quelli che assume nella danza, è considerata il più falso tra gli uccelli e simbolo di tradimento. «Ingannevole» è l’epiteto con cui la si designa: non a caso ha dato il suo nome alle dee dalla testa di gru (le otto mahâvidyâ) che simboleggiano la potenza della crudeltà, della magia nera, del veleno e dell’istinto di distruzione.

Araldica

Stemma della comunità di Kransberg.

Riguardo alle gru, mescolando osservazioni fondate e fantasticherie, che tuttavia hanno ispirato il simbolismo di questo animale, Plinio il Vecchio riferiva:

«Si mettono d’accordo sulla data della partenza; volano a grande altezza per vedere lontano davanti a sé e scelgono un capo che faccia loro da guida lungo l’itinerario che devono seguire e in coda alla schiera, a turno, pongono delle compagne che con le loro grida sappiano mantenere compatto lo stormo. Durante la notte dispongono dei turni di guardia: e le sentinelle sono costrette a reggere una pietruzza, perché se questa scivola via dalla presa a causa del sonno e cade, diventa così molto evidente la loro negligenza; le altre gru dormono, nascondendo la testa sotto l’ala e stando, alternativamente, ora su un piede ora su un altro. Il capo invece, tenendo il collo ben ritto, controlla e ordina.»

Già Aristotele aveva smentito la falsa credenza della pietra tenuta nella zampa: tuttavia essa era troppo suggestiva per non venire adottata anche nel Medioevo giacché evocava i simboli della vigilanza, della previdenza e anche della prudenza spirituale. È possibile trovare la figura della gru con la pietra su molti emblemi, stemmi e insegne, nonché su case e castelli.

Nella cristianità medievale ci si è ispirati a una credenza dei naturalisti antichi per evocare anche la figura del Salvatore: come testimonia il passo di Plinio il Vecchio che abbiamo citato, le gru si scelgono un capo il quale non soltanto guida lo stormo durante la migrazione, ma di notte lo sorveglia con la testa eretta.

Sulla decorazione di un vaso antico proveniente dalla villa Adriana di Tivoli, oggi custodito al Museo di Cluny, si vede una gru che combatte il serpente. Probabilmente l’immagine venne a simboleggiare in ambiente cristiano il Cristo che combatte il demonio. Così è stata interpretata un’analoga figura su un amuleto gnostico: è un simbolismo che appare anche nell’ambito della cicogna. D’altronde nel Medioevo si tendevano a confondere le cicogne con le gru, gli aironi e gli ibis.

Nel mosaico del santuario cristiano di Madaba, eretto in Palestina nel 490 in onore di sant’Elia, si è scoperta anche una gru coronata che non può non essere una figura simbolica di Cristo.

Astronomia

Le costellazioni della Gru e del Pesce Australe, che in passato formavano una costellazione unica, come appaiono in Atlas Coelestis di Johann Doppelmayr (1742 ca.).

La gru è anche disegnata nel cielo: Plancius, che nel 1598 l’aveva inserita nel suo mappamondo, in uno successivo la trasformò nel Fenicottero (Phoenicopterus); oggi però è catalogata con il nome originario. Venne formata con stelle che si trovavano sotto il Pesce australe. Due sono abbastanza luminose: Alnair (α Gruis, magnitudine 1,7), il cui nome deriva dall’abbreviazione di un’espressione araba che significa «quella brillante presa dalla coda di pesce» perché gli arabi nel Medioevo avevano esteso la coda del Pesce australe fino a questa regione del cielo; e β Gruis, una gigante rossa di magnitudine 2,1.

Fiabe, favole e letteratura

Nell’antica tradizione popolare e nelle fiabe, la gru, alla quale vengono di regola attribuite qualità positive, compare come annunciatrice di nascite e di matrimoni, ma anche di guerra e di morte. Nelle favole viene di solito utilizzata per simboleggiare l’ingiustizia e l’ingratitudine umana.

Il racconto jakuto Le piume della gru parla di una gru che si trasforma in una bellissima ragazza per sposare un essere umano. Un giorno, tuttavia, l’uomo scopre le piume strappate che un tempo rivestivano la moglie e si allontana, rappresentando così la natura sfuggente dell’estate e dell’amore. Anche favole russe come L’airone e la gru o La volpe e la gru hanno per protagonista questo uccello; in quest’ultima, i due protagonisti si invitano reciprocamente a un pranzo che solo il padrone di casa è in grado di mangiare. Anche Johann Wolfgang Goethe dedicò a questo argomento un poema. Nella favola di Fedro Il lupo e la gru, invece, l’uccello libera il lupo da un osso rimastogli bloccato in gola, ma non riceve alcuna ricompensa.

Nelle Storie animali di Haanpää la gru viene umanizzata e individualizzata. Il racconto La gru dalle ali monche parla di un esemplare che non può migrare verso sud e durante l’inverno deve lottare contro i suoi nemici. Esso trae spunto dal poema La gru di Theodor Fontane, che parla di una gru con le ali spuntate che tenta a lungo di seguire i suoi conspecifici e viene derisa dai polli dopo i suoi inutili sforzi.

L’antico profeta israelita Geremia cita uno dei tratti caratteristici di questo uccello (il conoscere il periodo in cui migrare) nella Bibbia (Geremia 8,7).

Nella poesia, la gru viene utilizzata simbolicamente per descrivere qualcosa di «sublime» in natura. La gru saggia di Wilhelm Busch si rifà nuovamente alla figura dell’uccello vigile con la pietra nella zampa. Johann Wolfgang Goethe, nel Faust: Una tragedia (Fuori porta), lascia che il protagonista si lamenti:

«quando sopra pianure e sopra laghi
vola la gru che fa ritorno a casa.»

L’uccello è protagonista anche delle poesie La gru di Nikolaus Lenau, La gru di Nikolaj Rubcov e La gru paralizzata di Ewald Christian von Kleist.

Nel romanzo I bambini Jeronim di Ernst Wiechert, Gogun, un razziatore di nidi, ruba le uova di gru e i loro piccoli per venderli ai proprietari terrieri. Nel dramma di Viktor S. Rozow Gli amanti eterni, questi uccelli vengono usati come metafora alla morte del protagonista Boris. Nella novella Le prime gru di Čyngyz Ajtmatov, le gru appaiono come annunciatrici della primavera prossima, dell’amore e della gioia di vivere, ma anche come promemoria contro la guerra, l’alienazione e le divisioni. Anche Selma Lagerlöf menziona la gru in uno dei capitoli del Viaggio meraviglioso di Nils Holgersson (La grande danza delle gru sul Kullaberg).

Media

Tre simboli cinesi – il pino, il susino e la gru (qui due gru della Manciuria) – in un disegno di Shen Quan (1759).

Nell’opera Ascesa e caduta della città di Mahagonny di Bertolt Brecht c’è un brano musicale che parla delle gru (Siehst du die Kraniche im hohen Bogen…).

Nelle arti visive, raffigurazioni di gru si possono trovare dalle epoche storiche più antiche fino ad oggi. Questo uccello è stato un modello sia per pitture su tavola che su parete, nonché per miniature e illustrazioni. Ne esistono rappresentazioni artigianali e plastiche fatte di tessuto, ceramica, legno, pietra, bronzo, metalli preziosi e altri materiali. Soprattutto in Asia, è uno dei soggetti preferiti dagli illustratori.

Nell’arte cristiana, la gru compare, assieme ad altri uccelli, all’ingresso dell’arca di Noè nel mosaico della chiesa di San Marco a Venezia. Un’incisione di Albrecht Dürer mostra la Giustizia con la gru con la pietra nella zampa al suo fianco.

Nel film Quando volano le cicogne del regista georgiano Michail Kalatozov, uno stormo di gru appare in cielo alla morte di Boris, il protagonista.

La gru in volo è il logo di molte compagnie aeree attuali. Essa è utilizzata dalla Japan Airlines, dalla Air Uganda e dalla XiamenAir cinese. Il logo della tedesca Lufthansa, creato nel 1918 da Otto Firle a Berlino, viene utilizzato dal 1926.

Un particolare reparto operativo della polizia austriaca, istituito in seguito all’attacco terroristico all’aeroporto di Vienna-Schwechat del 27 dicembre 1985, è stato battezzato Einsatzabteilung Kranich; il nome è stato scelto per la particolare vigilanza di questo uccello e, probabilmente, anche per la sua associazione con il volo.

L’uomo e le gru

Le gru come oggetto di caccia

Grazie ai petroglifi che sono stati scoperti in grotte spagnole e in Svezia, nonché ai ritrovamenti di ossa negli insediamenti neolitici, sappiamo che le gru sono state cacciate fin dalla preistoria. È interessante notare che le ossa di età romana ritrovate in Ungheria sono circa il 10-20% più grandi di quelle degli esemplari odierni. La carne e le uova venivano mangiate, con le ossa venivano fabbricati strumenti e le piume venivano usate come monili.

Il poeta latino Orazio la considerava una «piacevole preda», se solo non avesse avuto così tanti tendini. Ancora oggi, è possibile trovare gru in vendita in alcuni mercati in Africa e in India. Nel Medioevo le gru erano considerate prede nobili. Il trattato di caccia di Pietro de’ Crescenzi ne descrive accuratamente la cattura con una rete tesa nella quale, al crepuscolo, questi uccelli venivano spinti. Nel suo libro di falconeria, il codice De arte venandi cum avibus (Sull’arte di cacciare con gli uccelli) l’imperatore Federico II di Hohenstaufen raffigurò in varie miniature a colori la gru in varie attività.

Una testimonianza del prestigio di cui godeva questo animale sulle tavole dei ricchi signori del medioevo si può ritrovare nella IV novella della VI giornata del Decameron di Giovanni Boccaccio, libro scritto alla metà del XIV secolo. La vicenda ruota appunto attorno a un banchetto tenutosi a casa del banchiere fiorentino Currado Gianfigliazzi, durante il quale viene servito come piatto forte un’intera gru allo spiedo, uccisa dallo stesso Gianfigliazzi in una battuta di caccia.

La gru come animale nocivo

Secondo un detto contadino bizantino, è più facile «coltivare la roccia che campi e colline con gru nelle vicinanze». Chiamandole «ladri di semi» e «razziatrici di zolle», gli antichi greci le catturavano con reti, cappi o con il vischio. In Prussia, Federico Guglielmo I ordinò la caccia alle gru «per i grandi danni» che arrecavano alle coltivazioni nelle valli fluviali e nelle pianure alluvionali.

La gru come misuratore del tempo

Un certo numero di regole meteorognostiche correlate alla semina e alla raccolta, fa riferimento alle migrazioni delle gru. Ad esempio, l’autore greco Esiodo afferma quanto segue:

«Fa’ poi attenzione, quando tu odi il verso della gru,
che ogni anno strepita dall’alto delle nubi:
essa reca il segnale dell’aratura e dell’inverno piovoso
indica la stagione…»

Inoltre, le gru che volano ad alta quota dovrebbero annunciare il bel tempo.

La gru come animale ornamentale

Gru cenerine e damigelle di Numidia erano tenute come uccelli ornamentali sia in Cina («uccelli di rango superiore») che in India («i più importanti tra tutti i pennuti»), nonché nell’Antico Egitto. Ne troviamo raffigurazioni risalenti ad oltre 4000 anni fa sulle pareti delle tombe egiziane del periodo faraonico. I bassorilievi della mastaba di Ti indicano anche che questi uccelli venivano tenuti e fatti ingrassare in stormi semi-addomesticati come animali sacrificali.

Dagli scritti del romano Varrone si può concludere che le gru furono in seguito allevate anche come uccelli domestici. Esse erano abituate a sorvegliare la casa e il cortile, grazie alle forti grida che avvisavano in modo affidabile l’arrivo di animali carnivori e uccelli rapaci. Tuttavia, quando Carlo Magno effettuò dei cambiamenti ad una legge salica, tale usanza andò persa.

Protezione delle gru

Ben undici specie delle quindici presenti sulla Terra sono a rischio di estinzione. In Asia orientale la perdita di aree umide minaccia la gru della Manciuria, quella monaca e quella nucabianca. La leggiadra gru del paradiso, l’uccello simbolo del Sudafrica, è stata messa a rischio dalla predazione da parte dei cani rinselvatichiti e dalle colture arboree che hanno soppiantato gran parte del raro habitat originario della specie. La gru americana, la specie più rara, è stata cancellata da gran parte del suo areale in America del Nord nel XIX secolo a causa della caccia, della raccolta delle uova e della distruzione dell’habitat provocata dalla bonifica delle aree umide a favore delle praterie, più adatte all’allevamento. Nei primi anni ’40 erano rimaste soltanto 21 gru americane. Grazie alla protezione dell’ambiente, alle leggi più restrittive sulla caccia e ai programmi di allevamento in cattività cominciati negli anni ’60, quanto rimasto della popolazione di gru americana ha iniziato ad aumentare. Al momento si contano 442 individui in natura e 161 in cattività, nulla in confronto ai numeri originali, ma un grande risultato sulla via della salvezza per questa specie.

Tre le organizzazioni che si dedicano alla protezione delle gru ricordiamo l’International Crane Foundation, con sede negli USA, e l’europea European Crane Working Group.

FONTE