E’ il primo animale che abbiamo incontrato visitando per la prima volta l’Eremo: Ary, camminando nel giardino, chiese al venditore “ci sono le vipere qui?” e mentre questi rispondeva “no, qui no, siamo a quota bassa”, alla sue spalle, sul nespolo vicino al capanno degli attrezzi, scivolò una lunga “uslera” (in dialetto franco-provenzale) gialla e verde… 😁😁😁


Biacco (Hierophis viridiflavus)

È uno dei serpenti più comuni in Italia, spesso osservabile mentre si riscalda al sole. Può raggiungere dimensioni anche oltre il metro e mezzo di lunghezza. Ha sottili strisce gialle e verdi sul dorso, che le conferiscono un aspetto reticolato ma esistono anche forme completamente scure (foto). Possiede grandi occhi con pupille rotonde. Il ventre può assumere un colore giallo, verdastro o bruno. I giovani sono di colore grigio, verde oliva con numerose marcature più scure. Anche se predilige ambienti asciutti e terreni sassosi e soleggiati, il biacco (Hierophis viridiflavis) può frequentare anche zone umide come gli alvei fluviali. È anche molto agile, dal momento che è rapido nel muoversi sul terreno e nell’arrampicarsi su piccoli arbusti e sassi. Si ciba di piccoli mammiferi, anfibi, piccoli rettili e non disdegna neppure qualche insetto. Agli accoppiamenti, che hanno luogo con lotte rituali tra maschi, segue in estate la deposizione di 5-15 uova allungate. Il rapporto dell’uomo con questa specie è conflittuale. I giovani vengono spesso scambiati per vipere e per questo uccisi. Messo alle strette, il biacco manifesta tutta la sua indole irascibile e non esita ad avventarsi sull’invasore mordendolo. Malgrado non sia velenoso, il suo morso può provocare lacerazioni della pelle per via dei suoi denti uncinati e talvolta infezioni.

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Hierophis viridiflavus

Il biacco (Hierophis viridiflavus (Lacépède, 1789)), precedentemente classificato come Coluber viridiflavus, è un serpente non velenoso della famiglia dei Colubridi, frequente nelle campagne e nei giardini, sia in terreni rocciosi, secchi e soleggiati, sia in luoghi più umidi come le praterie e le rive dei fiumi. È detto anche milordo o colubro verde e giallo.

Etimologia

Il nome specifico viridiflavus allude alla particolare colorazione verde e gialla del serpente. Biacco invece viene da biacca, carbonato di piombo basico, chiamato cērussa in antichità e conosciuto attraverso botteghe veneziane e olandesi; questo a sua volta dal longobardo *blaih, “pallido”.

Nomi dialettali

Lo H. viridiflavus carbonarius è universalmente noto col nome di biscia o serpi niura. Il genere è definito in alcune parti della Sicilia scursuni e in Calabria è analogamente chiamato scurzuni. In Salento è invece chiamato scurzune. In Campania, nelle zone collinari dell’alto casertano, è conosciuto con il nome di agnone. In provincia di Trapani è noto col nome di vìsina. Nel resto d’Italia esistono altre denominazioni. Nelle zone pedecollinari dell’appennino emiliano è conosciuto come scarbònas; in Friuli è noto come blačhe, nella pedemontana pordenonese come carbonat, nelle Prealpi venete e in Trentino come carbonaz o carbonazo; in Veneto come carbonasso o scarbonasso (quest’ultimo più diffuso nel Vicentino); in Romagna e in parte dell’Italia centrale (Toscana e Lazio) come frustone, anche in ordine alla credenza popolare secondo cui può usare il corpo per appioppare dolorose sferzate. In provincia di Modena e Reggio Emilia viene comunemente chiamato “Magnano”. In Umbria è noto col nome generico di serpe. In Provincia di Pavia è denominato milò o meno comunemente smeraldo. Nella Città metropolitana di Milano è denominato milord. Nella zona del Piemonte, in particolare nella Valsesia, nella bassa Ossola, nel Vercellese e nel Biellese, questo serpente è conosciuto come mirauda. Nel novarese e nel varesotto invece viene denominato bilorda o bilurdun. In alcune zone anche con il termine meno corretto milorda. Nella zona di Luino e nelle sue valli è chiamato smilorda o milordone e in alcuni luoghi del bresciano susèr, col significato di “cacciatori di topi” o bes bastunèr che significa “serpente che bastona” data la sua peculiare caratteristica di serpente costrittore, mentre nel bergamasco, sempre per la medesima ragione, viene chiamato verèm bastunèr. Nel lodigiano data la sua natura, che lo porta a vivere in ambienti umidi ricchi di anfibi come le rane, di cui si nutre abbondantemente, viene popolarmente chiamato bìsa-ranè. Nel mantovano è nel ferrarese è invece chiamato anza o “anzon” e la credenza popolare lo vuole capace di dare forti colpi di coda per difendersi dall’uomo che tenta di catturarlo. Nell’entroterra savonese, valle Bormida, viene chiamata ux’lera, “che si nutre di uccelli”, in forza alla sua capacitá di arrampicarsi sugli alberi e raggiungere i nidi. In Versilia e nelle zone limitrofe viene comunemente chiamato botareccio. In Sardegna zona Sassari ” curora pizzunaggia ” proprio per il motivo di ottima arrampicatrice e mangiatrice di uccelli da nido

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