Molti, inconsapevoli di violare le leggi della Chiesa, le portano a casa

Sono i peccatori dell’urna. Nella stragrande maggioranza dei casi inconsapevoli di violare le leggi della Chiesa. Sono tanti e ogni anno il loro numero aumenta di 2-300 unità. Sono coloro i quali chiedono di disperdere le ceneri del proprio caro, anche quando si sceglie il Roseto del Cimitero generale. Peccatori anche quelli che conservare le ceneri del nonno in casa. Il Vaticano, com’è noto, ha ribadito le sue linee guida stabilite nel 2012 quando venne rivisto il canone delle liturgie prevedendo anche preghiere e riti per chi sceglie la cremazione. Vale a dire: vietato custodirle in casa, disperderle e, manco a parlarne, trasformarle in gioielli.

NIENTE FUNERALI RELIGIOSI

Chi lo fa potrebbe vedersi rifiutare la cerimonia funebre da un prete particolarmente ligio. «O anche solo rispettoso del suo ruolo: dopotutto la dispersione delle ceneri è una cosa incoerente con la resurrezione della carne» commenta, senza ironia, Giovanni Battista Pollini, presidente della Socrem, attiva su piazza dall’800 e che, ogni anno, incenerisce nei suoi 5 forni del tempio all’interno del Cimitero generale, 3500 torinesi, 500 salme provenienti da fuori città e altri 4 mila resti provenienti dalle estumulazioni dell’Afc Torino spa, l’azienda comunale che si occupa dei camposanti torinesi. «Mediamente – aggiunge Pollini – il 6% dei nostri clienti chiede di portarsi l’urna a casa o di poter disperdere il contenuto, qui da noi o altrove».

DOVE DISPERDERLE

Non sul territorio di Torino dov’è vietato a meno che il Comune non individui un’area che corrisponda alle indicazioni di legge: lontano 200 metri dall’abitato, ad esempio. In passato ci fu un tentativo di individuare nel Parco del Meisino, alla confluenza di Po e Dora il punto adatto per la dispersione: non se ne fece nulla anche per un discreto intervento, si disse, dell’arcivescovo dell’epoca. Per il resto, le ceneri, sempre rispettando la distanza di almeno 200 metri dal centro abitato, più altri limiti dettati dal buonsenso e buongusto, si potrebbero disperdere ovunque. Il regolamento comunale di Torino però, prevede che si informi e si ottenga l’assenso dell’amministrazione del Comune dove si intende procedere al «lancio». Ma è una burla: basta affermare che quel permesso è stato chiesto e ottenuto e a Palazzo Civico consegnano l’urna: «Noi – spiega Pollini – consegniamo le ceneri solo 21 giorni dopo la cremazione, un tempo congruo per chiedere e ottenere l’autorizzazione» che nessuno controlla. Così com’è una burla, l’obbligo di custodire l’urna nel luogo dichiarato alla consegna. Il Comune dovrebbe e potrebbe controllare il rispetto di questo impegno, ma non lo fa nessuno. Al Comando vigili, per capirci, fanno finta di non aver sentito la domanda. Insomma, una grande bluff reso un po’ ridicolo dai tanti regolamenti, spesso in conflitto fra loro.

TANTE CITTA’ TANTE REGOLE

Le norme valide sono quelle dove avviene il decesso, per cui se avete vissuto in Piemonte i vostri parenti potranno decidere liberamente di cremarvi. Ma se siete vissuti in Piemonte e siete deceduto in Lombardia nessuno potrà toccare la vostra salma perché al di là del Ticino bisogna aver dichiarato in vita l’intenzione di farsi cremare. Ma mettiamo che siate stati così previdenti e i vostri parenti decidano di disperdevi nel mare di Portofino: dovranno infilarvi in un’urna biodegradabile perchè così vogliono i liguri. Ma solo loro perchè se scegliete l’Elba quest’obbligo non esiste. Insomma, il solito pasticcio all’italiana che nessuno affronta per carità di patria. Eppure il fenomeno delle cremazioni è in continua crescita. A Torino ci sono mediamente 11 mila decessi l’anno. In tremila scelgono di tornare al paese, cinquemila finiscono in una tomba tradizionale e i rimanenti 3.500 , il 40%, si rivolgono alla socrem e ai suoi 5 forni. Per evitare scelte dettate dall’aspetto economico, il costo fra un funerale base e la cremazione è simile: 604 euro Iva compresa la cremazione

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Il Vaticano: le ceneri dei defunti non possono diventare gioielli

La Congregazione per la Dottrina della Fede ribadisce che la cremazione non è vietata, ma i resti non vanno dispersi né conservati in ricordi commemorativi o altri oggetti

L’istruzione «Ad resurgendum cum Cristo», per risuscitare con Cristo, pubblicata oggi, è stata firmato lo scorso 15 agosto, solennità dell’Assunzione della Madonna in Cielo, dal cardinale prefetto dell’ex Santo Uffizio, il tedesco Gerhard Ludwig Mueller, e dal segretario, il gesuita spagnolo Luis Ladaria, ed è stata approvata dal Papa il 18 marzo scorso. È la prima istruzione della Congregazione per la Dottrina della Fede durante il pontificato di Francesco.

Il documento ricorda che sin dal 1963, con l’istruzione «Piam et constantem», l’allora Santo Uffizio stabilì che la cremazione non è «di per sé contraria alla religione cristiana», indicazione poi ripresa nel 1983 tanto dal Codice di Diritto canonico che dal Catechismo della Chiesa cattolica (la cremazione dei corpi è permessa «se attuata senza mettere in questione la fede nella risurrezione dei corpi»).

«Nel frattempo la prassi della cremazione si è notevolmente diffusa in non poche Nazioni, ma nel contempo si sono diffuse anche nuove idee in contrasto con la fede della Chiesa», spiega la Congregazione per la Dottrina della Fede, che ha pertanto «ritenuto opportuno la pubblicazione di una nuova Istruzione, allo scopo di ribadire le ragioni dottrinali e pastorali per la preferenza della sepoltura dei corpi e di emanare norme per quanto riguarda la conservazione delle ceneri nel caso della cremazione».

Seguendo «l’antichissima tradizione cristiana», l’istruzione «raccomanda insistentemente che i corpi dei defunti vengano seppelliti nel cimitero o in altro luogo sacro. Nel ricordo della morte, sepoltura e risurrezione del Signore, mistero alla luce del quale si manifesta il senso cristiano della morte, l’inumazione è innanzitutto la forma più idonea per esprimere la fede e la speranza nella risurrezione corporale».

Tuttavia, «laddove ragioni di tipo igienico, economico o sociale portino a scegliere la cremazione, scelta che non deve essere contraria alla volontà esplicita o – sottolinea l’Istruzione vaticana – ragionevolmente presunta del fedele defunto, la Chiesa non scorge ragioni dottrinali per impedire tale prassi, poiché la cremazione del cadavere non tocca l’anima e non impedisce all’onnipotenza divina di risuscitare il corpo e quindi non contiene l’oggettiva negazione della dottrina cristiana sull’immortalità dell’anima e la risurrezione dei corpi. La Chiesa continua a preferire la sepoltura dei corpi poiché con essa si mostra una maggiore stima verso i defunti; tuttavia – prosegue il provvedimento dottrinale – la cremazione non è vietata, “a meno che questa non sia stata scelta per ragioni contrarie alla dottrina cristiana”».

In tal caso, «le ceneri del defunto devono essere conservate di regola in un luogo sacro, cioè nel cimitero o, se è il caso, in una chiesa o in un’area appositamente dedicata a tale scopo dalla competente autorità ecclesiastica» e, solo «in caso di circostanze gravi ed eccezionali, dipendenti da condizioni culturali di carattere locale, l’Ordinario, in accordo con la Conferenza Episcopale o il Sinodo dei Vescovi delle Chiese Orientali, può concedere il permesso per la conservazione delle ceneri nell’abitazione domestica».

Ma «per evitare ogni tipo di equivoco panteista, naturalista o nichilista, non sia permessa la dispersione delle ceneri nell’aria, in terra o in acqua o in altro modo oppure la conversione delle ceneri cremate in ricordi commemorativi, in pezzi di gioielleria o in altri oggetti, tenendo presente che per tali modi di procedere non possono essere addotte le ragioni igieniche, sociali o economiche che possono motivare la scelta della cremazione. Nel caso che il defunto avesse notoriamente disposto la cremazione e la dispersione in natura delle proprie ceneri per ragioni contrarie alla fede cristiana – conclude l’Istruzione – si devono negare le esequie, a norma del diritto».

Sulla conservazione, o dispersione, delle ceneri dei defunti, i differenti episcopati nazionali hanno preso, nel corso del tempo, posizioni diverse. Nel novembre 2009, per esempio, l’assemblea della Cei, dopo un vivace dibattito, aprì alla possibilità di spargere le ceneri, sebbene con una circonlocuzione, stabilendo, in una prima bozza del rito delle esequie, che «la memoria dei defunti attraverso la preghiera liturgica e personale e la familiarità con il camposanto costituiranno la strada per contrastare, con un’appropriata catechesi, la prassi di disperdere le ceneri o di conservarle al di fuori del cimitero o di un luogo sacro» e sottolineando che «ciò che sta a cuore ai vescovi è che non si attenui nei fedeli l’attesa della risurrezione dei corpi, temendo invece che la dispersione delle ceneri affievolisca la memoria dei defunti». Successivamente, però, la stessa Cei precisò, già nel 2012, che le ceneri non possono essere sparse né conservate in luogo diverso dal cimitero.

Papa Francesco celebrerà Messa per i defunti, il 2 novembre, al cimitero di Prima Porta, quest’anno, anziché al cimitero centrale del Verano. Lo ha reso noto il direttore della Sala stampa vaticana, Greg Burke. Due giorni dopo, il 4 novembre, Francesco presiederà la Celebrazione per i cardinali defunti a San Pietro.

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Ceneri dei defunti, il Vaticano dà l’ok alla conservazione in luoghi “cari”, ma non alla dispersione

La nuova normativa nasce da due domande del cardinale Zuppi: se sia possibile tenere i resti in luoghi comuni simili agli ossari e se si può prevedere la conservazione di una minima parte in un luogo significativo per il defunto