Rileggere oggi I sentieri dei nidi di ragno spinge i ragazzi a confrontarsi con la dimensione infantile della società dominata dal consumismo

L’adolescenza è una terra impura, come per gli antichi la spiaggia, poiché non apparteneva del tutto alla terra, né del tutto al mare. Per questo sulla spiaggia si svolgevano i riti di purificazione, i sacrifici, per chi arrivava e per chi partiva. Dalle certezze della terraferma si entrava nella minaccia del flutto, o dall’incerta identità dei marosi si approdava alla terraferma. Non si apparteneva né alla terra né al mare, per questo era necessario un rito di purificazione in uno spazio di transizione. Il personaggio di Calvino, evocato intelligentemente nella scelta del testo della prima prova di maturità, testimonia proprio questa sospensione, condannata alla solitudine, tra il mondo dei bambini e quello degli adulti.
Pin si muove tra i due mondi senza appartenere a nessuno. É un essere liminare, costretto sulla soglia in cui infanzia e maturità si toccano: è questa soglia è proprio l’adolescenza, con il suo carico di solitudine dovuta proprio all’inappartenenza, fatta di fughe in avanti verso il mondo adulto e le sue sfide, tra paura ed esaltazione, e ritorni indietro al pensiero magico del bambino che crede tutto disponibile al richiamo del suo pianto.
Pin gioca con i compagni ma poi viene allontanato perché è «sporco», il mondo impuro degli adulti che conosce bene gli si è attaccato addosso e non gli consente di appartenere più all’ingenua «purezza» infantile: «I ragazzi non vogliono bene a Pin: è l’amico dei grandi, Pin, sa dire ai grandi cose che li fanno ridere e arrabbiare, non come loro che non capiscono nulla quando i grandi parlano».
Pin allora si rifugia nel mondo degli adulti «che pure sono incomprensibili e distanti per lui come per gli altri ragazzi, ma che sono più facili da prendere in giro». A loro racconta storie oscene e canta canzoni capaci di farli tornare bambini, e proprio per questo anche i grandi gli voltano la schiena: Pin li smaschera, li prende in giro, ne ridimensiona la pretesa serietà, e ne mostra l’oscenità e la mancanza di purezza. Adolescenza è questa sospensione tra i due mondi, con un corpo che già corre verso la maturità, come mostra il suo trasformarsi in un potenziale padre o madre, ma un corpo allo stesso tempo ancora acerbo per contenere questa fecondità e che, per questo, l’adolescente vive come «impuro», non appartenente a nessuno dei due mondi, da nascondere o da mostrare nascondendolo, sotto maschere accettate da tutti (moda e morte sono sorelle ci ha insegnato Leopardi).
Adolescenza indica però un tendere: «ad» è moto a luogo, tensione, movimento di ascesa da sé a se stessi, per un impeto scritto nella carne e nello spirito, di cui non si è padroni e per questo paralizza. Tensione verso l’«olescenza», che non ha nulla a che vedere con gli odori di quel corpo irrequieto, ma con la pienezza, perché «ol» è radice antica per indicare il tutto, il pieno, l’intero, che abbiamo confinato nelle cure olistiche, che poi riguardano solo la pelle e l’intestino e non certo l’uomo tutto intero. Tensione di ascesa verso la pienezza, sete di interezza, percepita proprio a partire dal frammento, dal limite, dal confine. L’età in cui diventa necessario immaginare l’infinito, di là dalla siepe che lo nasconde.
Oggi quell’infinito è meno certo, difficile anche solo da immaginare. La resistenza a cui partecipa Pin oggi qual è? Come è possibile la resistenza dell’adolescente in questa epoca di paura e disperazione, in cui non si vuole più appartenere al mondo degli adulti, che offre spettacoli indecenti tra corruzione, egoismo, accidia, odio…? Pin voleva appartenere alla grande avventura di liberare il Paese, ma a cosa dovrebbe appartenere oggi un adolescente, se non c’è nessuna battaglia da fare, se gli adulti giocano a fare gli adolescenti, trastullandosi con l’idolo tecnologico o chirurgico dell’eterna giovinezza?
«La nebbia di solitudine che si condensa nel petto» di Pin e che lui cerca di smaltire guardando i grandi e stando con loro, oggi pare più densa, la siepe sembra un muro. La zona di inappartenenza si amplia e conosce evidenti regressioni infantili: dipendenze, disagi psichici, violenza, incapacità di prendere decisioni, di uscire di casa, di dedicarsi agli altri, consapevoli che i talenti non sono per autoaffermarsi ma per servire, di affrancarsi dal pensiero magico alimentato dalla apparente disponibilità dell’infinito negli smartphone, in cui già a 10 anni l’unico «pin» che conta è quello da memorizzare per sbloccare la tastiera…
Dove è finito il mondo dei grandi? Cosa lo ha rammollito, anchilosato, incancrenito, fatto ammalare? Nessuna pienezza a cui tendere se non quella del ventre che sorride grazie al bifidus, del volto che sorride grazie al botox? La resistenza di oggi ha come nemico il nuovo fascismo, come lo chiamava Pasolini: il consumismo, che rende tutto disponibile ad un prezzo e lo priva di valore, eppure Wilde ci aveva avvertito con più di un secolo di anticipo «al giorno d’oggi la gente sa il prezzo di tutto e non conosce il valore di niente». Resistere oggi è desistere dall’imperativo di consumare e spendere, e trasformarlo in slancio per spendersi per gli altri e per il mondo: questi saranno gli eroi della resistenza contemporanea, giovani o adulti che siano, capaci di ricordarsi di Pin oltre che del pin. Ne conosco molti, a scuola: per questo non perdo la speranza.
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