Intelligente ma non schiva, la cornacchia ha le sue sfacciataggini: si sente spesso il suo “cra” vagare sulle cime dei tetti, la si vede scendere da un cornicione all’altro, ma sempre con una certa eleganza, con una praticità e un’invadenza popolaresca.

Carlo Grande*

È robusta, massiccia, ma quando plana a terra ha l’elasticità di un atleta. In volo, ha l’agilità di un rapace. La cornacchia è intelligente ma non è schiva, ha le sue sfacciataggini, si sente spesso il suo “cra” vagare sulle cime dei tetti, la si vede scendere da un cornicione all’altro, ma sempre con una certa eleganza, con una praticità e un’invadenza popolaresca. La cornacchia comune europea, insomma o cornacchia nera (Corvus corone) è una plebea che sa indossare il frac e lavorare di fino: come quelle che una mattina di primavera l’etologo Enrico Alleva ha visto andare e venire da un terrazzo romano con il pane nel becco (una rosetta, per la precisione, il cui fondo diventa più duro di altre pagnotte), andavano a “pucciarlo” e ammorbidirlo nell’acqua di un rubinetto che perdeva.

Pregi e difetti

Come tutti i corvidi – gazze, taccole, gracchi e ghiandaie – a ben guardare le cornacchie sono simpatiche: sveglie e curiose, goffe, sempre in gramaglie, saltellanti come marionette, onnivore, opportuniste, onnipresenti. Certo hanno i loro bravi difetti, sono petulanti e prepotenti, spesso, vivono in grandi stormi, hanno una spiccata vocazione per la vita di gruppo. A volte sanno organizzarsi per aggredire uccelli più grandi di loro, persino grossi rapaci o piccoli canidi, per sottrar loro le prede. E sanno fare le prepotenti, all’occorrenza, nelle loro lunghe giornate trascorse per lo più al suolo o fra i rami dei cespugli in cerca di cibo, prima di tornare nel tardo pomeriggio verso gli alberi-posatoio dove passano il tempo a socializzare, o quand’è buio a dormire al riparo da intemperie e predatori.
Quella diventata famosa grazie a Fedro, era tanto superba da paragonarsi a un pavone. Perché sì, s’impicciano di tutto, in qualche caso planano anche su cani e gattini. E sono grandi studiose del comportamento umano: memorizzano i nostri comportamenti, tengono d’occhio i cassonetti e le panchine dei parchi, sanno bene che la domenica sera si trova più cibo.

Un richiamo inconfondibile

Senti il loro richiamo, di giorno, il loro craaak forte e roco – più acuto di quello del corvo imperiale, dicono gli esperti, più grave e vibrante di quello del corvo nero – volti il capo e le vedi su un filo o su un palo a tendere la testa in avanti e ad arruffare le soffici penne della gola. Sembra stiano parlando con te, che ti osservino. Ripetono il verso di solito tre volte, con vigore crescente o smorzato a seconda dell’umore, tranquille o eccitate. “Ehi! – sembra dicano – dico a te!”. Pare che alcuni esemplari, in cattività, riescano a riprodurre suoni simili a quelli umani, a parole.
In queste settimane, da marzo a maggio, si riproducono: sono uccelli monogami, spesso rimangono insieme per anni, non di rado per la vita, collaborano a costruire il nido fra i rami di un grosso albero isolato, bello voluminoso e a coppa, simile a quello del corvo imperiale ma meno imponente. Intrecciato con rametti e fibre vegetali, foderato di materiale più morbido all’interno.
Nelle nostre metropoli ci sono due versioni di cornacchia, quella grigia e quella nera, quasi identiche salvo la diversa colorazione del torso. In volo la cornacchia nera è molto simile al corvo nero (con ali più lunghe e becco più massiccio), piumaggio nero lucente, con riflessi verdastri metallici.

Sua maestà, il corvo

È più raro, in città, ma a volte si associa alle cornacchie. Viene per ultimo, calvinianamente, ma per primo nel film-culto The Crow, dove si vendica tramite il leggendario Brandon Lee, figlio di Bruce, colpito come il padre da un tragico e bizzarro destino. Magistrale il caso di Roa, il corvo tenuto per anni dal padre dell’etologia Konrad Lorenz, che invitava i conspecifici (e anche il padrone) con un cracracrac profondo e gutturale. Perché il corvo è in sintonia con Halloween, anzi, di più, con il capodanno celtico, «Nos Galan-gaeaf», la notte delle calende d’inverno, durante la quale i morti entrano in comunicazione con i vivi. E’ d’autunno che i giovani maschi di corvo imperiale acquistano l’indipendenza, lasciano il nido e danno il via ai corteggiamenti: puoi vederli saltellare intorno alle compagne, compiere piccoli voli acrobatici, loro che preferiscono il volo veleggiato. Nel tempo dei corvi si vedranno i partner curarsi reciprocamente il piumaggio, volteggiare e dare vita ai tipici balletti. Poi, a febbraio, cominceranno a costruire il nido e a marzo deporranno le uova festeggiando con capriole e acrobazie aeree.

Un ruolo da protagonista

Il corvo, l’uccellaccio intelligentissimo e del malaugurio, è caro ad artisti come Van Gogh, Calvino, Buzzatii fratelli Grimm ed Edgar Allan Poe: The Raven (Il Corvo) è il titolo di un famoso poemetto in versi, scritto fra il 1843 ed il 1844 da Poe, nel quale l’uccello rappresenta il misterioso interlocutore del poeta, affranto per la morte dell’amata, ed al quale risponde sempre e solo con la parola Nevermore (Mai più).
Il corvo è anche protagonista di Uccellacci e uccellini, film con Totò e Ninetto Davoli, che interpreta il figlio del grande comico. I due protagonisti vagano nella periferia romana con un corvo – bizzarro che l’animale, sul set, tentasse continuamente di cavare gli occhi a Totò – simbolo dell’intellettuale, di colui che parla in modo altisonante e retorico, specialista nel rendere difficili le cose semplici, mentre l’artista rende semplici le cose difficili.
Pasolini ricordava come Totò fosse “reduce da quegli orribili film che oggi una stupida intellighenzia riscopre” e fa venire in mente l’intellettuale di Antonio Albanese che gira come un bambino sulla giostrina; viene rimproverato di aver scritto un saggio nel quale dice che Viva la foca è più importante di Roma città aperta, “È stato un periodo di grossa confusione”, si scusa l’intellettuale. “Parecchia”, risponde la voce fuori campo.
Questo succede nel tempo dei corvi, e in quello delle superbe cornacchie simili a quelle dell’apologo di Fedro. Qualcuno chiederà scusa? Come che sia, come nel meraviglioso film con Robert Redford e Sidney Pollack nel quale i Corvi sono gli indiani cattivi, i cliché e la prosopopea non riusciranno ad avere il nostro scalpo.
Per ora non chiediamoci il perché del conformismo. Certe domande non hanno risposta. Sarebbe più semplice rispondere al Cappellaio pazzo di Alice, che si chiede sempre qual è la differenza fra un corvo e una scrivania.
*Carlo Grande è giornalista professionista presso LaStampa, nel settore culturale e ambientale. 
FONTE


Corvus corone

La cornacchia, nota anche coi nomi di cornacchia comune europea o cornacchia nera (Corvus corone Linnaeus, 1758), è un uccello passeriforme appartenente alla famiglia Corvidae

Etimologia

Il nome scientifico della specie, corone, deriva dal greco κορωνη (korōnē, inteso come “gracidante” in quanto derivato dal verbo κρωζω/krōzō, “gracidare”, ma genericamente utilizzato per indicare i corvi).

Descrizione

Dimensioni

Misura 48-53 cm di lunghezza, per 396-602 g di peso e un’apertura alare di 84–101 cm: le popolazioni asiatiche sono mediamente più grandi rispetto a quelle europee.

Aspetto

Esemplare in Scozia
Si tratta di uccelli dall’aspetto robusto e massiccio, muniti di testa dalla forma arrotondata con fronte sfuggente, becco conico, forte e dalla punta lievemente adunca, collo robusto, lunghe ali digitate, zampe forti e coda dalla forma squadrata e di media lunghezza.

Nel complesso, la cornacchia nera ricorda molto (in special modo i giovani, che a parte le dimensioni medie sono virtualmente indistinguibili) l’affine corvo imperiale, rispetto al quale mostra dimensioni medie inferiori, aspetto più slanciato (tale caratteristica risulta tuttavia evidente solo se le due specie vengono messe a confronto diretto e non viste separatamente), coda squadrata anziché cuneiforme e iridescenza del piumaggio verde piuttosto che viola: la cornacchia grigia risulta perfettamente identica nell’aspetto e nelle dimensioni alla cornacchia nera, ma è molto semplice da differenziare da quest’ultima per la diversa colorazione del torso. In volo, inoltre, la cornacchia nera risulta molto simile al corvo nero (che al suolo è facilmente riconoscibile per la faccia nuda), che tuttavia presenta ali più lunghe e becco più massiccio e che quindi appare più corto.

Il piumaggio, come del resto intuibile dal nome comune, si presenta totalmente di colore nero, lucente e dalla consistenza sericea: sul corpo sono presenti sfumature metalliche di colore verdastro, ben evidenti quando l’animale è nella luce diretta.

Il becco e le zampe sono di colore nero: gli occhi, invece, sono di colore bruno scuro.

Biologia

La cornacchia è un uccello diurno, che vive in stormi anche numerosi, talvolta in associazione coi tendenzialmente più solitari corvi neri: durante il giorno, questi uccelli passano la maggior parte del tempo al suolo o fra i rami dei cespugli alla ricerca di cibo, facendo poi ritorno nel tardo pomeriggio verso alberi-posatoio dove poter passare del tempo a socializzare e soprattutto passare la notte al riparo da intemperie ed eventuali predatori.

Il richiamo della cornacchia nera consiste in un forte e roco craaak, più acuto rispetto a quello del corvo imperiale e più grave e vibrante rispetto a quello del corvo nero, ripetuto generalmente tre volte e con intensità più o meno crescente a seconda dell’eccitazione dell’animale: durante le vocalizzazioni, spesso l’animale tende la testa in avanti e arruffa le sottili penne della gola, simili a una barba. Alcuni esemplari, specie se in cattività, riescono a riprodurre alcuni suoni simili a quelli umani e a ripetere alcune parole.

Alimentazione

Come la maggior parte dei corvidi, la cornacchia nera è virtualmente un onnivoro opportunista, con tendenza alla saprofagia: questi uccelli, infatti, in natura si nutrono principalmente di insetti e altri invertebrati, larve, carcasse (dalle quali piluccano sia pezzetti di carne sia insetti e larve saprofagi), uova e piccoli vertebrati (anfibi, rettili, nidiacei di piccoli uccelli e adulti di specie un po’ più grandi, arrivando a predare merli e anatroccoli, e piccoli mammiferi), nonché, sebbene sporadicamente, semi e granaglie, bacche e frutta matura.

Le cornacchie possono collaborare fra loro per aggredire grossi rapaci o piccoli canidi e sottrarre loro le prede.

Con l’antropizzazione sempre maggiore dell’areale, le cornacchie, animali molto intelligenti, si sono rapidamente adattate a trarre profitto dalla situazione, radunandosi presso gli insediamenti e beneficiando dell’aumentata disponibilità di cibo sotto forma di scarti e rifiuti.

Riproduzione

Si tratta di uccelli monogami, le cui coppie rimangono insieme per anni, non di rado per la vita.
La stagione riproduttiva va dalla seconda metà di marzo alla fine di maggio: le coppie portano generalmente avanti una singola covata l’anno, cominciandone una seconda qualora la prima vada perduta per qualche motivo durante le fasi iniziali (costruzione del nido o cova delle uova).

I due sessi collaborano nella costruzione del nido, che di norma avviene fra i rami di un grosso albero isolato. Il nido si presenta piuttosto voluminoso e dalla forma a coppa, molto simile a quello del corvo imperiale, ma meno imponente: esso viene edificato intrecciando rametti e fibre vegetali, e foderando l’interno con materiale più morbido.

All’interno del nido, la femmina depone 3-6 uova lisce e leggermente lucide, di colore azzurrino fittamente maculato di bruno: esse vengono covate dalla femmina (col maschio che nel frattempo stazione di guardia nei pressi del nido, scacciando eventuali intrusi e occupandosi inoltre di reperire il cibo per sé e per la compagna) per 18-20 giorni, al termine dei quali schiudono pulli ciechi e implumi.
I nidiacei vengono imbeccati dalla sola femmina (che a sua volta riceve il cibo dal maschio) per i primi giorni di vita: in seguito, ambedue i genitori partecipano alla cura e all’alimentazione della prole, non di rado con la collaborazione di uno o più giovani non riproduttivi della nidiata dell’anno precedente.

In tal modo, i giovani si involano all’età di 4-5 settimane circa: anche dopo l’involo, tuttavia, essi continuano a rimanere coi genitori, seguendoli nei loro spostamenti, entrando a far parte dello stesso stormo e continuando (sebbene sempre più sporadicamente man mano che raggiungono la maturità) a chiedere loro l’imbeccata.

Distribuzione e habitat

Distribuzione della specie: in verde areale di residenza, in azzurro areale di svernamento, in giallo areale di riproduzione
Sono distinguibili due grandi popolazioni disgiunte di cornacchia nera, una europea e una asiatica: la prima è diffusa dalla penisola iberica alla Boemia (Gran Bretagna tranne le Highlands scozzesi e Irlanda orientale comprese) a sud fino alle Alpi, mentre la seconda è diffusa dalla sponda orientale dello Enisej (in Siberia centrale) alla Kamchatka (comprese le isole Curili, Sakhalin e il Giappone tranne Kyūshū) a sud fino al Turkmenistan orientale, all’Afghanistan nord-orientale, al nord di Qinghai e Sichuan e all’Hebei.

In Italia, la specie è presente lungo l’Arco alpino, specie in Valle d’Aosta (dove non è difficile osservare coppie miste e individui ibridi, specie lungo il fondovalle della Dora Baltea).

La maggior parte delle popolazioni tende a essere residente: la cornacchia nera mostra tuttavia un grande potenziale di dispersione, con le popolazioni settentrionali della sottospecie asiatica che migrano in autunno a sud fino all’Iran nord-orientale, al Belucistan e al Khyber Pakhtunkhwa, mentre quelle dell’Europa Centrale che si disperdono in direttrice SW, raggiungendo l’Europa Meridionale dove passano l’inverno.

La cornacchia nera è un uccello molto adattabile: l’habitat d’elezione originario di questi uccelli è rappresentato dalle aree aperte a copertura erbosa con presenza qua e là di macchie boschive miste più o meno estese, tuttavia attualmente questi uccelli colonizzano senza grossi problemi anche le aree antropizzate suburbane o urbane.

Nella cultura di massa

Secondo la mitologia greca il piumaggio del corvo era in origine bianco, divenuto poi nero in seguito all’intervento di Apollo, irritato perché venuto a conoscenza, grazie a un corvo, del tradimento dell’amata Coronide, che aveva sposato Ischys.

Nella mitologia norrena il corvo possiede una grande valenza simbolica, un esempio è da riferirsi al dio Odino al quale spesso il corvo viene associato. Sempre Odino è inoltre padrone dei due corvi Huginn e Muninn.

FONTE